Terremoto e cronaca 2
Diceva il sociologo, Julien Freund: “non si può essere tanto ingenui da credere di non avere nemici, solo perché non ne vogliamo avere”.
Parafrasando: che lo si voglia o no, prima o poi il terremoto ci colpirà, dato che la totalità del territorio italiano è “zona sismica”.
Il sisma è imprevedibile e già questo assunto dovrebbe spronare chi si interessa della cosa pubblica/cittadino, ad agire contro l’imprevedibilità.
Nessun territorio è al sicuro, per esempio sabato 5 agosto scorso un terremoto di intensità 3,8 Richter ha colpito le Highlands in Scozia, area considerata relativamente al riparo da questi fenomeni, e solo l’altro ieri, 6 settembre 2017, una scossa di magnitudo di 3,5 Richter si è fatta sentire nella zona dell’Agordino ma, come nelle zone del centro Italia, eventi di questa intensità passano quasi inosservati. Però la scossa di soli 3,6 – 4,0 Richter del 21 agosto nell’isola di Ischia ha causato crolli e vittime, con qualche dubbio su cosa e perché è crollato.
In Italia l’ultimo terremoto di una certa entità, in ordine di tempo, è stato quello delle ore 7,41 di domenica 31 ottobre 2016, con epicentro nella zona di Norcia, con magnitudo di 6,5 Richter, simile al terremoto del Friuli del 1976.
In quell’occasione ne avevo percepito la scossa mentre mi trovavo al 4° piano di un edificio in Abano, e avuta notizia dell’intensità e luogo del sisma, avevo immaginato quali potevano essere le conseguenze nell’area colpita, pensando ai danni provocati allora in Friuli.
Fortunatamente non ci sono state vittime, certamente per una serie di cause concomitanti, come l’orario dell’evento, oppure perché qualche abitazione danneggiata era già stata evacuata, ma soprattutto perché in quei luoghi già colpiti dai terremoti del 1859, 1979 e del 1997, i fabbricati erano stati ricostruiti o riparati con criteri antisismici, ed hanno resistito egregiamente.
Notevoli invece i danni al patrimonio storico religioso per il quale, colpevolmente, non si era fatto e di solito non si fa nulla, se non a crollo avvenuto.
Contrariamente a Norcia, città con buona resilienza sismica dovuta proprio alla sua storia di terremoti, la scossa precedente, della notte del 24 agosto 2016, di magnitudo 6, aveva colpito Amatrice, buttando giù abitazioni private ed edifici istituzionali non adeguati sismicamente, con morti e feriti tra gli abitanti di Lazio e Marche.
Il vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili durante la sua omelia per i funerali delle vittime del centro Italia, aveva detto che: ‘’Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell'uomo”; aggiungerei che ad uccidere è la mancanza delle opere necessarie che l’uomo dovrebbe realizzare avendo coscienza della situazione del territorio in cui vive.
Dopo quell’evento sismico si era scatenata la solita ricerca del capro espiatorio, di chi doveva e non ha fatto quello che c’era da fare, sul dirottamento di fondi già stanziati, ecc., in particolare sulle responsabilità di alcuni crolli sensibili, come quello della scuola elementare “Romolo Capranica” di Amatrice, ristrutturata solo nel 2012.
Cinque procure – Rieti, Ascoli, Fermo, Macerata e Spoleto – avevano aperto inchieste per indagare sulle anomalie, su ciò che non tornava e che va al di là di quello che naturalmente provoca la potenza distruttrice di un sisma, come per esempio l’ospedale di Amandola dove erano crollate le parti nuove costruite nel 2000 e del 2010, mentre non ha subito danni la parte risalente agli anni ’50 e neanche il corpo centrale costruito nel 1800.
Qualcosa non tornava nemmeno nel crollo del campanile della Chiesa di Santa Maria a Camerino, restaurato dopo il sisma del 1997, con apertura di un fascicolo di indagine contro ignoti per il reato di "crollo colposo aggravato" in quanto, nonostante la spesa impegnata, sembra sia stato eseguito solo un intervento estetico di facciata, e lo stesso anche per il campanile di Accumoli dove ci sono 7 indagati compreso l’allora Vescovo e il responsabile dell’ufficio Arte Sacra della Curia di Rieti.
