MPS OVVERO IL CROLLO DELLE BANCHE
Cari lettori, il 15 gennaio è stata pubblicata da La Repubblica un’intervista all’attuale amministratore delegato di MPS (*).
Il titolo dell’articolo recita:
Profumo: “Se salta l’operazione non rischia solo il Monte ma tutto il sistema bancario italiano”.
L’operazione cui il dott. Profumo si riferiva riguarda l’aumento di capitale, 4 miliardi di euro, che MPS deve fare per risolvere la sua posizione patrimoniale e restituire i vari aiuti (prestiti) di Stato ricevuti negli scorsi anni.
Ho letto tutto l’articolo con la speranza di comprendere i motivi di quelle parole.
Profumo, nell’intervista, oltre la dichiarazione segnalata, non chiariva le motivazioni della sua affermazione.
Nemmeno illustrava i meccanismi per cui il sistema bancario italiano sarebbe a rischio nel caso in cui la suddetta operazione fallisse.
E ovviamente, il giornalista non si interessava ad approfondire tale concetto.
La notizia oltretutto è “scomparsa” e nessun giornale si è ulteriormente occupato della cosa.
Mi auguravo che nei giorni seguenti qualche commentatore o esperto chiarisse l’argomento. Tanto sulla stampa ufficiale che sulla stampa di controinformazione è mancata qualsiasi indicazione.
La notizia oltretutto è “scomparsa” e nessun giornale si è ulteriormente occupato della cosa. Poiché la notizia mi sembrava importante, ho interpellato qualche conoscente, i soliti “ben informati”, ma nessuno aveva uno straccio di idea al riguardo.
Nel frattempo lo scorso venerdì pomeriggio ero a Roma come organizzatrice di una conferenza in ambito economico.
Ad un tratto, nel corso del dibattito, uno dei relatori ha proposto la seguente domanda: “qualcuno sa perché Profumo ha dichiarato che se fallisce l’aumento di capitale di MPS è a rischio l’intero sistema bancario italiano?”.
Tra i presenti nessuno aveva argomentazioni per rispondere al quesito.
A quel punto il relatore, senza scomporsi, ha esposto la spiegazione più elementare che mi potessi immaginare.
Ricevevo in quel momento la risposta proprio alla mia domanda.
A spiegazione terminata, nessuno degli economisti e degli altri esperti presenti ha avuto nulla da obiettare, ed ho assistito a sole dichiarazioni di esplicita conferma.
Riporto a seguire quanto ho avuto modo di ascoltare.
Spero così di fornire un contributo informativo ai lettori di OggiTreviso proponendo in modo sintetico e al meglio delle mie possibilità tale spiegazione.
A titolo di premessa segnalo che per comprendere la dichiarazione di Profumo è necessario conoscere:
a) le implicazioni per MPS di un mancato aumento di capitale;
b) i meccanismi del debito pubblico italiano;
c) il senso e le implicazioni dell’art. 123 del trattato unificato Maastricht – Lisbona in particolare al paragrafo 2;
d) la principale fonte di reddito garantita per il sistema bancario italiano.
Qualora MPS non riuscisse a ricapitalizzarsi e quindi ad avere i fondi per ripagare i Monti Bond, di cui fin qui ha beneficiato, la banca senese diventerebbe automaticamente una banca di proprietà dello Stato Italiano, ossia una banca pubblica.
Per il punto a) la questione è semplice.
Qualora MPS non riuscisse a ricapitalizzarsi e quindi ad avere i fondi per ripagare i Monti Bond, di cui fin qui ha beneficiato, la banca senese diventerebbe automaticamente una banca di proprietà dello Stato Italiano, ossia una banca pubblica.
Il fatto che MPS diventi una banca pubblica ci porta al punto c): MPS, come indicato al paragrafo 2 dell’art. 123 del Trattato di Maastricht – Lisbona, potrebbe acquistare (in realtà noleggiare) euro direttamente dalla BCE al tasso unico di sconto (TUS) attualmente fissato allo 0,25% annuo, come già garantito alle banche private.
Per MPS non cambierebbe quindi nulla e sarebbe la riconferma delle stesse condizioni di cui attualmente già beneficia.
Il punto chiave è che MPS, a questo punto banca pubblica, potrebbe agire a favore dello Stato italiano proprio come la banca pubblica tedesca KFW agisce da tempo a favore dello Stato tedesco.
In questo modo lo Stato italiano, e siamo al punto b), quando emette titoli di Stato per poter ricevere a noleggio euro, non dovrebbe più riconoscere un tasso medio di interesse del 4,5% alle grandi banche internazionali autorizzate a noleggiare euro allo Stato italiano (il cosiddetto Mercato Primario).
Infatti, lo Stato italiano potrebbe riconoscere a MPS un più modesto tasso medio dello 0,30%, dove lo 0,05% di differenza rispetto al TUS attuale (0,25%) sarebbe il reddito a beneficio della banca pubblica, pari, in euro, a circa 975 milioni all’anno.
Lo Stato italiano, in questo modo, risparmierebbe ogni anno dagli 80 agli 85 miliardi di euro di interessi sul debito pubblico e otterrebbe immediatamente la soluzione di tale problema.
Il risparmio di questi 80/85 miliardi di euro all’anno corrispondono, tuttavia, ad un mancato guadagno per il sistema bancario (nazionale e internazionale), e siamo al punto d), che si occupa di noleggiare euro allo Stato italiano (dato che lo Stato ha rinunciato alla sua sovranità monetaria).
Di questi 80/85 miliardi di euro poco più della metà vanno a beneficio delle banche private italiane (Intesa, Unicredit, ancora MPS e altri).
Questo mancato guadagno per le grandi banche private italiane spiegherebbe il senso dell’affermazione di Profumo: “Se salta l’operazione non rischia solo il Monte ma tutto il sistema bancario italiano”. La questione è che, una volta diventata pubblica MPS ed eliminato quindi il profitto derivante dalla speculazione sul debito pubblico, tutte le grandi banche private italiane, e non solo, vedrebbero crollare i loro utili e quindi il loro valore e, data la gestione finanziaria incerta, di cui sempre MPS è un esempio, per sopravvivere dovrebbero essere a loro volta trasformate in banche pubbliche, come già era prima del 1994.
In conclusione, l’effetto domino sarebbe automatico, i cittadini italiani si libererebbero del giogo del debito pubblico, con tutto quello che ne deriva, e il sistema bancario e finanziario perderebbe la sua egemonia facendo tornare al centro l’economia reale e manifatturiera.
In altre parole, il debito pubblico, causa della crisi per cittadini e imprese, è la fonte di un grande reddito garantito (dalle nostre tasse) per il sistema bancario privato e base della sua stessa esistenza.
Fin qui la spiegazione di quel relatore.
Da quanto illustrato sarebbe quindi ovvio, per risolvere il problema del nostro debito pubblico, fare anche in Italia quello che la Germania fa da anni.
Le parole di Profumo sembrano tuttavia suonare come un allarme: il rischio di interrompere il meccanismo a favore delle grandi banche deve essere scongiurato.
Spero di essere riuscita a farmi capire da voi, cari lettori, avendo cercato di riportare in modo rigoroso la spiegazione.
Spero, soprattutto, che dalle grandi banche arrivi una spiegazione chiara che ci permetta di capire.
Se così non fosse dovremo aprire gli occhi e comprendere che, forse, non tutto quello che ci viene raccontato corrisponde a verità.
Francesca