Guardi Corrent che il suo collega blogger new entry Mozzato sta adottando un sistema di controllo dei commenti prima della loro pubblicazione. Ciò per es. gli consente di bloccare le esternazioni del paranoico ossessivo complusivo che sappiamo. Perché anche lei non fa lo stesso?
Avevo già chiesto alla redazione questa possibilità, anzi avevo richiesto espressamente che tutti i commenti di un tale lettore fossero bloccati alla fonte. Tornerò a perorare questa causa perché ormai sono stanco che si utilizzi uno spazio pubblico per esternazioni sconsiderate e non inerenti al tema da me proposto.
CARTA D’IDENTITA’
Titolo: Rwanda
Paese di produzione: Italia
Anno:2018
Durata: 90 min
Genere: drammatico, storico
Regia: Riccardo Salvetti
Soggetto: Marco Cortesi, Mara Moschini
Sceneggiatura: Marco Cortesi, Mara Moschini Riccardo Salvetti
Produttore:Massimo Gardini, Marco Cortesi
Dai tempi dell’Olocausto, con grande ignominia, il mondo ha fallito più di una volta nel prevenire o porre fine a dei genocidi, per esempio in Cambogia, in Ruanda e nell’ex Jugoslavia.Kofi Annan
Basta un machete per attuare un genocidio. Boutros Boutros-Ghali
Nel 1994 si consumò quello che è il più grande massacro dalla fine della seconda guerra mondiale sotto gli occhi delle potenze occidentali che non intervennero assolutamente se non per portare via gli occidentali presenti nel Ruanda al momento delleccidio. La Francia che intervenne con allOpération Turqoise, lanciata il 22 giugno 1994, oltre a obiettivi umanitari, indubbiamente sono state salvate vite umane, ha avuto anche lobiettivo di combattere il Fronte patriottico ruandese (RPF), la ribellione, essenzialmente Tutsi, che stava combattendo contro le forze governative Hutu responsabili per il genocidio. Questo genocidio che si attuò fra laprile e il luglio del 1994, è stato il palese risultato delle politiche coloniali e post coloniali, quanto meno irresponsabili e sconsiderate, che si sono intrecciate con il retaggio storico africano. Quello del Ruanda fu un genocidio diverso che videe il massacro nellarco di poco tempo, soli cento giorni, di un numero spropositato di persone, i Tutsi. Vennero massacrate sistematicamente a colpi di armi da fuoco, ma soprattutto con machete e bastoni chiodati, non meno di 800 mila vittime, uomini ,donne e bambini.
Il genocidio in Ruanda è stato oggetto di numerosi film e documentari. Uno degli ultimi, se non l’ultimo, è Rwanda del 2018. Il film Rwanda racconta una storia vera, accaduta durante il genocidio. I protagoisti sono due. Augustin Maniriho un giovane operaio che ama cantare con una moglie, Jolande, e una bambina di 6 anni, Monique. L’altra protagonista è Cecile Hakizimana, una giovane maestra di scuola elementare, anche lei sposata con Paul, e ha una figlia di 4 anni di nome Sophie. Cecile, oltre ad amare il proprio lavoro vuole pubblicare un libro di favole per bambini. Augustin è un Hutu che dovrebbe uccidere i Tutsi e Cecile è una Tutsi che dovrebbe essere uccisa. I due si incontrano, Augustin getta il machete e stringe amicizia con Cecile. Un gesto di solidarietà e amicizia in un paradiso verde di colline, diventato un inferno rosso di sangue. Il film va visto, perché oltre la bellezza formale, la recitazione, porta a conoscenza del genocidio del Ruanda. Inoltre è un film originale, nato da unidea degli attori Marco Cortesi e Mara Moschini, prima di essere un film è stato un’opera teatrale. 480 uomini e donne provenienti da 24 paesi dellAfrica Centrale che hanno interpretato un loro tragico passato. Insieme a loro numerosi ruandesi sono stati impiegati nel ruolo che fu loro durante il genocidio. Un esempio di integrazione. E’ stato girato nei dintorni di Forlì e una campagna di crowdfunding con buoni risultati ha aiutato a produrlo.