"Disastro colposo" è invece l'ipotesi per le tre chiese crollate il 31 ottobre: la basilica di San Benedetto a Norcia, l'abbazia di Sant'Eutizio nel comune di Preci e la chiesa di San Salvatore di Campi di Norcia. I tre casi hanno in comune il fatto che la Curia di Spoleto dopo il 24 agosto 2016 aveva lanciato l'allarme sull'inagibilità e sulla necessita di opere provvisionali di messa in sicurezza per evitare ulteriori danni. Allarme che, nonostante decine di sopralluoghi, è rimasto inascoltato.
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Dopo i disastri ai quali si assiste regolarmente ad ogni terremoto, è ora di dare una risposta al quesito: è meglio una chiesa nella quale si vedono, forse antiestetiche, opere di miglioramento sismico accanto agli affreschi, oppure una chiesa distrutta nella quale non si vede più nulla?
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A distanza di un anno dal terremoto di Amatrice non si si sono visti grandi progressi. A partire dagli eventi precedenti come L’Aquila e l’Emilia Romagna si è cercato inutilmente di far passare concetti come “prevenzione”, “cultura della sicurezza”, “resilienza della società”, “pianificazione degli interventi”, “vulnerabilità dei sistemi urbani” e il recente “Rapporto sulla prevenzione della sicurezza dei rischi naturali del patrimonio abitativo” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, altrimenti detto “Struttura di missione di casa Italia”, non sembra aggiungere granché.
A livello europeo si dà più peso al tema del risparmio energetico che non alla messa in sicurezza degli edifici. Il problema è percepito come marginale, dal momento che riguarderebbe essenzialmente “solo” due paesi del sud Europa, Italia e Grecia.
L’assurdità è constatare che quando si acquista un’auto o un qualunque elettrodomestico sono obbligatori il libretto di istruzioni e la garanzia, mentre per una compravendita immobiliare è richiesto il solo certificato di classe energetica e non un documento che attesti l’adeguamento dell’immobile alle norme antisismiche, cioè il già previsto “fascicolo del fabbricato” fino ad ora istituito raramente solo per iniziativa personale, ma che sarebbe obbligatorio.
La differenza tra ciò che crolla e ciò che resiste è data anche dalle caratteristiche e dal diverso e disomogeneo comportamento dei terreni di fondazione e dalla loro capacità di non amplificare l'accelerazione sismica con gli “effetti di sito”.
La cartografia geologica del territorio italiano, iniziata nel 1988, non è stata ancora completata! Lo stesso vale per gli studi di microzonazione sismica dei comuni italiani che procedono con grande lentezza.
È quindi necessario che sia reso completamente operativo il tanto declamato “piano nazionale di prevenzione del rischio sismico” con una intensa azione di verifica della sicurezza delle costruzioni, facilmente realizzabile in quanto qui esiste una lunga tradizione del restauro e quindi delle tecniche che possono rendere tutti gli edifici sicuri.
Il problema costi di tale programma, che si stima in diverse centinaia di miliardi di euro, non può essere considerato improponibile, se pensiamo che il non averlo mai affrontato è costato al paese, dal terremoto del Friuli del 1976 in poi, oltre duecento miliardi di euro in spese di ricostruzione, senza contare i danni sociali legati ai morti e ai feriti.
Secondo i dati riferiti al censimento del 2011, per 60 milioni di residenti ci sono 29 milioni di abitazioni delle quali 10,4 milioni sono costruite nelle zone sismiche più a rischio (1,4 milioni in zona 1, delle quali il 52,5% costruite prima del 1971, e 9 milioni in zona 2), in zona 3 sono 8,5 milioni, e infine 9,4 milioni in zona 4.
Dai dati dell’Istat, in percentuale, per i soli edifici residenziali, il 25,9 % è stato costruito prima della seconda guerra mondiale, il 63,8 % è stato costruito prima del 1971 (cioè prima della entrata in vigore della Legge 2 febbraio 1971 n. 1086, riguardante le norme per le strutture in cemento armato e metalliche), e il 10,30% dal 1971 al 1980.
Solamente nel 1974, attraverso la legge n. 64, è stata approvata una nuova normativa sismica nazionale che ha stabilito il quadro di riferimento per le modalità di classificazione sismica del territorio nazionale, oltre che di redazione delle norme tecniche. Ma anche l’apparato normativo costituito dalla legge n. 64/74 sopracitata, è insufficiente dato che gli edifici costruiti a partire da tale data, pur in regola da un punto di vista formale, non sono conformi all’evoluzione nel tempo della normativa vigente (DPR n. 380 del 2001, e successive modifiche ed integrazioni).
