Intervista alla dott.ssa Barbara Sardella
La didattica a distanza (DAD) da quasi un anno è diventata la condizione “normale” della vita scolastica degli studenti delle superiori. Per avere un quadro della situazione provinciale è stata intervistata la dott.ssa Barbara Sardella, dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Treviso.
Questa intervista di fatto rappresenta il primo post per radiografare la vita e la vitalità di questa “novità” educativa e intende aprirsi alle realtà scolastiche per conoscere da vicino le esperienze più significative, svolte autonomamente.
Il confronto tra le varie realtà territoriali potrà rivelarsi proficuo per animare un dibattito tutto volto e teso a favorire la crescita dei giovani ossia il futuro della nostra società, in questa fase delicata dello sviluppo del Paese.
Questo nuovo blog, comunque, intende far conoscere anche le attività culturali del nostro territorio, costrette anche loro a mettere in atto le proprie attività specifiche tramite il web.
– Pietro Panzarino –
Quanti sono gli studenti delle superiori trevigiane?
Nell’A.S. 2020/21 gli iscritti alle scuole secondarie di II grado della provincia di Treviso, tra scuole statali e paritarie, sono circa 43.000. Con questi numeri, Treviso rappresenta la seconda provincia del Veneto, dopo Vicenza, per numero di studenti nelle scuole superiori.
Gli esperti confermano che nella scuola, generalmente, non ci sono trasmissioni di coronanavirus. Invece i problemi nascono dalla insufficienza dei trasporti. A livello nazionale è stato confermato che sarebbero state le Prefetture a coordinare le iniziative per favorire il trasporto verso le scuole. Quale è la situazione da questo punto di vista nella provincia di Treviso?
Da alcune osservazioni parrebbe che il livello di contagio all’interno dell’istituzione scolastica è molto residuale. I casi di studenti positivi, almeno in questa provincia, non sarebbero da attribuire a situazioni di contagio tra studenti, ma riguarderebbero contagi avvenuti al di fuori delle mura scolastiche. In diverse classi, in cui è stato rilevato il caso di alunno positivo, raramente si è verificata una propagazione all’interno della classe. Questo perché fin da subito le scuole hanno attuato il massimo rigore nel rispetto delle normative sulla sicurezza, essendo presente un importante e continuo sistema di vigilanza sia nei confronti del personale che degli studenti. La riduzione degli alunni per classe, la sospensione delle attività a rischio, l’uso della mascherina anche in posizione statica hanno permesso di continuare a fare attività didattica in presenza nelle scuole del primo ciclo senza che ciò avesse comportato un aumento dei contagi.
Certo il problema dei trasporti si è posto perché a seguito della riduzione della capienza dei mezzi pubblici al 50%, il numero dei bus non era sufficiente ad ospitare la totalità degli studenti. Oggi, grazie a specifici finanziamenti, le ditte di trasporto sono in condizione di reperire mezzi ulteriori da ditte private al fine di potenziare le corse. Rimane comunque il problema del distanziamento alle fermate degli autobus che va risolto, anche in base a quanto stabilito nel documento della prefettura, con l’impiego da parte dell’azienda di trasporti di un congruo numero di addetti a terra, con il compito di disciplinare l’accesso degli studenti ai mezzi al fine di evitare assembramenti.
In particolare nella provincia di Treviso, in base a quanto previsto dal D.P.C.M. del 3 dicembre 2021, è stato emanato un “Documento operativo per raccordo tra orari, attività didattiche e orari servizio trasporto pubblico locale” che prevedeva, per il rientro dalle vacanze natalizie, il rientro al 75% degli studenti in presenza con alcuni adattamenti, per un breve periodo, in alcune zone della provincia, dell’orario di entrata.
Tuttavia, com’è noto a tutti, a seguito della impennata dei contagi, un’ Ordinanza regionale ha previsto la prosecuzione della DAD fino al 31 gennaio 2021.
Attualmente, dunque, gli studenti delle scuole secondarie di II grado continuano a seguire le lezioni a distanza, in attesa di un ritorno tra i banchi di scuola.
Come viene vissuta dai docenti l’attività scolastica della didattica a distanza? C’è qualche indagine effettuata sul tema nella provincia di Treviso?
