Intervista a Mario Pozza
Continuando la carellata dei “Personaggi a Nordest”, ecco un protagonista del territorio, con responsabilità a vari livelli.
Continuando la carellata dei “Personaggi a Nordest”, ecco un protagonista del territorio, Mario Pozza (in foto a destra) con responsabilità a vari livelli.
All’interno della Camera di Commercio a livello provinciale, regionale lei è presidente, mentre a livello nazionale è vice-presidente. Il ruolo e la funzione della Camera di Commercio sono poco conosciuti dai cittadini. Ce li può presentare?
Direi che per il cittadino la Camera di Commercio è un Ente che rilascia certificati, mentre, invece, l’imprenditore conosce il suo ruolo e la sua funzione.
È vero che la Camera di Commercio rilascia certificati, per aprire o chiudere un’ impresa, per esportare, quando c’è bisogno dei codici Ateco ossia quei codici, spesso citati durante la pandemia, che permettevano di continuare a lavorare o meno.
Invece la Camera di Commercio è tantissimo altro…
La Camera di Commercio è deputata dallo Stato a promuovere l’economia del territorio, di tutti i settori, dal primario, l’agricoltura, al commercio, dall’industria all’artigianato, dal turismo alla cultura.
Per gestire tali responsabilità la Camera di Commercio riceve risorse attraverso il diritto annuale, mediamente si tratta di 40 euro ad impresa, destinati alla promozione del territorio e dell’economia, e per aiutare le imprese stesse a svilupparsi sotto tanti aspetti e punti di vista.
Quante sono le risorse che arrivano alla Camera di Commercio Treviso-Belluno?
Sono circa 15.000.000 di euro. Non percepiamo risorse dallo Stato centrale, anzi noi aiutiamo lo Stato, a cui versiamo il 10% delle nostre entrate, che vengono utilizzate per l’abbattimento del debito pubblico.
Siamo l’unico Ente che dà fondi allo Stato. Tutti questi fondi sono gestiti per la conservazione degli immobili, per pagare il personale, ma, soprattutto, sono destinati ad animare l’economia.
Secondo i canoni di un tempo il suo curriculum si sarebbe dovuto completare con l’ingresso in politica. In questo senso avrà fatto qualche “pensierino”?… sicuramente sarà stato invitato da alcuni partiti per scendere in pista…
Non nascondo che più di qualcuno mi ha chiesto di affacciarmi alla politica, ma io, che sono nato all’interno del mondo dell’associazionismo, credo che il mio percorso si concluderà con la rappresentanza nel mondo dell’economia.
Non ho altre ambizioni: il ritmo che l’impegno pubblico esige è molto importante, ci si lascia prendere da tanti punti di vista, prima di tutto da quello personale, familiare, ma anche fisico.
Oggi, dopo tanti anni di amministrazione pubblica, si cominciano a tirare i remi in barca.
Insomma, non è nelle mie corde in questo momento e, credo, neppure per il prossimo futuro.
Del resto la politica, oggi, non dà segnali di attenzione al cittadino comune.
Rimaniamo nell’ambito della politica… ci sono state recentemente le elezioni regionali. Questo Veneto, storicamente, è stato feudo dei democristiani moderati, in particolare dei dorotei, basti pensare a Mariano Rumor e a Toni Bisaglia.
La Lega di oggi, secondo lei, sono i vecchi democristiani?
Io credo di sì. Siamo leghisti democristiani, in rappresentanza di tutte le vecchie correnti democristiane.
È sotto gli occhi di tutti: noi vediamo la netta differenza tra la Lega del Veneto e quella della Lombardia.
La lega del Veneto non è mai in contrapposizione e cerca sempre di trovare l’ accordo con le forze politiche, con il sistema economico. Quindi non è Lega di scontro, non ha i paraocchi.
Rimaniamo ancora sulla Lega… è facile constatare come i grandi capi di un tempo si sono bruciati. Basta citare alcuni nomi, per esempio Franco Rocchetta e Marilena Marin e, più recentemente, lo stesso Tosi.
