OGM, GLIFOSATO E FUTURO
Un agente infettivo di recente scoperta, minuscolo come un virus, è correlato alla diffusione di patologie fra le piante trattate con il glifosato, nonché a gravi problemi di salute fra gli animali nutriti con i prodotti OGM contaminati. Uno scienziato preoccupato cerca di intervenire prima che sia troppo tardi.
Ringrazio Tom Bosco, direttore di Nexus New Times per avermi permesso di inserire in anteprima questo articolo completo, nella dispensa del 13 dicembre 2013 dell'associazione Salusbellatrix, e per l'opportunità di condividere queste informazioni con i lettori di OGGITREVISO.
I semi si sono evoluti per milioni di anni prima che l’uomo inventasse il business dell’industria agraria. La selezione genetica per migliorare i raccolti ha avuto inizio solo con la nascita dell’agronomia. Prima di allora, nell’immensa varietà di piante a disposizione, i semi venivano selezionati in base a diverse caratteristiche di robustezza, crescita, qualità, produttività o resistenza alle malattie.
Anche dopo anni di intensa selezione e la creazione di vari ibridi da parte di diligenti ricercatori del secolo scorso, la maggior parte di questa eredità non è brevettabile e dunque non è utile per acquisire potere o profitti aziendali. L’ingegneria genetica applicata alla modificazione delle colture esiste perché la maggior parte dei coltivatori del mondo ha bisogno dei semi, e i nuovi metodi per manipolare i geni sono una risorsa ancora inviolata per avere il controllo della proprietà intellettuale.
Ad oggi, ci sono due tratti che caratterizzano praticamente tutte le specie geneticamente modificate [OGM] del mondo. Un tipo sfrutta la tolleranza agli erbicidi attivata da una forma del codice genetico EPSPS insensibile al glifosato (questo OGM è basato sul batterio del suolo Agrobacterium tumefaciens).
Gli altri utilizzano la resistenza agli insetti dovuta a uno o più geni di tossine derivati dal batterio del suolo Bacillus thuringiensis.
Quello che ci interessa qui è il primo tipo, poiché senza il glifosato l’industria biotech non sarebbe altro che un’orfana senza ragion d’essere. Il glifosato, forse più noto con il nome commerciale di Roundup® adottato dalla Monsanto, ma presente anche sotto altre forme da quando il brevetto è scaduto nel 2000, è il complemento obbligato per le piante OGM.
Si tratta di un ingegnoso erbicida ad ampio spettro che blocca l’accesso ai nutrienti delle piante infestanti, anziché ucciderle direttamente. Per molti anni è stato osannato come un sostituto relativamente benigno dei terribili erbicidi alla diossina usati in passato. Le cifre non mentono: gli OGM fanno aumentare le vendite del glifosato.
Ne parliamo con il Dott. Don Huber, fitopatologo delle piante con un’esperienza cinquantennale, oggi professore emerito alla Purdue University, con un’intensa attività post-accademica.
Huber è considerato a livello internazionale un’autorità in materia di malattie delle piante dovute a carenze di nutrienti, ed è la persona giusta per fare commenti sul glifosato che, come detto, possiede appunto la funzione di bloccare gli elementi nutritivi senza essere di per sé tossico. Dopo il pensionamento, Huber è nuovamente in piena attività da quando è trapelata una lettera da lui inviata al Segretario per l’Agricoltura Tom Vilsack. Sebbene molti dei media generalisti non se ne siano interessati, la lettera [datata 16 gennaio 2011] ha fatto immediatamente scalpore.
Huber informava Vilsack della scoperta di un nuovo agente infettivo. È “diffuso, molto pericoloso e si trova in concentrazioni elevatissime nella soia e nel mais Roundup Ready (RR)”, scriveva.
Huber informava Vilsack della scoperta di un nuovo agente infettivo. È “diffuso, molto pericoloso e si trova in concentrazioni elevatissime nella soia e nel mais Roundup Ready (RR)”, scriveva. Lanciava un appello al Segretario perché aiutasse gli scienziati procurando risorse per la ricerca. La lettera ha scatenato un turbine di allarmismo e diniego, e come ci racconta Huber nell’intervista, il Ministero dell’Agricoltura statunitense [USDA] sta indagando sul problema nonostante, ascoltando cattivi consigli, abbia recentemente approvato l’alfa-alfa OGM.
