LA BIENNALE DI VENEZIA
Il tradizionale appuntamento internazionale ossia La Biennale di Venezia, ormai alla 59 edizione, ha aperto i battenti il 23 aprile e si chiuderà il 27 novembre 2022.
Il Presidente della Biennale, Roberto Cicutto, ha titolato il suo intervento con un’immagine accattivante, “Guardare dall’oblò”, per descrivere le modalità dettate dalla pandemia per la preparazione dell’evento.
“Ci siamo incontrati per quasi due anni attraverso Internet, inquadrati dallo schermo di un computer, ed è sempre attraverso quello schermo che la curatrice, Cecilia Alemani ha visitato centinaia di atelier di artisti in tutto il mondo, navigando fra quadri, sculture, video, installazioni e performance che devono averle dato una percezione molto diversa da quella che avrebbe provato dal vivo”.
Questo nuovo approccio, comunque, ha trovato la sintesi nel tentativo di cogliere questo obiettivo: “Come sta cambiando la definizione di umano?”.
Il Presidente Cicutto ha sottolineato che “le opere in mostra si specchiano con alcuni loro “antenati” presentati in spazi dedicati, che ci raccontano da dove gli artisti di oggi hanno tratto ispirazione”.
Le artiste più numerose degli artisti provengono da mondi molto diversi fra loro.
Molte opere sono nuove produzioni, appositamente create per questa edizione. Un segno importante e la prova di una grande attenzione alle nuove generazioni di artiste e artisti.
La Curatrice ha inteso realizzare “il primo College Arte nella storia della Biennale, che si affianca a quelli di Cinema, Danza, Teatro e Musica”.
Nella conclusione il Presidente ha ringraziato tutti i Paesi partecipanti e le nuove Partecipazioni Nazionali.
Ha quindi evidenziato la efficace sinergia realizzatasi con il Ministero della Cultura, le Istituzioni del territorio, che in vario modo sostengono La Biennale, la Città di Venezia, la Regione del Veneto, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, la Marina Militare.
Sono seguiti i ringraziamenti “al Partner della manifestazione Swatch, al Main Sponsor illycaffè e agli Sponsor Bloomberg Philantropies e Vela-Venezia Unica.
ai Donor, agli Enti e Istituzioni internazionali importanti nella realizzazione della Biennale Arte 2022. In particolare, i ringraziamenti vanno a Cecilia Alemani e a tutto il suo team”.
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Questi, invece, i passaggi salienti della presentazione della Curatrice Cecilia Alemani:
La mostra Il latte dei sogni prende il titolo da un libro di favole di Leonora Carrington (1917-2011), in cui l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sè.
L’esposizione Il latte dei sogni sceglie le creature fantastiche di Carrington, insieme a molte altre figure della trasformazione, come compagne di un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano.
La mostra nasce dalle numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi ultimi mesi. Da questi dialoghi sono emerse con insistenza molte domande che evocano non solo questo preciso momento storico in cui la sopravvivenza stessa dell’umanità è minacciata, ma riassumono anche molte altre questioni che hanno dominato le scienze, le arti e i miti del nostro tempo. Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?
Questi sono alcuni degli interrogativi che fanno da guida a questa edizione della Biennale Arte, la cui ricerca si concentra in particolare attorno a tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra gli individui e le tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra.
Molte artiste e artisti contemporanei stanno immaginando una condizione postumana, mettendo in discussione la visione moderna e occidentale dell’essere umano – in particolare la presunta idea universale di un soggetto bianco e maschio, “uomo della ragione” – come il centro dell’universo e come misura di tutte le cose. Al suo posto, contrappongono mondi fatti di nuove alleanze tra specie diverse, abitati da esseri permeabili, ibridi e molteplici, come le creature fantastiche inventate da Carrington. Sotto la pressione di tecnologie sempre più invasive, i confini tra corpi e oggetti sono stati completamente trasformati, imponendo profonde mutazioni che ridisegnano nuove forme di soggettività e nuove anatomie…
La pressione della tecnologia, l’acutizzarsi di tensioni sociali, lo scoppio della pandemia e la minaccia di incipienti disastri ambientali ci ricordano ogni giorno che, in quanto corpi mortali, non siamo nè invincibili nè autosufficienti, piuttosto siamo parte di un sistema di dipendenze simbiotiche che ci legano gli uni con gli altri, ad altre specie e all’intero pianeta.
In questo clima, sono molte le artiste e gli artisti che ritraggono la fine dell’antropocentrismo, celebrando una nuova comunione con il non-umano, con l’animale e con la Terra, esaltando un senso di affinità fra specie e tra l’organico e l’inorganico, l’animato e l’inanimato.
Altri reagiscono alla dissoluzione di presunti sistemi universali riscoprendo forme di conoscenza locali e nuove politiche identitarie.