Ci sono oggi in Veneto antagonisti di Zaia? Può citarne qualcuno?
Adesso non vedo veri e propri antagonisti, vedo Zaia proiettato nei prossimi anni oltre la leadership regionale, vedo una prospettiva futura a livello nazionale.
Ci sono delle figure all’interno della Lega che possono sicuramente ambire a dare continuità al lavoro di Zaia e alla sua successione. Però qualsiasi nome faccia, mi metterebbe in difficoltà. Comunque, ce ne sono sicuramente!
Adesso, all’ombra di Zaia, c’è difficoltà ad emergere, però ci sono dei bravi ragazzi e qualche potenziale leader, che possono venir fuori.
D’altronde lo abbiamo già detto, la Lega nostra è 1a lega democristiana, che vive nel territorio e lo conosce.
Lo vediamo anche a livello di amministrazioni locali, dove c’è un riscontro.
Qualcuno potrebbe dire perché non c’è opposizione… Ma l’opposizione nasce e cresce se, dall’altra parte, non trovi niente. Insomma qualcosa si trova…
Lei è uomo d’azienda. In che modo il Coronavirus ha modificato il mondo aziendale del nostro territorio, trevigiano, bellunese, del Veneto?
Direi che lo ha modificato e lo sta modificando tuttora in modo molto pregnante. Il modo di lavorare all’interno delle imprese non è più lo stesso, rispetto al febbraio scorso e continuerà ad evolversi.
C’è molta più sicurezza e attenzione alla persona e al modo di proporsi nel mercato, diverso rispetto a prima. Il Coronavirus ha rivoluzionato in sostanza la gestione di una azienda, sia essa commerciale o industriale o agricola.
Non è più come prima. Sotto certi aspetti la sta migliorando, dà più garanzie nella sicurezza e nella vivibilità dell’ambiente di lavoro; sotto altri aspetti sta schiacciando un po’ l’impresa.
La competizione è sempre più difficile, dovuta al modo di comunicare, al modo di muoversi, che non è più lo stesso di prima, al modo di approcciare i nuovi mercati nazionali ed internazionali.
Le imprese, in tutta Italia, stanno facendo un grosso salto in avanti, nel modo di gestire l’impresa, sia nella gestione interna che nella gestione esterna.
Tocchiamo un altro tasto: l’Europa. Come viene vissuta?
Ci sono due tipi di Europa:
- a) l’Europa del mercato di cui la nostra economia ha bisogno dal momento che esporta oltre il 50% della propria produzione e soprattutto perché nel mercato interno non c’è consumo;
- b) l’Europa della politica, quella di Bruxelles, che non è ben vista, perché è una Europa imbrigliata sui regolamenti, sulle Commissioni europee, che sono lontane dal cittadino, lontane dal dalle imprese.
Al contrario degli altri paesi, l’Italia ha la specificità di contare su tante piccole imprese.
Quindi molti provvedimenti, che vengono presi in queste commissioni, essendo indirizzati verso le imprese medie, dai 50 ai 250 dipendenti non favoriscono le nostre piccole e medie imprese.
In Italia quando parli di 250 dipendenti, si parla di un’azienda di grossa consistenza.
Quali sono le sue preoccupazioni come uomo pubblico?
Da uomo pubblico e da uomo che ha responsabilità di promuovere l’economia in questo momento, sono preoccupato per quello che si decide a Roma, come spendere i soldi del Recovery Fund e come investirli per la ripartenza del nostro Paese.
Non c’è chiarezza.
E il messaggio che bisogna dare ai nostri concittadini è questo: il Recovery Fund non è sicuramente un aiuto a babbo morto, non sono soldi che ci danno a tasso 0 e che dovremo restituire solo in piccola parte. La grossa fetta dovremo tornarla indietro e, quindi, sono soldi che vanno certamente a debito, che devono essere spesi bene, quindi non possono essere distributi a pioggia.
Bisogna aiutare l’economia a ripartire, c’è bisogno di infrastrutture, sia materiali che immateriali ossia non bisogna parlare solo di strade, ma pensare alla banda larga e al digitale, alla ricerca e alla innovazione, insomma bisogna essere di supporto all’impresa in questo contesto.