Gli abbiamo chiesto di commentare la sua lettera e di offrirci pensieri e opinioni su questa onnipresente sostanza usata in agricoltura. — Chris Walters, redattore di Acres U.S.A.
Intervista a Don Huber di Chris Walters © 2011 Tratta da Acres U.S.A.
INTERVISTA AL DOTT. DON HUBER
Acres U.S.A.: Che differenza c’è fra il glifosato e gli erbicidi che si usavano in precedenza?
Don Huber: Le differenze fra il glifosato e la maggior parte degli altri erbicidi sono numerose. Gli erbicidi sono quasi sempre chelanti di minerali che agiscono immobilizzando fisiologicamente uno specifico nutriente minerale necessario per uno specifico enzima critico. Quando questo percorso fisiologico viene bloccato, la pianta infestante a cui è applicato muore. Anche il glifosato è un chelante chimico che può legarsi a elementi nutritivi di origine minerale e immobilizzarli fisiologicamente, in modo che non siano più disponibili per le funzioni fisiologiche che regolano. La differenza del glifosato è che non è specifico per un solo nutriente minerale, ma ne immobilizza diversi e non colpisce un meccanismo primario per causare direttamente la morte. Semplicemente, disattiva i meccanismi di difesa della pianta, così che i funghi che si propagano nel suolo, che normalmente impiegherebbero settimane o mesi per danneggiare una pianta, riescano a ucciderla in pochi giorni una volta applicato il glifosato. Quando si usa la tecnologia di tolleranza al glifosato, si immette un ulteriore gene che mantiene in qualche modo attivo il meccanismo di difesa della pianta, così da poter mettere il glifosato direttamente sulla pianta coltivata senza che questa venga uccisa. Ma la tecnologia non influisce in nessun modo sul glifosato, che continua a legarsi agli elementi nutritivi minerali. Ogni volta che si inserisce il gene, si riduce la capacità della pianta di assorbire nutrienti, anche se non al punto da distruggere la sua capacità di sopravvivenza. Ma, per lo meno fisiologicamente, la pianta è “handicappata”.
Acres: Prima che venissero introdotti i geni tolleranti al glifosato, come facevano i coltivatori a scongiurare il rischio di uccidere anche le piante buone?
Huber: Si occupavano della disinfestazione del terreno prima di seminare le piante buone o prima che spuntassero dal terreno. All’epoca, non c’erano molti erbicidi che si potessero applicare direttamente sulla pianta. Ce n’era qualcuno, il 2,4-D e qualche altro, che era semi-selettivo e molto efficace contro le latifoglie, che hanno una fisiologia diversa rispetto alle piante erbacee. Succede una cosa simile con il Tordon®: lo si può spargere su una coltivazione erbacea, e uccide le pianti infestanti a foglia larga per tre o quattro anni. Ha una discreta azione residuale, ma una volta sparite le piante infestanti a foglia larga, l’erba sembra appena fertilizzata.
Acres: L’innovazione per cui il glifosato è diventato così potente sul mercato c’entra con il fatto che concentra tutto un arsenale in un’unica arma? Non serve più usare tanti erbicidi diversi?
Huber: Gli erbicidi avevano un’azione selettiva. Il glifosato, sulle piante non dotate del nuovo gene, ha un effetto ad amplissimo spettro, quindi agisce su tutte le piante infestanti. Vengono tutte uccise dai funghi del suolo. Anche se non è proprio la stessa cosa, potremmo dire che quando si usa il glifosato si fa ammalare la pianta di AIDS. Si disattiva il sistema immunitario, il sistema di difesa.
Acres: In che modo l’immobilità del glifosato, dato che è un chelante di metalli pesanti o di elementi nutritivi, si traduce negli effetti a lungo termine dell’accumulo di glifosato dopo anni di uso costante?
