Cultura sinistra
Me l’avessero raccontata una storiella del genere, non ci avrei creduto, ma siccome mi riguarda direttamente, sebbene a fatica, devo crederci per forza.
Riassunto: la chiesa Longobarda della SS. Trinità di Cappella Maggiore, è un edificio il cui aspetto attuale risale alla seconda metà del XV sec., in parte affrescata da un coevo apparato iconografico, rappresentante la consueta “biblia pauperum” tipica delle chiese minori “extra moenia” del periodo.
È situata in località “Matarela” (come il nuovo Presidente, senza le doppie), luogo originario del paese fino alla seconda metà del XVIII sec. quando il centro abitato principale si sposta, a seguito della costruzione della nuova chiesa parrocchiale nell’attuale sito.
L’edificio antico, pur rimanendo di proprietà parrocchiale, sopravvissuto anche ad una decreto di demolizione, è stato per lunghi anni abbandonato e adibito a ricovero attrezzi agricoli da parte di privati, mentre tutta l’area esterna del sagrato, probabilmente per effetto di non più rintracciabili editti napoleonici, transitava in proprietà comunale.
A partire dal 2012 il Comune decideva di eseguire lavori di sistemazione dell’area, di sua proprietà. Non mi soffermo sulla esecuzione e qualità di tali lavori per i quali ho già scritto in un altro contesto.
Al termine dei lavori nel gennaio 2014, sempre nell’area comunale citata, era comparso un totem metallico, con affisso un pannello sul quale, senza alcun riferimento ai lavori eseguiti, era riportato un testo copiato integralmente da una relazione storica allegata al progetto di restauro della chiesa, eseguito a stralci nell’arco di circa 20 anni, dal sottoscritto e collaboratori.
Fin qui nulla di male, però la bibliografia riportava, quali autori, soggetti che nulla avevano avuto a che fare con il restauro, e chi si è appropriato scientemente del lavoro altrui, oltre ad essersene infischiato del copyright, del danno di immagine dell’autore, e soprattutto delle normali regole di correttezza, ha dimostrato anche di essere un incompetente perché, tra tutte le relazioni, è andato a pescarne una non aggiornata risalente all’anno 2000.
Pure non trattandosi di un problema esistenziale fondamentale, a titolo di curiosità è stato chiesto in giro circa la paternità del pannello, ma Uffici comunali, Pro Loco, Biblioteca, e associazioni varie, negavano qualsiasi coinvolgimento.
Essendo il totem installato in proprietà comunale, niente di meglio che chiedere chiarimenti direttamente al sindaco, anzi la sindaca, la quale nell’udienza concessa dopo 15 giorni dalla richiesta, prima dichiarava di non sapere nulla, e poi aggiungeva che la relazione non poteva essere la mia perché “era molto più lunga ed è stata tagliata” (sic!).
Di solito mi accusano di scrivere relazioni troppo lunghe e prolisse, ma il significato oscuro di questa specie di litote, anche a distanza di tempo, non riesco ad afferrarlo, neanche tradotto in una lingua più semplice – the report couldn’t be mine ‘cause “it was much more longer and was cut”, e siccome si stava ormai scivolando su una deriva surreale, ho tolto il disturbo con l’assicurazione della sindaca che avrebbe fatto le opportune verifiche (non so su che cosa), e mi avrebbe fatto sapere.
Da notare che i lavori del Comune erano stati appena inaugurati, e i progettisti, nella documentazione approvata, si erano sprecati dichiarando espressamente che, per quanto riguarda la relazione storica del contesto, l’unico riferimento era la “..relazione dell’Arch. Serafin, in allegato…”, senza però minimamente preoccuparsi di richiedermi l’autorizzazione, o quanto meno, un colpo di telefono. Ma anche qui sembra inutile parlare di deontologia professionale da parte dei progettisti o di correttezza da parte della talpa che ha fornito illegalmente copia della documentazione.