Rwanda ha ottenuto vari riconoscimenti, per esempio ha vinto a Matera come Miglior Film del 2019 e si è aggiudicato anche il Premio della Giuria, A partire di febbraio 2019 è stato ed è proiettato in molte sale cinematografiche, ha partecipato e partecipa anche a festival internazionali tra i quali il Madrid International Film Festival.
MERCOLEDI’ 12 GIUGNO SARA’ PROIETTATO ALL’APERTO AL PARCO MANIN DI MONTEBELUNA. IN CASO DI MALTEMPO LA PROIEZIONE AVVERRA’ NELL’ AUDITORIUM DELLA BIBLIOTECA COMUNALE. PARTECIPERANNO MARCO CORTESI E MARA MOSCHINI.
Hai ragione Vinicio Torrent non c’entra niente con Il Bastanzetti del SAC, è un bel film. Domani posterò sul Bastanzetti del SAC, sottotitolo Bar-zelletti che è un film comico, un SAC.
Ottimo, originalissimo, inizio settimana Cecchini! Ma lei che ha rinunciato agli studi trentini di sociologia per dedicarsi allo studio del dialetto veneto sa dirmi come si chiama quel ferro a punta che i contadini piantano a terra par bàter ‘l faldìn?
Se l’é l’erba alta l’é parché no te sega. E se no te sega l’é parché ‘a fàlz no taja. E se no a taja l’é parché no te sa ugàrla né baterghe ‘l fil ( vediamo se sai come si chiama il ferro da piantare a terra che si usa all’uopo, se no domandeghe a Cecchini…). Se per ipotesi fossimo costretti improvvisamente a ritornare alla terra, sarebbe una strage per fame. In due generazioni abbiamo completamente perduto una sapienza contadina, in agricoltura-allevamento e “autarchia contadina” in genere, che avevamo maturato in millenni.
Guardi Corrent che il suo collega blogger new entry Mozzato sta adottando un sistema di controllo dei commenti prima della loro pubblicazione. Ciò per es. gli consente di bloccare le esternazioni del paranoico ossessivo complusivo che sappiamo. Perché anche lei non fa lo stesso?
Avevo già chiesto alla redazione questa possibilità, anzi avevo richiesto espressamente che tutti i commenti di un tale lettore fossero bloccati alla fonte. Tornerò a perorare questa causa perché ormai sono stanco che si utilizzi uno spazio pubblico per esternazioni sconsiderate e non inerenti al tema da me proposto.
RUWANDA UN FILM SUL GENOCIDIO.
CARTA D’IDENTITA’
Titolo: Rwanda
Paese di produzione: Italia
Anno:2018
Durata: 90 min
Genere: drammatico, storico
Regia: Riccardo Salvetti
Soggetto: Marco Cortesi, Mara Moschini
Sceneggiatura: Marco Cortesi, Mara Moschini Riccardo Salvetti
Produttore:Massimo Gardini, Marco Cortesi
Dai tempi dell’Olocausto, con grande ignominia, il mondo ha fallito più di una volta nel prevenire o porre fine a dei genocidi, per esempio in Cambogia, in Ruanda e nell’ex Jugoslavia.Kofi Annan
Basta un machete per attuare un genocidio. Boutros Boutros-Ghali
Nel 1994 si consumò quello che è il più grande massacro dalla fine della seconda guerra mondiale sotto gli occhi delle potenze occidentali che non intervennero assolutamente se non per portare via gli occidentali presenti nel Ruanda al momento delleccidio. La Francia che intervenne con allOpération Turqoise, lanciata il 22 giugno 1994, oltre a obiettivi umanitari, indubbiamente sono state salvate vite umane, ha avuto anche lobiettivo di combattere il Fronte patriottico ruandese (RPF), la ribellione, essenzialmente Tutsi, che stava combattendo contro le forze governative Hutu responsabili per il genocidio. Questo genocidio che si attuò fra laprile e il luglio del 1994, è stato il palese risultato delle politiche coloniali e post coloniali, quanto meno irresponsabili e sconsiderate, che si sono intrecciate con il retaggio storico africano. Quello del Ruanda fu un genocidio diverso che videe il massacro nellarco di poco tempo, soli cento giorni, di un numero spropositato di persone, i Tutsi. Vennero massacrate sistematicamente a colpi di armi da fuoco, ma soprattutto con machete e bastoni chiodati, non meno di 800 mila vittime, uomini ,donne e bambini.