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Per conformità alla normativa si deve intendere qualunque aspetto, dato che, escludendo la problematica sismica, nel corso del 2015 il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, ha effettuato più di 150 mila interventi di soccorso negli edifici, dei quali 48 mila per problemi di statica (dissesto di elementi costruttivi, come crolli o cedimenti), 23 mila per fughe di gas, 79 mila per incendi ed esplosioni prodotti da cattive condizioni degli impianti o dei macchinari presenti nelle abitazioni.
Negli ultimi cinque anni, le persone infortunate per le cause appena citate, sono state 3.368 mentre i morti sono 631, un numero simile a quello causato dagli ultimi tre terremoti (l’Aquila, Emilia Romagna e Centro Italia).
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In analogia a quanto già adottato per il risparmio energetico, è stato finalmente introdotto il “sismabonus”, che sarà in vigore almeno fino al 2021, con detrazioni dal 50 all’85% per le spese sostenute al fine di adeguare gli immobili alle misure antisismiche, per le quali sono previste nuove linee guida e nuova classificazione.
Però l’operazione di “adeguamento sismico”, anche se intrapresa subito con determinazione, richiederà almeno due decenni per essere conclusa, senza parlare dei costi stimati per difetto in circa 800 miliardi di Euro e siccome, nel frattempo, il terremoto non aspetta, bisognerebbe invece procedere con immediatezza alle opere di “miglioramento sismico”.
C’è una notevole differenza fra questi due termini:
a. Adeguamento sismico: si intende il raggiungimento del livello di sicurezza richiesto dalle norme vigenti, obbligatorie per le nuove costruzioni.
b. Miglioramento sismico: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente pur senza necessariamente raggiungere il massimo del livello previsto dalle norme, e sono comprese le riparazioni e gli interventi locali su elementi strutturali isolati o che comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza dell’edificio, nei diversi gradi possibili a seconda della situazione della struttura e del budget disponibile. Questa tipologia di interventi è la sola che si può fare nei fabbricati esistenti, a costi tutto sommato accettabili, ed anche nei fabbricati di rilevanza storica.
Quello che fa veramente la differenza tra le due tipologie di intervento sopradescritte sono i tempi e i costi:
Per la costruzione di un nuovo fabbricato, oppure per l’adeguamento sismico, se fattibile, sono necessari tempi lunghi e costi non indifferenti (ammesso che si voglia adottare solo le Norme Tecniche nazionali senza l’applicazione di parametri ancora più restrittivi come quelli giapponesi, o particolari tecnologie come ad esempio gli ammortizzatori sismici che “disaccoppiano il movimento del fabbricato rispetto a quello del terreno” in modo che la struttura non subisca danni significativi nemmeno in occasione di eventi sismici violenti).
Invece per il miglioramento sismico di un qualunque fabbricato esistente di volume pari ad uno costruito ex novo, sono richiesti tempi e costi da 10 a 20 volte inferiori, quindi attività economicamente fattibile da eseguire con effetto immediato su tutta l’edilizia residenziale, battendo sul tempo il terremoto.
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A parte casi particolari, bisogna dire che l’adeguamento sismico al 100% di certe tipologie di fabbricati storici complicati come i campanili è praticamente impossibile a meno che non si voglia demolire completamente il manufatto e procedere alla sua ricostruzione alla stregua di un pilone autostradale in cemento. Nel corso degli anni ho effettuato interventi di “miglioramento sismico”, altrimenti definiti di “restauro architettonico e consolidamento statico”, su n. 26 campanili di varie dimensioni ed epoche, e se escludiamo i terremoti di entità catastrofica per i quale non c’è storia, si può certo ragionevolmente affermare che gli interventi di consolidamento statico contribuiscono a rallentare e/o limitare i danni collaterali, salvando in definitiva anche vite umane.
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Cronaca 2
Alle volte ci si scontra con l’ignoranza e la presunzione, e di nuovo parafrasando Freund: “c’è sempre qualcuno da combattere”.