I soldi devono essere dedicati al mondo della scuola, non solo a comprare i banchi, ma ad acquistare tecnologie per l’innovazione e la ricerca, che sono fondamentali per un Paese come il nostro.
Siamo sempre la seconda potenza manifatturiera in Europa.
A fianco delle nostre imprese ci deve essere un sistema scolastico ed universitario di eccellenza, altrimenti rischiamo di perdere quella capacità, che le nostre imprese hanno, ossia di saper crescere, di cercare, di rinnovare il valore aggiunto.
Nonostante la burocrazia e le difficoltà di accesso al credito, le nostre imprese godono all’estero di buona credibilità.
Su Treviso da anni si parla del trasferimento della Camera di Commercio…
Ormai la partita sul trasferimento della Camera di Commercio è chiusa.
La Fondazione Cassamarca non ha accettato la nostra offerta per l’acquisizione dell’immobile.
Noi avevamo delle regole, dettate dal Ministero che ci vigila, che non ci permetteva di andare oltre quello che avevamo offerto.
Inoltre anche loro hanno dei problemi, vincolati dal Ministero per il loro bilancio.
Quindi l’operazione si è arenata.
Faremo una riqualificazione del palazzo esistente, quindi una ricostruzione e riqualificazione non solo del palazzo, ma anche dell’area che sta attorno.
Stiamo lavorando ad alcuni progetti. Al massimo entro fine anno, conto di presentarli.
Per concludere, a pochi mesi dalla scadenza del suo mandato, nel maggio del 2021, quali sono i passaggi essenziali? C’è un grande progetto? A cosa pensa?
In questi anni con i fatti, con i molteplici bandi e finanziamenti attivati per le imprese, gli accordi con le istituzioni per creare rete, gli eventi internazionali organizzati, la continua formazione, le economie di scala, la digitalizzazione, mi sono impegnato a far capire il tema affrontato all’inizio dell’intervista ossia di far conoscere che cos’è la Camera di Commercio, come può questo Ente essere al fianco delle imprenditrici e degli imprenditori, dei professionisti e del cittadino, che non è solo un palazzo, capace solo di rilasciare certificati, ma di offrire tante opportunità.
La realtà della Camera del Commercio non è solo una realtà della Pubblica Amministrazione, trevigiana, veneta e nazionale, ma è in rete nel mondo con le Camere di Commercio italiane all’estero, che sono gestite da ” imprenditori italiani”. Insomma, ci sono opportunità per le esportazioni, per un territorio come il nostro, che come dicevo esporta oltre il 50%.
La nostra Camera di Commercio è molto innovativa e digitale, non a caso la Camera di Commercio è l’amministrazione pubblica più avanzata dal punto di vista tecnologico, per essere al fianco delle imprese.
Quindi, se come Ente pubblico sono chiamato a dare supporto all’economia, non posso rimanere indietro nella tecnologia o fuori dai processi innovativi perché devo essere al fianco delle imprese con la competenza necessaria per affiancarle nello sviluppo dei processi di prodotto e di mercato indispensabile per affrontare le sfide di oggi.
Io credo che per la gente, per la politica la Camera di Commercio cominci ad essere percepita come una realtà vicina a tutte le realtà e non solo alle imprese e alle istituzioni, in un momento delicato e difficile come questo.
Aggiungo che, il nostro territorio è appetibile per il malaffare, dove c’è un territorio ricco bisogna stare molto attenti ed avere antenne alte.
Quindi bisogna mantenere ed aumentare una buona relazione con tutte le Istituzioni, anche legate alla Giustizia, perché è compito nostro, in qualità d’imprenditori nel nostro ruolo di amministratori mantenere come mission, l’idea e il valore di competere ad armi pari.
Dove si infiltra il malaffare, invece, non si combatte ad armi pari.
La concorrenza deve essere fatta nella legalità e dobbiamo preservare questo territorio per i nostri figli, solo a queste condizioni.