Huber: Finché è legato strettamente a quegli elementi minerali, non è disponibile, o per lo meno non in forma attiva, per danneggiare le piante. Se avviene qualcosa che spezza quel legame, allora può essere nuovamente rilasciato e disponibile per essere assorbito dalle radici e danneggiare le piante. Dipende da quanto tempo sopravvive nel suolo, e questo a sua volta dipende principalmente da due fattori: il primo, importante per la stabilità, è il pH del suolo; l’altro è il contenuto di argilla. Più il pH è alto, meno il glifosato è stabile, mentre maggiore è il contenuto di argilla, più è stabile. In un suolo molto argilloso, potrebbe sopravvivere per vari anni. In una soluzione acquosa può degradare piuttosto in fretta e non avere più molta azione residua. Credo che probabilmente questo sia uno dei motivi per cui la Corte Suprema francese, due anni fa, ha sentenziato che sarebbe considerata frode affermare che il glifosato è biodegradabile nel suolo: perché non è davvero sempre prevedibile. In certi tipi di suolo può sopravvivere per tempi lunghi, mentre in altri per periodi significativamente più brevi. Con le informazioni di cui attualmente disponiamo, non è assolutamente possibile dare delle cifre prevedibili. Sappiamo che, nonostante il glifosato venga immobilizzato rapidamente in diversi tipi di suolo, in seguito può essere riattivato oppure liberato e riattivato per danneggiare successive colture.
Acres: Che cosa deve succedere perché si riattivi?
Huber: Una delle cose che, secondo una scoperta recente, lo riattiva è l’applicazione di fertilizzanti a base di fosforo alla coltura. Da un punto di vista nutritivo, questi fertilizzanti sono in grado di liberare il glifosato che così ritorna attivo, può essere assorbito dalle piante e danneggiarle.
Acres: I ricercatori hanno dimostrato che ha un impatto sulle colture quando viene rilasciato?
Huber: Sì. Può essere piuttosto dannoso per i raccolti ed effettivamente limita l’assorbimento dei nutrienti necessari per le piante fino al 60-70%, e ciò avviene in modo abbastanza indiscriminato. La maggior parte degli elementi si riduce di circa il 60%, e alcuni intorno al 70%. In questo modo, la pianta è sottoposta a una carenza nutrizionale piuttosto grave, anche se magari nel suolo gli elementi nutritivi sono presenti, ma la pianta non riesce a utilizzarli a causa della tossicità del glifosato.
Acres: I suoi colleghi hanno riscontrato un impatto simile?
Huber: Sì. Diversi microbiologi del suolo stanno segnalando lo stesso tipo di impatto sulla biologia del suolo. Uno studio dice che il glifosato è un potentissimo erbicida, ma al contempo un potentissimo biocida. È piuttosto selettivo, nel senso che stimola alcuni organismi del suolo mentre è fortemente tossico per altri organismi: è tossico per i batteri contenuti nei noduli delle leguminose che fissano l’azoto; è piuttosto tossico anche per gli organismi che rendono disponibili il manganese e il ferro per l’assorbimento delle piante, e questi sono nutrienti importantissimi; stimola invece i patogeni del suolo che uccidono le piante infestanti, ma ne stimola anche altri creando una sorta di super-patogeno letale. Questo super-patogeno permane poi nel suolo e attacca anche altre piante nelle successive rotazioni delle colture.
Acres: La lettera che ha mandato al Segretario per l’Agricoltura Tom Vilsack nel gennaio del 2011 è stata attaccata su vari fronti, com’era prevedibile. Dato che l’agente patogeno scoperto non è stato descritto dettagliatamente in una pubblicazione scientifica, la sua esistenza è stata messa in dubbio. Come è stato scoperto? Chi ha condotto la ricerca? E la ricerca è idonea alla pubblicazione?
