Inaugurata bio-diversità a Padova, Orto botanico
PADIGLIONE DELLE BIODIVERSITA' ALL'ORTO BOTANICO DI PADOVA
15 settembre 2014
Non tutti sanno che in Veneto abbiamo l’orto botanico più antico del mondo (o quasi) a Padova, dichiarato patrimonio dell’umanità.
Oggi ero presente all’inaugurazione del giardino delle biodiversità, inserito in una "avanguardistica serra di 110 metri di lunghezza, unica al mondo per l’innovazione dell’impianto, per l’autosufficienza di acque e energia e per le soluzioni tecnologiche, sperimentate anche con il concorso della Nasa".
Alla vernice per la stampa, altresì detta vernissage dalle persone colte o esterofile, ho ascoltato i vari interventi: dal Magnifico Rettore, al Prefetto, all’architetto, ho preso diligentemente appunti (nel pomeriggio, infervorata in una conversazione con un ex docente universitario, fuori-di-testa-come me, LI HO PERDUTI).
Poi le domande dei giornalisti.
Alla mia destra snocciola la domanda Il sole 24 ore, poi da sinistra l’Espresso, dietro di me (mi ero piazzata strategicamente in prima fila) Repubblica…
belle domandine, ma ora… dai, dai, tocca a me!
Acc.. mi dicono che il tempo è scaduto e ritiro delusa la mano verso il basso.
Finora ho sempre creduto di essere nata nel giorno in cui Dio aveva già distribuito tutte le ferie (eccomi, Signore, ehmm… mi accontenterei di una settimana l’anno… magari anche ad anni alterni… “mi dispiace, figliuola, le ferie sono terminate, già distribuite tutte” Ma Signore… “vabbè daii, facciamo un paio di gg l’anno, e qualche volta anche 3 o 4”)
Ora capisco che sono nata anche lo stesso giorno in cui avevano già distribuito le domande ai giornalisti.
Come? Cosa? Dite che io non sono una giornalista?
Questo lo so io.. e voi.. gli altri assolutamente no!
Sfollano tutti all’esterno, per visitare i nuovi padiglioni della bio-diversità e mi aspettavo, secondo la descrizione dell’architetto, una “foglia che si apre alla città”.
Beh, no, la nuova serra è un parallelepipedo in vetro e metalli, nota divertente, le cascatine di acqua scrosciante strategicamente posizionate in fronte all’edificio che ti accompagnano all’ingresso con suono cristallino.
Le piante sono raggruppate secondo due criteri
– liaison con l’acqua e continenti,
– uomo-ambiente
ma non ve le racconterò così.
Voglio esporle secondo le mie elucubrazioni oniriche.
Nel padiglione delle piante scandalose (del perché si chiamino così ho captato un frammento di conversazione fra due giornaliste che la sapevano lunga e sembra che un botanico del passato così le abbia tacciate dal modo o forma scandalosa degli organi riproduttivi, certo che si scandalizzavano per poco) e subito mi sovviene il frizzante scambio di battute “mini-hard” di Bastanzetti con la Pierallini.
Lo sapevate che ci sono piante che esigono solamente una specie e quella soltanto di insetti impollinatori?
La vaniglia, per esempio, si fa impollinare solo da una specie di ape senza pungiglione…
Mi distraggo un attimo e la gentile signora (botanico) pronuncia la parola “Angraecum Sesquipedale”… ah, sesquipedale, ecco che si affaccia il Politicamente scorretto, che mal digerisce i miei post “sesquipadalizzati” e pretende a nastro “riassunti in 10 righe” (ora ristrette a 7)
Non ho ancora terminato il pensiero che ooohhh, che meraviglia!
Una pianta che occupa un’intera vasca, delle foglie gigantesche si irraggiano da un picciolo centrale. Ora ci provo, a salirci sopra intendo (vedi foto sopra)
Non devo nemmeno chiudere gli occhi per immaginarmi bellamente sdraiata su quel morbido giaciglio, cullata dalla quasi immobilità dell’acqua… un dolce sonno… il mio amato principe azzurro… ehm no, nero (il mio lui adora paludarsi in black), un romantico risveglio… accidenti questi sono già nel padiglione successivo e io ancora sto nel mondo delle fate!
Ritiro velocemente il piede che mi trascinava nel balzo e li rincorro…
Guardo un po’ di piante, ascolto la signora botanica, ma mi soffermo di più sui volti ed i commenti delle persone.