Altri ancora praticano ciò che la filosofa femminista Silvia Federici descrive come il “re-incantesimo del mondo”, mescolando saperi indigeni e mitologie individuali, in modi non dissimili da quelli immaginati da Leonora Carrington.
LA STRUTTURA DELLA MOSTRA E LE CAPSULE STORICHE
La mostra Il latte dei sogni si articola negli spazi del Padiglione Centrale ai Giardini e in quelli delle Corderie, delle Artiglierie e negli spazi esterni delle Gaggiandre e del Giardino delle Vergini nel complesso dell’Arsenale.
Il latte dei sogni include più di duecento artiste e artisti provenienti da 61 nazioni. Oltre 180 artiste e artisti non hanno mai partecipato all’Esposizione Internazionale d’Arte prima d’ora. Per la prima volta negli oltre 127 anni di storia dell’istituzione veneziana, la Biennale include una maggioranza preponderante di artiste donne e soggetti non binari, scelta che riflette un panorama internazionale di grande fermento creativo ed è anche un deliberato ridimensionamento della centralità del ruolo maschile nella storia dell’arte e della cultura attuali.
La mostra presenta opere contemporanee e nuove produzioni concepite appositamente per la Biennale Arte, presentate in dialogo con lavori storici che datano dall’Ottocento fino ai nostri giorni.
LE ARTISTE E GLI ARTISTI
La mostra Il latte dei sogni trova il suo fulcro in una sala sotterranea del Padiglione Centrale, dove la prima delle cinque capsule presenta una raccolta di opere di artiste delle avanguardie storiche, tra cui Eileen Agar, Leonora Carrington, Claude Cahun, Leonor Fini, Ithell Colquhoun, Loïs Mailou Jones, Carol Rama, Augusta Savage, Dorothea Tanning e Remedios Varo. Dalle opere di queste e altre artiste dei primi del Novecento – presentate in un ensemble ispirato alle mostre del Surrealismo – emerge un dominio del meraviglioso nel quale anatomie e identità sono trasformate seguendo le tracce di desideri di metamorfosi ed emancipazione.
Molte di queste linee di pensiero ritornano nelle opere di artiste e artisti di oggi esposte nelle sale del Padiglione Centrale: i corpi mutanti messi in scena da Aneta Grzeszykowska, Julia Phillips, Ovartaci, Christina Quarles, Shuvinai Ashoona, Sara Enrico, Birgit Jürgenssen e Andra Ursuţa immaginano nuove combinazioni di organico e artificiale, concepite sia come possibilità di reinvenzione del sé sia come inquietanti premonizioni di un futuro sempre più disumanizzato.
I rapporti che legano esseri umani e macchine sono analizzati in molte delle opere in mostra, come, ad esempio, negli esperimenti di Agnes Denes, Lillian Schwartz e Ulla Wiggen o nelle superfici-schermo di Dadamaino, Laura Grisi e Grazia Varisco, le cui opere sono raccolte in un’altra capsula dedicata all’Arte Programmata e all’astrazione cinetica degli anni Sessanta…
La mostra Il latte dei sogni è stata concepita e realizzata in un periodo di grande instabilità e incertezza. La sua genesi ed esecuzione hanno coinciso con l’inizio e il continuo protrarsi della pandemia di Covid-19 che ha costretto La Biennale di Venezia a posticipare questa edizione di un anno, un evento che, sin dal 1895, si era verificato soltanto durante la Prima e la Seconda guerra mondiale. Che la mostra possa aprire è di per sé un fatto straordinario: non tanto il simbolo di una ritrovata normalità, quanto piuttosto il segno di uno sforzo collettivo che ha qualcosa di miracoloso.
Per la prima volta, forse sin dalle mostre del dopoguerra, la Direttrice Artistica non ha potuto vedere dal vivo molte delle opere in mostra né ha incontrato di persona la gran parte delle artiste e degli artisti inclusi. In questi interminabili mesi passati di fronte a uno schermo mi sono chiesta più volte quale fosse la responsabilità dell’Esposizione Internazionale d’Arte in questo momento storico e la risposta più semplice e sincera che mi sono riuscita a dare è che la Biennale assomiglia a tutto ciò di cui ci siamo dolorosamente privati in questi ultimi due anni: la libertà di incontrarsi con persone da tutto il mondo, la possibilità di viaggiare, la gioia di stare insieme, la pratica della differenza, della traduzione, dell’incomprensione e quella della comunione. Il latte dei sogni non è una mostra sulla pandemia ma registra inevitabilmente le convulsioni dei nostri tempi. In questi momenti, come insegna la storia della Biennale di Venezia, l’arte e gli artisti ci aiutano a immaginare nuove forme di coesistenza e nuove, infinite possibilità di trasformazione. (PP)