Huber: La lettera che ho scritto al Segretario non era intesa per essere divulgata pubblicamente. Era una richiesta d’aiuto. L’intento era di portare alla sua attenzione ciò che molti di noi riscontrano nei campi: veterinari e allevatori, ma anche agronomi, fitopatologi e coltivatori. Volevo che si rendesse conto della situazione, e chiedergli aiuto per fare sviluppare più rapidamente la ricerca scientifica, rispetto a quanto possiamo fare noi individualmente. L’ho fatto perché la situazione che molti agricoltori stanno vivendo è grave. Finora è stato svolto un ottimo lavoro, scientificamente ben fatto, ma c’è ancora tantissimo da fare. Molte ricerche sul problema degli animali non sono state pubblicate, ma sono stati completati i postulati di Koch – i criteri scientifici usati per stabilire una relazione di causa-effetto – e per quanto riguarda la questione degli animali, gli aspetti scientifici sono ormai quasi totalmente definiti. Su questo non ci sono dubbi né perplessità: i veterinari sono stati scrupolosi. Hanno suddiviso i campioni mandandoli a diversi laboratori per escludere qualsiasi altra causa nota delle condizioni riscontrate; e quando hanno fatto i test per questo nuovo organismo, ecco cos’hanno scoperto. L’hanno trovato nei bovini e suini, nei cavalli e nel pollame. Dunque la gamma degli ospiti è piuttosto ampia. Nel cercare di identificare in che modo gli animali siano stati infettati, hanno iniziato a esaminare i mangimi, scoprendo che quelli a base di soia pullulavano dell’agente patogeno. È stato riscontrato anche nell’insilato e nei prodotti a base di mais. Sembra che i prodotti fermentati in genere promuovano l’organismo, che oltretutto ha una forte sinergia con altri patogeni. Il fungo Fusarium, che causa la sindrome della morte improvvisa (SDS), è assai compatibile con questo nuovo organismo. Inoltre, è interessante la forte compatibilità evidenziata con il Clavibacter, causa dell’avvizzimento batterico di Goss, oltre che con altri batteri. Nei due anni passati, abbiamo avuto un’estesa epidemia di SDS e avvizzimento batterico di Goss, ed è qui che riscontriamo tangibilmente un titolo elevato di questo organismo. Sembra che ci sia una forte sinergia fra le due malattie e il patogeno appena scoperto. Il nuovo organismo potrebbe essere un opportunista che è in grado di sfruttare una condizione di debolezza a proprio vantaggio.
Acres: Che cos’è un “titolo elevato”?
Huber: Una popolazione più numerosa. In altre parole, ce ne sono molti di più. Sembra che crescano meglio, forse perché c’è un maggiore potenziale di infezione.
Acres: È la prima volta che compare questo patogeno in natura? O è qualcosa che c’è sempre stato e aspettava solo di essere scoperto?
Huber: Siamo abbastanza convinti che ci sia sempre stato, ma che prima fosse benigno, e che non costituisse un problema finché non abbiamo modificato qualcosa che ha aumentato la sua virulenza o il suo opportunismo. Penso che le ricerche a oggi indichino che si tratti più che altro di cambiamenti nella predisposizione delle piante, nella popolazione dell’agente patogeno e nel potenziale di infezione per gli animali. Ci sono molti organismi che per la scienza sono nuovi ma che in realtà esistono da sempre: è quello che abbiamo visto con i prioni. Non sapevamo che esistessero finché non abbiamo dovuto indagare molto più a fondo per rispondere a un interrogativo, e così li abbiamo scoperti. Questo organismo è stato scoperto più o meno allo stesso modo. Quando hanno escluso tutte le altre fonti note, i veterinari hanno continuato a cercare e hanno trovato questa, quindi l’hanno convalidata come causa attraverso i postulati di Koch. Poi hanno fatto un passo in più chiedendosi: da dove veniva questo patogeno? Come facevano gli animali a contrarlo? Quindi hanno fatto un controllo sui mangimi e l’hanno trovato. Nella scienza si passa da una cosa all’altra, a volte all’interno di un processo, e non ci si sofferma necessariamente a pubblicare ogni minimo frammento scoperto finché non si ha una visione d’insieme attraverso la quale interpretare il tutto. In agricoltura più che mai si parla di un sistema, e non di soluzioni perfette.
Acres: Per il pubblico è più facile capire le analisi di singoli fattori e le soluzioni perfette, ma non è così che funziona in natura, giusto?
Huber: Stiamo parlando di come le parti di questo sistema interagiscono e si influenzano a vicenda. È su questo che si è davvero concentrata la ricerca, e non su come farsi pubblicità e soddisfare la curiosità popolare pubblicando ogni minima informazione. Si cerca di andare a fondo nella ricerca in modo da capirne davvero la portata e l’impatto sull’intero sistema produttivo. È stata questa la mia preghiera nella lettera al Segretario: abbiamo bisogno di fondi, e abbiamo bisogno che ci vengano stanziate un po’ di quelle risorse e del personale che sono a disposizione del Segretario ma non a disposizione di ogni singolo scienziato. Lo scopo era allertarlo del problema così che si interessasse ad esso, come poi è stato, a interpellare chi avrebbe potuto fornire risorse aggiuntive. Abbiamo bisogno di comprendere in che modo tutto questo si colloca nello schema ecologico generale e nel sistema di produzione agricola.