Non è possibile negare che, a seguito dell’immane emergenza che ha coinvolto non solo il nostro Paese ma il mondo intero, la soluzione della DAD ha consentito di salvare un intero anno scolastico passato e forse anche quello in corso. Essa ha consentito al nostro sistema di istruzione di continuare ad esercitare la sua funzione didattica-educativa, e in questo un grande merito va riconosciuto ai docenti che, da un giorno all’altro, hanno dovuto adattare una metodologia didattica propria delle lezioni in presenza basata su interazioni dirette e su una collaudata organizzazione e gestione della classe e delle dinamiche tipiche della stessa, ad una realtà di didattica virtuale mai o poco sperimentata nella maggior parte delle scuole, attraverso l’utilizzo di piattaforme sconosciute e spesso in assenza di un’adeguata competenza tecnologica. A ciò si aggiunga anche l’iniziale mancanza di una seppur minima regolamentazione, poi sopperita con la stipula di un Contratto Nazionale Integrativo contenente le modalità e i criteri sulla cui base erogare didattica a distanza; l’incertezza su se e come valutare le attività svolte, su se e come svolgere le interrogazioni e le prove scritte. Certo, qualcosa è cambiato da marzo del 2020 ad oggi: è intervenuta la regolamentazione della DAD, le scuole si sono dotate di un regolamento volto a disciplinare il comportamento degli alunni. Anche l’uso della piattaforma è divenuto più familiare e un pò più spontaneo il rapporto con gli studenti, anche se mediato da uno schermo. La DAD ha richiesto ai docenti il doppio dello sforzo, spesso accompagnato dalla frustrazione di non aver raggiunto il risultato sperato: trovarsi di fronte a 20/25 ragazzi spesso silenziosi, con le difficoltà proprie di una comunicazione tra persone distanti, e la difficoltà ad avviare una attività dinamica e coinvolgente. Spesso e volentieri diversi minuti ad ogni inizio di lezione è stato dedicato ad invitare i ragazzi a tenere un comportamento corretto (non spegnere le telecamere, far presente ai ragazzi l’importanza di presentarsi in maniera decorosa a lezione (non in pigiama o con letto disfatto alle spalle o mentre si sta facendo colazione).
Ma ciò che è stato più difficile e che ha richiesto più impegno, è stato mettere in campo quelle che sono due competenze richieste alla funzione docente: quella relazionale e quella motivazionale. Motivazionale in quanto per riuscire a mantenere alti sia l’attenzione che l’interesse per più ore davanti ad uno schermo, occorre trovare necessariamente delle strategie nuove e attrattive; relazionale perché la relazione che poi sviluppa empatia richiede soprattutto contatto, gestualità, sguardi che è difficile trasmettere se non impossibile attraverso uno schermo.
Come viene vissuta dagli studenti la DAD? C’è qualche indagine?
Qualche giorno fa si è conclusa un’ indagine tra i ragazzi della consulta provinciale riguardo a come stanno vivendo la loro esperienza in DAD.
Per quanto il campione di studenti sia limitato, ne è uscito un quadro molto interessante soprattutto perchè ci dà il punto di vista dei ragazzi e costituisce uno spunto di riflessione.
I ragazzi hanno dichiarato che rimangono connessi giornalmente dalle 6 alle 8 ore al computer tenendo anche conto del tempo dedicato ai compiti e alle attività asincrone. Molto interessante è la loro percezione dell’ efficacia delle lezioni che, secondo la maggior parte di essi, hanno permesso di accrescere le loro conoscenze e competenze. Tuttavia non ritengono che la DAD possa sostituire la didattica tradizionale se non per situazioni emergenziali o per lo svolgimento di alcune attività.
Hanno anche messo in luce sia gli aspetti positivi che gli aspetti negativi della DAD.
Molto infatti ritengono che la DAD abbia consentito loro di migliorare e aumentare le competenze informatiche; abbia consentito di ottimizzare i tempi di lavoro (evitando soprattutto il tempo destinato al viaggio per recarsi a scuola; oltre alla maggiore autonomia e indipendenza nell’approfondire gli argomenti di studio e dunque una maggiore responsabilizzazione. E’ venuta però anche fuori una DAD più discriminante per gli studenti più fragili. L’80% circa di essi ha dichiarato di essersi accorto del disagio che stanno vivendo alcuni compagni, in particolare problemi legati a depressione e ansia, tristezza e scarsa partecipazione alle lezioni. Questo disagio viene avvertito per quei ragazzi per i quali questa modalità non si adatta ai loro ritmi e ai loro tempi di apprendimento, suscitando ansia e frustrazione oltre a comportare demotivazione e assenza frequente dalle lezioni. Una risposta in particolare ha attratto la mia attenzione ed è quella che esprime la paura del crescente individualismo determinato della mancanza del contatto umano, la mancanza di empatia e di disponibilità ad aiutare gli altri.
Dopo un anno di esperienza con la DAD, questa metodologia può essere valorizzata e utilizzata anche in seguito, quando terminerà la pandemia?
Se una cosa abbiamo imparato da questa esperienza è che non c’è crescita umana, sociale e culturale di un paese senza la Scuola. E’ vero: i docenti, con grande fatica, hanno continuato a svolgere le lezioni, hanno mantenuto un contatto con i propri studenti, e questo ha fatto sì che si continuasse a fare lezione.
