5 euro di ricarica
Aziz (il nome è fittizio; il fatto è vero) è un ragazzo marocchino, di 25 anni, che ho conosciuto (sarebbe meglio dire: visto una sola volta) l’estate dello scorso anno.
Stavo seduta fuori di una gelateria con un cono in mano e Aziz era in piedi, poco distante. Poiché gli unici avventori della gelateria eravamo noi due, a un certo punto, ci siamo guardati. Io, con i miei pantaloni neri, la maglietta nera, gli occhiali scuri, l’aria perennemente-forse-casualmente-distratta; lui con dei calzoni molto macchiati (dovevano essere belli sudici perché li notassi) e una t-shirt messa ancora peggio.
Faceva caldissimo, ma Aziz – a un certo punto – ha indossato una felpa (pulita) e l’ha allungata sui pantaloni, come se volesse nasconderli. Ho notato il gesto e gli ho detto che faceva troppo caldo per mettersi una felpa; gli ho detto che forse avrebbe dovuto toglierla. Non era un invito, il mio. Era una constatazione: la felpa l’avrebbe fatto bollire.
Aziz, allora, si è avvicinato e mi ha sorriso. Aveva il sorriso di chi ha procrastinato troppo a lungo l’appuntamento col dentista o di chi il dentista proprio non può permetterselo. Mi ha detto – in un italiano stentato ma accurato – che aveva caldo ma che si vergognava per la sua maglietta sporca e i pantaloni sudici.
Se pensate che il dialogo sia iniziato all’insegna della sporcizia, vi sbagliate. E’ iniziato all’insegna del pudore. Aziz temeva di non poter guardarmi nè parlare con me perché i suoi vestiti erano troppo sporchi. Ed erano troppo sporchi perché aveva lavorato otto ore in una segheria, perché non si era portato il cambio e stava lì vicino alla gelateria ad aspettare il fratello, con cui viveva, che lo avrebbe portato a casa dove si sarebbe fatto un bagno e cambiato, finalmente.
Ho lasciato ad Aziz il mio biglietto da visita. Quel ragazzo mi faceva tenerezza e mi ispirava simpatia. Da quell’incontro (è passato un anno e mezzo) non ho più visto Aziz. Qualche volta però mi ha fatto uno squillo, come fanno i ragazzi, come per dirti "ehi, ci sono! ci sono anch’io! ti ricordi di me?". Qualche volta mi ha mandato un messaggio che diceva "ciao, come stai?". Un paio di volte l’ho chiamato io per chiedergli delle informazioni sul calendario islamico. Tutto qui.
Ieri però Aziz mi ha inviato uno strano sms: "Mi puoi chiamare adezzo?". Io l’ho chiamato. E ho saputo che aveva trovato lavoro come boscaiolo in una località vicino a Vicenza ma che il suo numero Omnitel lì non "ciapava" (ha detto proprio così: "Al numero qua nol ciapa" e che invece il suo numero Tim prendeva ma lui in quello non aveva soldi ma avrebbe dovuto parlare col fratello o col papà e far sapere loro che stava bene. Mi ha chiesto se potevo fargli una ricarica da 5 euro, che poi me l’avrebbe pagata. E me l’ha chiesto con lo stesso pudore che mostrava quando aveva indossato la felpa sulla maglietta sporca, nonostante il caldo.
Naturalmente gli ho detto sì. Oggi ho fatto la ricarica ad Aziz. E pensavo che questo ragazzino dai denti un po’ così (non c’è nessuno che glieli "ricarichi"?) ha la stessa età del ragazzo marocchino accusato di aver violentato, a Vittorio Veneto, la ragazzina sorda. Ho pensato che ora gran parte della comunità punterà il dito indice, con l’artiglio più o meno accusatorio, contro ogni ragazzo marocchino. E a farne le spese sarà Aziz, o Khalid o Jibril…o gli altri ragazzi marocchini che qui lavorano e faticano e pregano. E sì: si sporcano calzoni e t-shirt e di questo si vergognano pure.