Acres: Nonostante la recente approvazione lampo degli alfa-alfa OGM, è ottimista sulla possibilità che l’USDA stanzi al più presto le risorse o si adoperi per questo problema?
Huber: Be’, certamente lo spero.
Acres: Questo agente patogeno non ha un nome. Lei come lo chiama?
Huber: Questo in effetti è stato un ostacolo. Nella lettera lo chiamavo microfungo. Era un errore, perché quando si pensa a un microfungo, si pensa automaticamente a un organismo simile alle muffe, e di certo questo non lo è. È migliaia di volte più piccolo di una muffa, molto più piccolo di un batterio, più o meno delle dimensioni di un virus. La categoria è quella, se non per il fatto che può autoreplicarsi ed essere passivo.
Acres: Ma sicuramente non è un virus?
Huber: Non secondo la nostra attuale definizione.
Acres: La sua teoria si può sintetizzare così: questa situazione non è causata dalla mutazione di un patogeno esistente, ma piuttosto è stata una variazione delle condizioni a far moltiplicare a livelli problematici un patogeno esistente, e si sono creati dei percorsi che non erano comuni in passato?
Huber: Esatto. L’organismo appare prominente nell’ambiente ma è nuovo per la scienza. Su una scala molto più ampia, sarebbe come quando avevano inserito nel mais del Texas il gene della sterilità maschile. Per qualche anno non successe nulla di strano. Poi all’improvviso, quando ci fu l’epidemia di ruggine delle foglie del mais del Sud, nel 1970-71, ci rendemmo conto che là fuori c’era un organismo nuovo per la scienza. In precedenza avevamo fatto la stessa esperienza con il gene Victoria nell’avena.
Acres: Può fare i nomi di alcuni dei ricercatori che sono coinvolti? In particolare, chi ha scoperto il patogeno?
Huber: No. Perché non è necessario che vengano infastiditi o assillati come lo sono stato io. Abbiamo troppo lavoro da fare.
Acres: Ma lei può garantire per loro?
Huber: Sono scienziati esperti. Non c’è bisogno di attaccare tutti quanti, ed è esattamente ciò che succede quando si scopre qualcosa di nuovo.
Acres: In altre parole, agli scettici si può garantire che c’è più di una persona coinvolta in questa ricerca, che si tratta di scienziati rispettabili, che i risultati verranno pubblicati appena pronti e che queste patologie delle piante e degli animali non se ne andranno?
Huber: Il Clavibacter sopravvive nel residuo del mais da tre a quattro anni come minimo; quindi, se continueremo a fare le stesse cose dovremo aspettarci lo stesso risultato. Ci sono ricerche che dimostrano che quando si applica glifosato formulato a una pianta di mais tollerante al glifosato che è normalmente resistente, alcuni ibridi diventano completamente vulnerabili a quell’organismo. Il glifosato può annullare la resistenza genetica al Clavibacter, come anche quella alla Rhizoctonia nella barbabietola da zucchero o al Fusarium in alcune piante.
Acres: Quali altri esiti prevede?
Huber: Elevati tassi di infertilità e aborto negli animali alimentati con mangimi a base di mais e soia contenenti popolazioni elevate di questo organismo.
Acres: Alcuni oppositori rifiutano del tutto l’idea che il problema della morte improvvisa delle piante e degli aborti fra il bestiame si stia aggravando.