Ma quando parliamo di scuola non ci si riferisce solo ad un luogo deputato alla sterile trasmissione di nozioni o informazioni, ma, in quanto comunità educante, è il luogo in cui per la prima volta i bambini passano dall’appartenere da una stretta aggregazione sociale costituita dai membri della propria famiglia, a far parte in maniera stabile di una comunità più grande, fatta di regole, di rapporti sociali, dove l’individualità impara a stemperarsi con le necessità di una collettività, con le esigenze del gruppo sociale, imparando il rispetto dei ruoli di ognuno, la condivisione, il senso di appartenenza, l’aiuto reciproco. In poche parole la Scuola contribuisce alla crescita di ogni studente, alla sua maturazione, all’acquisizione della consapevolezza del sé e dell’altro. Dall’inizio di questa pandemia, l’isolamento forzato nelle proprie case, ha aumentato i casi di depressione negli adolescenti, così come i casi di autolesionismo e gli stati ansiosi. Ciò anche perché la scuola per diversi ragazzi rappresenta il luogo dove evadere da situazioni familiari spesso pesanti e di deprivazione sociale e culturale.
Partendo dunque dal presupposto che la didattica in presenza è insostituibile, è anche vero che non si può più pensare ad una scuola futuristica senza il digitale. La pratica legata alla didattica digitale ha velocizzato l’utilizzo delle TIC. Ma per rendere il digitale più fruibile nell’ambito scolastico è assolutamente imprescindibile avviare un processo di formazione seria del personale scolastico. Durante questi mesi i docenti hanno operato avvalendosi delle loro conoscenze e competenze informatiche che vanno bene per una situazione di emergenza, ma già adesso richiedono di essere approfondite, implementate, arricchite. Solo partendo da una formazione seria e adeguata si può pensare di trarre il meglio da questa esperienza. Formazione che dovrà riguardare non solo le competenze strettamente tecnologiche, ma anche nuovi metodi di trasmissione delle conoscenze attraverso il digitale che non possono essere la mera riproduzione delle metodologie tipiche della didattica in presenza.
La DAD in tante situazioni e nei confronti di ragazzi fragili ha acuito il senso di solitudine. Per altri, invece, è stato utile per uscire dalla loro timidezza, mettendoli in condizione di esprimersi più liberamente. Quindi da questo punto di vista il digitale potrebbe essere un utile strumento per la personalizzazione dei percorsi di apprendimento, per la costruzione di nuovi ambienti di apprendimento, per l’adozione di strategie didattiche che per alcuni studenti possono meglio favorire l’apprendimento. Certo è una strada tutta da sperimentare.
Fino a quando rimarranno chiuse le scuole superiori nel Veneto? La decisione è stata presa dal Governo o dalla Regione?
A seguito dell’Ordinanza del presidente della Regione Veneto, le scuole, per motivi sanitari, rimarranno chiuse fino a fine gennaio. Se tutto andrà bene, il primo febbraio gli studenti rientreranno in presenza. Naturalmente non ci sarà il ritorno in classe da subito per il 100% degli studenti, ma una ripresa graduale delle lezioni in presenza, con una partenza al 50% .
La consulta degli studenti finora è stata coinvolta nel dibattito provinciale?
In realtà non c’è stato un pieno coinvolgimento, anche perché la costituzione dei tavoli provinciali è stata definita da un DPCM. Sicuramente è auspicabile una maggiore partecipazione, soprattutto quando si tratta di fare scelte che li riguardano direttamente, se non altro per dar loro la possibilità di sperimentare quello che si insegna nella scuola: la partecipazione democratica e la cittadinanza attiva.
DaD, un’abbreviazione che mi fa sorridere… In inglese vuol dire papà e a me, durante il primo, traumatico lock down, ha sicuramente aiutato ad essere un padre migliore. La didattica a distanza è un atto di eroismo, con dirigenti, professori e studenti che danno prova di resilienza pura. La Dad, con i suoi pregi e difetti (non ultima l’enfatizzazione di una diseguaglianza sociale troppo spesso narcotizzata). Un sistema imperfetto che comunque ci aiuterà a navigare verso un porto sicuro… Ce la faremo, anche questa volta!
Interessante l’intervista, ma qualche riflessione mette in evidenza i ritardi pesanti dell’azione pubblica.
Gli studenti hanno organizzato una giornata di astensione dalle lezioni, loro lo chiamano sciopero, perché non hanno visto soluzioni agli annosi problemi scolastici. Certamente è impossibile realizzare …la scuola perfetta, ma uno scarso interesse per il settore mi sembra evidente. Insegnanti che non vogliono tornare a scuola, banchi a rotelle ( che bella invenzione! forse per organizzare i “ludi studenteschi”?) non ancora sistemati dopo nove mesi, trasporti ancora da organizzare, didattica non modificata per bambini costretti a non muoversi per ore dal tablet, quanti problemi! Tutti li abbiamo immaginato, ma proposte e soluzioni, secondo la mia esperienza, seguo quattro nipoti, scarse.
Continuiamo con le belle intenzioni, con cui sono lastricate le vie dell’inferno, ma la scuola resta la cenerentola della nostra società. C’è bisogno di persone autorevoli che sappiano essere…impopolari! Merce rara nel nostro panorama politico.
Ottimo contenuto.