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Me ne ero quasi dimenticato ma, con l’occasione, sarei curioso di sapere se dal totale della parcella pagata ai progettisti di cui sopra, è stato stralciato o meno, l’importo preventivato per la relazione non eseguita in quanto già esistente, perché eventualmente quei fondi potrebbero essere recuperati e usati per altre finalità (che so, il restauro della fontana, che giace abbandonata e vandalizzata da anni nella piazza principale). Ci vorrebbe qualcuno in grado di svolgere una certosina verifica dei documenti amministrativi, ma da queste parti l’opposizione, qualunque sia, si sveglia dal torpore solamente in prossimità delle elezioni).
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Ovviamente, dalla sindaca non ho mai ricevuto notizie, nemmeno risposta a due mie telefonate fatte negli orari canonici, e tanto meno risposta ad una successiva e-mail certificata, ma su questo non posso recriminare, probabilmente la sindaca non ha tempo da perdere in quisquilie, e non sono certo io a dettargli l’agenda che sarà sicuramente colma di impegni istituzionali, alcuni dei quali pubblicizzati anche su questo giornale, come la “gara di tiro a segno” tra sindaci, oppure il “cooking contests”, sempre tra sindaci, alla fiera di S. Lucia di Piave.
Piuttosto che ammettere l’errore, meglio far sparire le prove, e infatti il pannello veniva immediatamente rimosso dal totem in acciaio Corten pre arruginito (foto del titolo), che invece è rimasto in sede, spoglio, quasi come un’opera d’arte contemporanea, con funzione di damnatio memoriae et abolitio nominis.
Qual è il problema di dare a Cesare quello che è di Cesare? Non ho chiesto di essere pagato, bastava applicare un semplice adesivo con il nome dell’autore invece di distruggere e rifare il pannello, che pure avrà un costo.
Comunque qualche tempo dopo, correttamente, mi contattava uno storico locale che, avendo ricevuto l’incarico di riscrivere (?) il dazebao, necessitava di fare riferimento alla mia ricerca. Senonché, successivamente e per motivi oscuri, l’incarico risultava cassato, e in fondo mi dispiace perché questi è una persona seria e capace, che conosco personalmente, e che poteva veramente fare un ottimo lavoro, però non sono riuscito a farmi dire da chi era stato ingaggiato.
Di seguito un amico organizzatore di mostre d’arte, mi riferiva di avere ricevuto l’incarico dalla Pro-Loco (?), di coinvolgere un gruppo di “esperti” per la revisione e riscrittura di un libro di storia locale, riguardante anche la chiesa in questione.
Naturalmente, data l’importanza dell’opera (!) si richiede che l’autore debba essere un nome “altisonante” (sono d’accordo, penso, tra una zucca piena e una vuota, quest’ultima suona meglio), e se fornirò documentazione, bontà loro, il mio nome sarà tenuto nella dovuta considerazione. Siamo vecchi amici, perché gli devo rispondere male?
Dopo un paio di settimane l’organizzatore mi riferisce di essere stato defenestrato, senza spiegare il motivo, e non se ne fa più nulla. A me rimane un vago sospetto di intelligenza con il nemico, e infatti mi telefona un “professore” il quale, avendo ricevuto a sua volta l’incarico di scrivere questo benedetto libro, mi chiede se posso fornire notizie aggiornate sulla chiesa.
Dal tono di voce e dal lessico, riconosco un “insegnante” del Coneglianese (questa spocchia di autonominarsi “professori” pure non essendo titolari di cattedra universitaria), che qualche anno prima si era presentato come semplice appassionato d’arte, salvo scoprire che, la settimana seguente, lo stesso soggetto intratteneva una comitiva di visitatori, per conto e pagato dall’amministrazione comunale di cui sopra, millantando come eccezionali scoperte personali, alcune notizie ricevute gratuitamente, e da quanto mi è stato riferito, non senza una certa supponenza da “cumini sector” nei confronti dei lavori eseguiti.
Sembra qui superfluo rendere noto che il soggetto è stato invitato, nella maniera più urbana possibile e senza ricorrere ad una nota citazione del Boccaccio, ad andare a ritrovare se stesso.