Huber: Non è un fenomeno universale, proprio come la maggior parte delle epidemie può essere circoscritta. Io credo che le critiche, comunque, siano smentite dalle statistiche. Se osserviamo le previsioni dell’USDA sulla produzione di mais pubblicate ad agosto e poi sottraiamo l’effettiva produzione pubblicata a gennaio, abbiamo quasi un miliardo di bushel in meno [35 miliardi di litri], nonostante le condizioni per il raccolto fossero pressoché ideali. Dov’è finito questo miliardo di bushel? Per documentare il cattivo raccolto dello scorso anno, non occorre far altro che guardare i prezzi. Non stiamo più parlando di $ 3 per bushel di mais, ma di $ 6 per bushel. E ciò non è motivato dal maggiore uso di etanolo, ma da una forte penuria del raccolto. Come mai la soia è passata da 5 a 12 dollari? Si ha un cattivo raccolto perché in agricoltura il rapporto domanda-offerta è inelastico. Credo che le cifre lo documentino. In alcune aree non ci sono stati questi problemi quest’anno perché magari c’erano stati l’anno scorso, e questo avviene perché per le malattie contano anche le condizioni ambientali.
Acres: Su che cosa si era concentrato maggiormente il suo lavoro durante gli anni precedenti al pensionamento, o meglio al suo attuale stato di professore emerito?
Huber: Per 50 anni la mia ricerca si è concentrata soprattutto sulla biologia e il controllo dei funghi patogeni che si propagano nel suolo, sull’ecologia microbica, sul controllo biologico, le interazioni microbiche e la fisiologia ospite-parassita, nel tentativo di comprendere la resistenza e la vulnerabilità in un’ottica fisiologica. Mi sono occupato a lungo del processo di sviluppo degli inibitori della nitrificazione e ho anche lavorato per individuare percorsi dei nutrienti nel mais, nella soia e nel frumento. Sono stato uno dei curatori del libro dell’American Phytopathological Society, Mineral Nutrition and Plant Disease, pubblicato nel 2007. Inizialmente mi sono interessato al glifosato pensando, quando fu introdotta la soia tollerante a questa sostanza, che fosse una situazione vantaggiosa per molti coltivatori che non volevano intervenire con un ulteriore passaggio fra le piante per ovviare alla carenza nutritiva di manganese. Se fosse stato possibile aggiungere il manganese alla miscela di trattamento, sarebbe stato un buon modo per scongiurare la carenza di questo elemento riscontrata in varie aree dell’Indiana e, allo stesso tempo, controllare le erbe infestanti. Ma ci bastò un solo tentativo per capire che non avrebbe funzionato, perché il glifosato immobilizzava il manganese che cercavamo di rendere disponibile per la pianta.
Gli ultimi 15-16 anni sono stati dedicati soprattutto alla comprensione e alla ricerca di modi per rimediare ai problemi di assorbimento dei nutrienti che la chimica e la tecnologia provocavano nelle piante. Naturalmente, questo mi ha indotto a ritornare a osservare le interazioni suolo-microbi, che sono di importanza essenziale per rendere disponibili gli elementi nutritivi alle piante…
Acres: L’ingegneria genetica è una scienza relativamente nuova. Questo aggiunge un nuovo livello di gravità al problema, dato che non sono tratti che si possono semplicemente rimuovere come, per esempio, si potrebbe fare interrompendo il programma per un ibrido che non dà i risultati auspicati?
Huber: Di certo è più facile mettere che togliere. Ogni volta che si aggiunge un gene estraneo, si aggiunge ulteriore stress alla pianta, producendo un rallentamento del rendimento che è stato ampiamente documentato. Qui stiamo parlando di tecnologie potenti e, in genere, con un po’ di tempo, si riesce a trovare un modo di renderle più compatibili. L’ingegneria genetica è uno strumento che può servire in situazioni specifiche, ma di cui molto facilmente si abusa. Io credo che quando si mette troppa carne al fuoco, si finisce per aumentare drasticamente la vulnerabilità e i potenziali fattori di rischio. Credo anche che dovremmo cercare di seguire i principi scientifici e usare molta cautela finché non avremo capito che cosa succede nell’intero processo…
Acres: Nonostante le difficoltà incontrate in particolare dai ricercatori americani, oggi ci sono molti dati che non erano disponibili all’epoca dell’introduzione degli OGM?