C’è un tizio, super-emozionato che guarda con sguardo trasognato una neopiantina che a quanto pare, se non si trovasse proprio qui, a Padova, potrebbe vederla solo percorrendo migliaia di km nel deserto del Kalahari.
Sbircio l’espressione del suo viso, e mi riconosco… sì, quello sguardo da pesciolina lessa che assumo spesso quando guardo (non vista) il mio moroso.
Sento dei gridolini estasiati…. Un capannello di giornaliste circonda una persona… mi avvicino per conoscere l’oggetto di tanta eccitazione (ah, finalmente si sono accorte che l’altro anfitrione, quello che cura la parte multimediale, occhi cerulei e barbetta birichina, è superfigo, come dice la manu-direttòra)… macchè… una piantina… “ma siete straordinari… ma anche questa avete qui a Padova.. ma…”
Mi ritiro silenziosamente, oggi non confesserò nemmeno sotto tortura che "tengo il pollice nero".
Ma una cosa mi accomuna a tutte queste persone, una cosa che accomuna tutti gli esseri umani: la passione. Non importa per cosa o per chi, la passione ti cambia la vita e la rende degna di essere vissuta.
Cammino e mi inchiodo letteralmente davanti a un 2 x 4 metri di rappresentazione de “La biodiversità della patata: 27 patate delle Ande”.
Ummh, me le sono rimirate lungamente, strane forme e colori e la mente si è collegata con la direttòra.
Chissà il capolavoro che potrebbe emergere dalla magica penna della Manu su l’elogio della patata (delle Ande, ovviamente); è incredibile come ‘sta donna, ti infilza ed inanella frizzi, lazzi e contorcimenti vari con le stesse parole con cui una normale come la sottoscritta, riesce a malapena ad infilare delle frasi di senso comune.
Colgo con la coda dell’occhio il tabellone della pianta chiamata “coca-cola” ☺ ☺ e mi soffermo più a lungo nella sezione “Antitumorali vegetali” nei quali ovviamente, manca la cannabis (per carità, ricerca all’avanguardia sì, ma non esageriamo)
La visita guidata ha termine, e a quel punto stoppo la botanica:
Dottoressa…
mi dica..
in che padiglione avete messo la pianta della canapa? Dov’è?
No, non c’è…
come non c’è, non c’è la canapa, e perché?
Per ovvi motivi (occhi leggermente roteanti)
Spiego ad un minidrappello di testate nazionali, che mi sembrano alquanto interessate, quanto è stata importante questa pianta per l’economia italiana (eravamo i secondi produttori al mondo prima delle idiozie USA create per introdurre la petrolchimica).
Che schifo, anche il mondo vegetale ha il politicamente corretto…
Blocco al volo il belloccio che ha creato tabelloni e virtuale e chiedo non voce noncurante: “scusi, mi fa vedere dove avete messo la canapa?” un attimo di incertezza e poi parte, orgogliosamente mi indica sul muro il disegno della pianta (smembrata, non si sa mai) e la descrizione “Canapa: l’oro verde” non supera i 2×4 (decimetri, questa volta, non metri).
Gli appioppo una rampogna, considerando i metri spesi per lino, papiro, hennè e quant’altro, e poi lui mi confessa che sì, in passato c’era una pianta di canapa nell’orto, ma spariva continuamente, così l’hanno tolta.
Mah!
Accidenti, a gironzolare troppo mi sono persa l’inaugurazione con le autorità.
Rientro nell’aula gremita, noto centinaia di giacche grigio fumo, grigio asfalto, grigio ciminiera-di-inceneritore, e becco gli interventi finali di sottosegretari all’ambiente e misto-mare.
Discorsi da salotto sulla biodiversità e l’orgoglio di essere italiani e e e …
Non sono previste domande, solo applausi, eh sì perché, basterebbe chiedere come mai se ne stanno tutti zitti e bbbuoni e firmano accordo WTO, Codex alimentarius, e fra poco TTIP che della biodiversità se ne fottono, anzi la vedono come il fumo negli occhi, per mandarli in crisi.
Preparatevi, se fra un po’ di tempo vorrete scambiarvi i semi di pomodori o zucchine per il vostro orto, vi manderanno l’Eurogendfor, fuorilegge che non siete altro!
Ah, quasi dimenticavo, prima di uscire dall’avveniristica serra delle biodiversità mi sono copiata una frase stampigliata sul muro:
“La scienza e la tecnica, soprattutto quando asservite a mere esigenze economiche, sono state purtroppo una parte del problema ambientale”
he he he, peccato non avere la macchina fotografica, potrei mandare un ricordo all’"amato" Bastanzetti.
Francesca Salvador
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