Voglio la luna (rossa)
Volevo la luna
Il titolo dell'ultimo libro di Pietro Ingrao è Volevo la luna.
Che coincidenze, vero? Stanotte – verso le 5, quindi (a dire il vero) in una porzione-di-notte-all'alba – la luna (pure quella Ingrao) è diventata rossa. Si è vergognata da pazzi.
Una reazione che mica aveva tutti i torti.
La luna – secondo gli astronomi – è diventata rossa perché colpita-offuscata-ombreggiata dalla Terra nel punto/momento in cui le stava più vicina. In realtà, io sono piuttosto convinta che l'unico satellite del nostro pianeta sia arrossito perché si è vergognato di noi. Dovremmo rifletterci.
Soprattutto in occasioni come questa: ieri la nostra Repubblica (lo scrivo maiuscolo perché il nome vale una lettera grande) ha perso uno dei suoi padri.
Un uomo che si sentiva dell'altro secolo (era nato allo scoppio della Grande Guerra) però aveva vissuto intensamente anche questo inizio corruptissum del nuovo millennio. E si era adeguato alle nuovo tecnologie aprendo un sito internet nel quale aveva postato alcuni versi di Brecht e un commento:
Il mondo è cambiato, ma il tempo delle rivolte non è sopito: rinasce ogni giorno sotto nuove forme. Decidi tu quanto lasciarti interrogare dalle rivolte e dalle passioni del mio tempo, quanto vorrai accantonare, quanto portare con te nel futuro.
La luna magari non se n'è accorta. Ma, oltre alla (legittima) vergogna, ci sono altri sentimenti che non fanno arrossire: la riconoscenza, per esempio.
E chissà se la Santanché la pensa come me.