Huber: Esiste una certa quantità di dati tossicologici che denuncia problemi molto seri con alcuni dei prodotti. Questo, fra l’altro, è uno degli aspetti considerati per i casi di infertilità e aborti spontanei. Nella nostra catena alimentare c’è un livello di glifosato sempre maggiore e, secondo i dati tossicologici che oggi abbiamo a disposizione, i livelli spesso sono di gran lunga superiori a quelli che sarebbero considerati seriamente preoccupanti in un laboratorio clinico. Alcuni di questi dati mostrano che dei livelli di glifosato relativamente bassi sono estremamente tossici per le cellule del fegato, dei reni, dei testicoli e del sistema endocrino, e ciò diventa importante perché tutti questi apparati sono correlati. Stiamo trovando livelli di glifosato piuttosto alti nel letame. Ci si deve chiedere come è arrivato all’interno di polli, di suini e bovini, e ovviamente la risposta è attraverso i mangimi. Ma la sostanza si limita a passare attraverso l’animale o finisce anche nelle carni e in altri tessuti? In realtà, non abbiamo molti dati in merito. Alcuni degli altri paesi stanno facendo ricerche e analisi, e qui siamo appena agli inizi. Ma, per lo più, la mentalità dominante è che non ci siano pericoli, così chiudiamo gli occhi e ci diciamo che questo lavoro non serve…
∞ L’intervistato: Il Dott. Don M. Huber è professore emerito di fitopatologia alla Purdue University, nell’Indiana. Ha conseguito la laurea e il master presso l’Università dell’Idaho (1957, 1959) e il Dottorato presso l’Università statale del Michigan (1963), inoltre si è diplomato presso il Command and General Staff College dell’Esercito statunitense. Per otto anni è stato patologo dei cereali presso l’Università dell’Idaho prima di passare al dipartimento di Botanica e Fitopatologia della Purdue University nel 1971. Ha svolto ruoli di consulente per il Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Può essere contattato all’indirizzo huberd@purdue.edu.
L’intervistatore: Chris Walters è redattore di Acres U.S.A., pubblicazione fondata da suo padre Charles Walters (1926-2009). Acres U.S.A. ha sede a Austin, Texas, e da 40 anni si occupa di agricoltura sostenibile e problemi correlati. Per maggiori informazioni, si visiti http://www.acresusa.com.
LA LETTERA DEL DOTT. DON HUBER AL SEGRETARIO USA PER L’AGRICOLTURA TOM VILSACK
16 gennaio 2011
Egregio Segretario Vilsack,
un’équipe di autorevoli scienziati esperti in piante e animali ha recentemente portato alla mia attenzione la scoperta di un agente patogeno, visibile solo al microscopio elettronico, che appare altamente nocivo per la salute delle piante, degli animali e probabilmente degli esseri umani. In base all’analisi dei dati disponibili, il patogeno è diffuso, molto pericoloso e si trova in concentrazioni elevate soprattutto nella soia e nel mais Roundup Ready (RR), il che suggerisce un legame con il gene RR o più plausibilmente con la presenza di Roundup.
Questo organismo appare NUOVO per la scienza!
Queste sono informazioni altamente riservate che potrebbero causare un crollo nei mercati di esportazione della soia e del mais statunitensi, nonché problemi alla fornitura nazionale di alimenti e mangimi. D’altra parte, questo nuovo organismo potrebbe avere già compiuto danni significativi (che descrivo più avanti).
Io e miei colleghi, quindi, stiamo proseguendo le nostre indagini con rapidità e discrezione, e chiediamo l’assistenza dell’USDA [Ministero dell’Agricoltura USA] e di altri enti per identificare l’origine e la prevalenza del patogeno, le sue implicazioni e i possibili rimedi. Nello specifico, se informiamo l’USDA delle nostre scoperte in questa fase precoce è per via della decisione attualmente in corso per l’approvazione dell’alfa-alfa RR. Naturalmente, se il gene RR, o lo stesso Roundup, è un promotore o co-fattore per questo patogeno, tale approvazione potrebbe rivelarsi una calamità.
In base alle prove attuali, l’unica azione ragionevole in questo momento sarebbe ritardare la deregolamentazione almeno fino a quando, eventualmente, ci saranno sufficienti dati tali da escludere un’implicazione del sistema RR. Negli ultimi 40 anni, ho lavorato come scienziato presso agenzie professionali e militari che valutano e contrastano minacce biologiche naturali e artificiali, fra cui armi biologiche ed epidemie.
