25 aprile, ed è divagazione
Domani è il 25 aprile.
Temo non sia uno scoop. Pazienza.
Il 25 aprile è comunque una data storica. E' l'anniversario della liberazione dal nazifascismo. Una data che nel nostro paese demarca un confine/fine tra la dittatura e l'aspirazione a una libertà che ci siamo guadagnati a caro sangue, e di cui a volte ignoriamo il valore.
Il 25 aprile – ce lo ricorda il governatore Zaia in un comunicato stampa appena diffuso – è anche una festività religiosa. Cara – è convinto Zaia – soprattutto al popolo veneto.
“Nel giorno del Santo Patrono di Venezia e della nostra regione – annuncia Zaia – rivolgo il mio auguro a tutti i veneti nella speranza che, nel nome di San Marco Evangelista e della Serenissima, la nostra regione possa ritrovare presto la strada per lo sviluppo, il lavoro e il benessere coniugati con la sicurezza sociale e l'attenzione incessante ai più deboli”.
Zaia dice pure altre cose: “Noi siamo gli eredi di un patrimonio storico e di valori. Non soltanto dei valori della cristianità, della tolleranza e dell'accoglienza, patrimonio inscalfibile del popolo veneto, ma della difesa strenua di questi valori contro chi vuole capovolgerli in nome di un relativismo culturale che non ci appartiene e che non appartenne alla Serenissima Repubblica".
Come un novello crociato, il serenissimo presidente difende a spada-parola tratta la religione e il valore dell'accoglienza (che – a pensarci nemmeno tanto – stride un po' con gli slogan fermiamo-l'invasione del suo partito preso), e alla fine si rivolge alle donne venete regalando loro idealmente quel "bocolo di rosa" che è parte botanico/folcloristica della tradizione goldoniana-lagunare.
Il 25 aprile, per me, è una data triste. Un anno fa, proprio in questo giorno di festa, mia mamma Margherita ha chiuso gli occhi per sempre. E sembra così strano che sia passato tanto tempo da quando i suoi occhi verdi hanno smesso di guardarmi. E scrutarmi. E capirmi fino in fondo.
Gli anniversari, come dice Zaia, ricordano dei valori. Per me il 25 aprile ha il valore di un amore perduto. Ha il valore di un'assenza, ammesso che l'assenza diventi un valore.
Mia mamma Margherita viveva a Milano il 25 aprile. La sua "liberazione" era il ricordo di voci sbandierate e di una pace ritrovata tra le macerie di una dittatura combattuta anche nel cuore. Prima di chiudere gli occhi ha chiesto a mio papà se sul pennone dell'orto del vicino sventolasse quel vessillo che lei amava. E che no, non era un leone alato, ma una bandiera simbolo di un'unità vera.