Recentemente ho ultimato un lavoro di “miglioramento sismico” presso un edificio non vincolato dalla Soprintendenza, nella zona del Vittoriese in località S. Martino, adibito a scuola materna parrocchiale.
Il fabbricato costruito, con bassa tecnologia, negli anni del secondo dopoguerra, risultava inadeguato sotto il profilo antisismico, con gravi ed evidenti problemi strutturali (è noto che meno del 13% degli edifici scolastici pubblici sono costruiti secondo criteri antisismici, mentre se parliamo delle scuole private e in particolare le scuole materne parrocchiali siamo forse allo 0,1%).
Secondo le attuali norme è obbligatorio provvedere alla valutazione sismica degli edifici strategici in caso di sopraelevazione o ampliamento, oppure variazione di destinazione d’uso, interventi strutturali, ecc., sono state quindi rilevate le dimensioni, pesi e carichi, sottoponendo il fabbricato in questione alla verifica sismica delle strutture portanti con il metodo “Pushover”, per l’identificazione delle aree soggette a pressoflessione complanare e ortogonale, a taglio per scorrimento e per fessurazione diagonale, osservando il comportamento dell’edificio ipotizzando un sisma di magnitudo 6,4 Richter, come quello rilevato in Friuli nel 1976.
(La slide del titolo rappresenta il comportamento della facciata principale del fabbricato in questione, sotto l’effetto del sisma ipotizzato).
Con un limitato contributo regionale concesso in base alla L.R. 59/99 è stato possibile programmare un intervento di manutenzione straordinaria, volto al miglioramento sismico dell’edificio.
Sono state quindi progettate, e approvate dal Genio Civile, le opere necessarie, costituite principalmente da tiranti e piastre di contrasto, micropali di fondazione, profili e staffature in acciaio per il rinforzo dei solai, ecc., in modo da creare una legatura deformabile, evitando che le pareti non si allontanino asincronicamente, permettendo al sistema di continuare a deformarsi, cosa inevitabile sotto effetto del sisma, ma senza arrivare al collasso.
A lavoro ultimato si sono presentati in sopralluogo la dott.ssa Cristina Falsarella dell’ufficio Arta Sacra della Curia di Vittorio Veneto, accompagnata dall’architetto Fabio Nassuato, del quale non so esattamente quale sia il ruolo all’interno dell’omonima commissione.
Dal punto di vista deontologico non sarebbe corretto fare nomi ma, come nel precedente post “Cronaca vittoriese”, i vari figuranti compaiono solo nel caso se la vadano a cercare.
Quindi, il Nassuato, incurante della presenza di altre persone e maestranze, senza nulla chiedere e atteggiandosi quale “depositario di tutto lo scibile”, esprimeva con arroganza una serie di critiche gratuite sul lavoro eseguito, evidentemente non per altri motivi se non per un qualche tornaconto personale, o una forma di “captatio benevolentiae” nei confronti dei presenti e della Falsarella, della quale probabilmente aspira a prenderne il posto, rappresentando in tal modo il più basso livello di comportamento professionale e correttezza deontologica.
Il personaggio, senza essere a conoscenza delle problematiche statiche dell’edificio, senza avere mai effettuato un sopralluogo in corso lavori, né tantomeno, per sua ammissione, avere mai esaminato progetto e calcoli, lamentava che le piastre antisismiche di contrasto delle strutture “… sporgono di diversi centimetri (sic) dalla muratura esterna” e quindi “visibili e impattanti”, ignorando che tali piastre non potevano essere incassate a scomparsa, data l’esiguità dello spessore della muratura portante, e ignorando anche che il previsto cappotto esterno avrebbe, in ogni caso, occultato completamente tutte le strutture antisismiche che ora turbavano la sua vista.
Aggiungeva il nostro che: “l’intervento poteva essere eseguito in mille modi diversi”, senza ovviamente indicarne nemmeno uno, inoltre l’intervento era “sovradimensionato”, e si poteva “spendere meno”.
Insomma, una sceneggiata penosa dove, ad un certo punto, il Nassuato, assumeva anche un atteggiamento minaccioso, che la Falsarella in qualità di direttore (o direttora) dell’ufficio citato, avrebbe dovuto far ricondurre entro i canoni deontologici professionali, cosa che non è avvenuta, anzi si è pure presa la briga di mettere il fatto per iscritto, ovviamente, non essendo competente nella materia specifica, riprendendo pedissequamente le esternazioni dello scienziato:
“… il tema dell’adeguamento sismico poteva essere sicuramente affrontato con soluzioni tecniche diverse, meno impattanti, a parità di risposta tecnica”.