In base alla mia esperienza, ritengo che la minaccia posta da questo patogeno sia unica nel suo genere e presenti uno status di rischio elevato. In parole povere, sarebbe opportuno trattarla come un’emergenza. Svariati ricercatori che hanno indagato sul problema hanno fornito diversi pezzi del puzzle, presentando complessivamente il seguente scenario inquietante: l’organismo, precedentemente sconosciuto, è visibile solo al microscopio elettronico (36.000x) e il suo ordine di grandezza è approssimativamente quello di un virus di medie dimensioni. È in grado di riprodursi e appare simile a un microfungo. Se lo fosse, sarebbe il primo microfungo di questo tipo mai identificato.
Ci sono prove convincenti che indicano che questo agente infettivo promuova le malattie sia nelle piante che nei mammiferi, il che è molto raro. È stato trovato in concentrazioni elevate nei mangimi di soia e mais Roundup Ready, nelle borlande, nei mangimi fermentati, all’interno dello stomaco dei suini e nella placenta di suini e bovini.
L’organismo prolifera nelle piante infettate da due malattie che stanno decimando i raccolti e gli introiti degli agricoltori: la sindrome della morte improvvisa (SDS) e l’avvizzimento batterico di Goss. Il patogeno è stato trovato anche nell’agente causativo fungino della SDS (Fusarium solani f. sp. glycines).
I test di laboratorio hanno confermato la presenza di questo organismo in capi di bestiame di svariati tipi colpiti da aborti spontanei e infertilità. Con i risultati preliminari delle ricerche in corso è stato inoltre possibile riprodurre gli aborti in ambiente clinico. Il patogeno potrebbe spiegare la frequenza sempre maggiore, negli ultimi anni, dell’infertilità e degli aborti spontanei negli allevamenti statunitensi di bovini, mucche da latte, suini ed equini.
In questo quadro si collocano i recenti rapporti sui tassi di infertilità delle giovenche da latte (20%), e degli aborti spontanei fra i bovini, la cui percentuale sale fino al 45%. Per esempio, 450 su 1.000 giovenche da latte alimentate con insilato di frumento hanno avuto aborti spontanei. Nello stesso periodo, fra altre 1.000 giovenche della stessa mandria, nutrite con fieno, non ci sono stati aborti.
Sono state confermate elevate concentrazioni del patogeno nell’insilato di frumento, su cui presumibilmente sono stati usati diserbanti al glifosato. Raccomandazioni Riepilogando, dato il titolo elevato di questo nuovo patogeno animale nelle colture Roundup Ready e la sua associazione con malattie delle piante e degli animali che stanno raggiungendo proporzioni epidemiche, richiediamo la partecipazione dell’USDA in un’indagine multi-agenzia, nonché un’immediata moratoria sulla deregolamentazione delle colture RR finché non sarà possibile escludere la relazione causale/di predisposizione con il glifosato e/o le piante RR come minaccia per le produzioni agricole e animali e per la salute umana.
È urgente esaminare se gli effetti collaterali dell’uso del glifosato possano aver facilitato la crescita di questo patogeno o aver aggravato i danni alle piante o animali ospiti indeboliti. È ben documentato che il glifosato promuova i patogeni del suolo, ed è già stato implicato nella diffusione di oltre 40 tipologie di malattie delle piante, di cui smantella le difese attraverso la chelazione dei nutrienti vitali, e riduce la biodisponibilità dei nutrienti nei mangimi, il che a sua volta può causare disturbi negli animali.
Per valutare correttamente questi fattori, richiediamo l’accesso ai dati pertinenti in possesso dell’USDA. Personalmente studio i patogeni delle piante da oltre 50 anni. Stiamo assistendo a una tendenza senza precedenti nell’aumento di malattie e disturbi fra piante e animali. Questo patogeno potrebbe essere la chiave per comprendere e risolvere il problema. Merita attenzione immediata e risorse adeguate per scongiurare un crollo generalizzato della nostra infrastruttura agricola critica.
Cordialmente,
Col. (Rit.) Don M. Huber
Professore emerito, Purdue University Coordinatore della Società Fitopatologica Americana (APS), Sistema nazionale di recupero per le malattie delle piante dell’USDA (NPDRS)