Il genocidio in Ruanda è stato oggetto di numerosi film e documentari. Uno degli ultimi, se non l’ultimo, è Rwanda del 2018. Il film Rwanda racconta una storia vera, accaduta durante il genocidio. I protagoisti sono due. Augustin Maniriho un giovane operaio che ama cantare con una moglie, Jolande, e una bambina di 6 anni, Monique. L’altra protagonista è Cecile Hakizimana, una giovane maestra di scuola elementare, anche lei sposata con Paul, e ha una figlia di 4 anni di nome Sophie. Cecile, oltre ad amare il proprio lavoro vuole pubblicare un libro di favole per bambini. Augustin è un Hutu che dovrebbe uccidere i Tutsi e Cecile è una Tutsi che dovrebbe essere uccisa. I due si incontrano, Augustin getta il machete e stringe amicizia con Cecile. Un gesto di solidarietà e amicizia in un paradiso verde di colline, diventato un inferno rosso di sangue. Il film va visto, perché oltre la bellezza formale, la recitazione, porta a conoscenza del genocidio del Ruanda. Inoltre è un film originale, nato da unidea degli attori Marco Cortesi e Mara Moschini, prima di essere un film è stato un’opera teatrale. 480 uomini e donne provenienti da 24 paesi dellAfrica Centrale che hanno interpretato un loro tragico passato. Insieme a loro numerosi ruandesi sono stati impiegati nel ruolo che fu loro durante il genocidio. Un esempio di integrazione. E’ stato girato nei dintorni di Forlì e una campagna di crowdfunding con buoni risultati ha aiutato a produrlo.
Rwanda ha ottenuto vari riconoscimenti, per esempio ha vinto a Matera come Miglior Film del 2019 e si è aggiudicato anche il Premio della Giuria, A partire di febbraio 2019 è stato ed è proiettato in molte sale cinematografiche, ha partecipato e partecipa anche a festival internazionali tra i quali il Madrid International Film Festival.
MERCOLEDI’ 12 GIUGNO SARA’ PROIETTATO ALL’APERTO AL PARCO MANIN DI MONTEBELUNA. IN CASO DI MALTEMPO LA PROIEZIONE AVVERRA’ NELL’ AUDITORIUM DELLA BIBLIOTECA COMUNALE. PARTECIPERANNO MARCO CORTESI E MARA MOSCHINI.
Il link con il trailer di Rwanda è il seguente:
https://www.youtube.com/watch?v=LVZfgLgJj-Q
Stupenda iniziativa ma non c’entra con il tema che stiamo dibattendo al momento nel blog.
Hai ragione Vinicio Torrent non c’entra niente con Il Bastanzetti del SAC, è un bel film. Domani posterò sul Bastanzetti del SAC, sottotitolo Bar-zelletti che è un film comico, un SAC.
Il Cecchini paragona l’eccidio rwandese a quello dei carbonaz. Parallelismo un pelino forzato e razzista ma sicuramente inedito!
Aberrante direi!!!
Ottimo, originalissimo, inizio settimana Cecchini! Ma lei che ha rinunciato agli studi trentini di sociologia per dedicarsi allo studio del dialetto veneto sa dirmi come si chiama quel ferro a punta che i contadini piantano a terra par bàter ‘l faldìn?
Anche in istroveneto si dice un SAC mona.
Ma ‘n per de zòcoe coe broche no te se bon de trovarle al posto de quei orendi stivai zai da cantier? Atu paura che te vegne e vesighe?
Buon suggerimento, ma co gò registrà el video ghe xera l’erba alta. Adesso che xe cambià a stajon andarò in serca de ‘sti zocoi.
Se l’é l’erba alta l’é parché no te sega. E se no te sega l’é parché ‘a fàlz no taja. E se no a taja l’é parché no te sa ugàrla né baterghe ‘l fil ( vediamo se sai come si chiama il ferro da piantare a terra che si usa all’uopo, se no domandeghe a Cecchini…). Se per ipotesi fossimo costretti improvvisamente a ritornare alla terra, sarebbe una strage per fame. In due generazioni abbiamo completamente perduto una sapienza contadina, in agricoltura-allevamento e “autarchia contadina” in genere, che avevamo maturato in millenni.
D’accordo al 1000 per 1000. Sbrighiamoci allora a tornare alla coltivazione della terra prima che sia troppo tardi.