Frase generica e supponente che nasce dalla non conoscenza:
– del rilievo dello stato di fatto e delle criticità strutturali dell’immobile;
– della normativa antisismica vigente;
– dei metodologie di analisi degli edifici in muratura, sottoposti a sisma;
– del progetto strutturale di miglioramento sismico approvato dal Genio Civile;
– della destinazione d’uso e tempistica di utilizzazione dell’immobile;
– delle disponibilità economiche per l’esecuzione del lavoro.
“le intelaiature poste nei soffitti renderebbero la sala meno libera e fruibile di prima”.
Frase dal contenuto criptico; non si sa quale sia l’attività da svolgere appesi ai soffitti.
“… l’impressione che l’intervento sia sovradimensionato, e che comunque si sarebbero potute utilizzare modalità operative, più adeguate e funzionali”.
Insomma il giudizio su un progetto strutturale antisismico non si basa sulla scientificità di verifiche e calcoli statici approvati dal Genio Civile, ma unicamente su vaghe “ipotesi” ed estemporanee “impressioni”, da parte di personaggi supponenti che non hanno mai messo piede nel cantiere.
Ma non è finita, dalle impressioni e visioni si passa, senza avere mai visto il preventivo e consuntivo dei lavori, al convincimento, riguardante il “fondamentale aspetto economico” e “… vi è la convinzione che si sarebbe potuto spendere meno!”.
Con questa “boutade” viene ventilata l’ipotesi che vi sia stata una qualche irregolarità amministrativa, ed è estremamente offensiva e calunniosa nei confronti della Commissione Affari Economici della Parrocchia che ha condotto con impegno e correttezza la gara di appalto, scegliendo in maniera completamente autonoma l’impresa che ha offerto le migliori garanzie con il prezzo più conveniente.
Con un importo di € 142.000,00 non è stato certo effettuato un intervento sovradimensionato, ma esclusivamente lavori indispensabili per la sicurezza delle strutture portanti del fabbricato, compresa una “panic room antisismica” realizzata nel locale principale in grado di accogliere tutti i bambini della scuola, che potrebbe resistere a terremoti superiori a quello ipotizzato nel calcolo.
Tanto per fare un confronto, per l’asilo Collodi di Carpesica, cioè un fabbricato pressoché della stessa volumetria ma certamente con meno problematiche, grazie alla regolarità morfologica della struttura, per l’intervento di “miglioramento sismico”, come si è potuto leggere nella stampa locale, sono stati spesi circa € 500.000,00.
Per non citare la similare scuola “Manzoni” in località Paradisiello nell’isola di Ischia, danneggiata dal recente terremoto del 21 agosto 2017, di magnitudo 3,6 – 4,0 Richter, dove l’anno scorso erano stati ultimati lavori di adeguamento per un milione e mezzo di Euro.
Per chiudere ho segnalato, per dovere d’ufficio, alla Commissione Deontologica dell’Ordine degli Architetti, il comportamento del Nassuato il quale, tra l’altro, staziona da troppo tempo nella citata commissione, eccependo senza cognizione di causa sui lavori altrui (Quis custodiet ipsos custodes?)
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Come regola, per evitare inquinamenti vari e assicurare imparzialità di giudizio, le commissioni dovrebbero essere formate solo da personalità con riconosciute capacità professionali, nominate a rotazione dagli Ordini Professionali e rimanere in carica per un periodo di tempo limitato durante il quale i membri devono astenersi dallo svolgere attività nel territorio di competenza).
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Quanto alla direttora, gli ho consigliato di rassegnare le dimissioni dall’incarico che ricopre, non tanto per le banalità scritte evidentemente sotto dettatura e sudditanza del Nassuato (se non si ha niente di concreto da contestare, perché scrivere?), ma per il fatto che ha preferito vagheggiare su impressioni, sensazioni, convincimenti e altre amenità, non chiedendo e non spendendo mai una parola sull’unico aspetto veramente importante, cioè se i lavori eseguiti abbiano contribuito o meno ad incrementare la sicurezza per i circa 60 bambini che frequentano la struttura, oltre al personale che vi lavora.