Colleghi e amici, nel tentare di scoprire le motivazioni comportamentali di questa sceneggiata, si sono profusi in varie, anche ilari, interpretazioni.
Secondo alcuni, essendo questa una amministrazione di lista civica, di ispirazione sinistra tipo “Labour Party”, è contraria a quelli di destra, ai Conservatori “Conservative Party o Tories”, e quindi io sarei di destra in quanto mi interesso di restauri e conservazione, con l’aggravante tendenza ad indossare abiti di colore nero o verde scuro mimetico, però di questi tempi le differenze politiche mi sembrano questioni di lana caprina, e per quanto riguarda l’abbigliamento, d’estate indosso, senza particolari problemi, vecchie T-shirt sulle varie tonalità fucsia.
(Qualcuno su questo giornale, tentando di rinchiudermi in una gabbia ideologica, mi ha anche affibbiato, gratuitamente, il termine psico-etnico “padanceltico” che esattamente non so cosa voglia dire).
Secondo altri, la mancata risposta è un fatto congenito degli amministratori all’ultimo mandato, che tendono a sorvolare sulle richieste dei cittadini, perché qualunque cosa facciano, non saranno comunque riconfermati. Al riguardo ho sempre pensato che mandati troppo lunghi non siano una buona cosa, sarebbe meglio limitarli a 6 mesi, come per esempio nel Consiglio d’Europa, oppure a San Marino, ma funzionano anche nelle società tribali dell’India dove il “Gram Panchayat” (organismo di autogoverno) composto dal “Sarpanch” (capovillaggio) e dal “Panchayat” (consiglio) vengono eletti appunto ogni 6 mesi, con possibilità anche alle donne di diventare “Sarpanchni” (capovillaggio donna).
Alla fine, sembra che il “manovratore” della faccenda sia un assessore, e familiari con velleità artistiche, che punta ad autoincensarsi con la pubblicazione di un libercolo a sfondo culturale, e la notizia va di pari passo con un trafiletto pubblicato sulla stampa locale, dove la sindaca annunciava che è stato dato l’incarico a un pool di “esperti” (quelli di sopra?), con richiesta di finanziamento per tale scopo all’ IPA Altamarca, per redigere un libro sull’arte della chiesa longobarda.
La pubblicazione dovrebbe uscire nel corso del corrente anno, al termine di alcuni lavori di manutenzione sugli affreschi da parte della Soprintendenza ai Beni Artistici (cui, giustamente, seguirà la relativa pubblicazione), con un finanziamento ad hoc concesso dall’allora Ministro per i beni Culturali, Bondi, a seguito della esposizione dei lavori da me curata, alla Fiera del Restauro di Ferrara, edizione 2009.
Personalmente mi sembra fuori luogo l’utilizzazione di un edificio religioso, per inseguire la solita vaga idea dell’alone della supremazia morale e culturale di una amministrazione che non si è mai interessata del restauro dell’immobile, né ha mai concesso un contributo, come del resto nessun’altra amministrazione nel corso degli anni.
Anzi, se vogliamo raccontarla tutta, è stato fatto anche di peggio: nel 1993, quando nell’edificio, pressoché abbandonato, si erano resi necessari alcuni interventi provvisionali allo scopo di evitare il crollo di un muro affrescato, l’allora amministrazione comunale (socialisti, ormai estinti) pensò bene di inoltrare una inconcepibile denuncia alla Soprintendenza per “lavori abusivi”, figuriamoci, ignorando, gli sprovveduti, che tali interventi erano autorizzati ai sensi dell’ art. 19 della Legge 1 giugno 1939, n. 1089, ora art. 27 del D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 42, e s.m.i., “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”.
L’epilogo della fiction sembra ancora lontano, e in attesa che questi la finiscano di scannarsi tra di loro nella corsa a chi arriva prima, ho procrastinato sine die una mezza intenzione che avevo di pubblicare un breve resoconto aggiornato dei lavori e ricerche, che giace da tempo nel cassetto.