E ora, tutti a… letta
Fino a qualche ora fa c'era il letto, che – nella lingua italiana – è un nome comune di cosa maschile. Concreto, e più o meno comodo.
Da qualche ora – nella repubblica italiana – c'è Letta. Che è (anche) un nome proprio (anzi un cognome) destinato a stare (vedremo per quanto) su una poltrona piuttosto scomoda.
L'esordio infelice di questo post, mi serviva a introdurre il tema "errori".
Quanti ne facciamo nella vita? Inutile contarli. Anche perché – nel computo – lasceremmo da parte quelli che non ammetteremo di aver fatto neppure di fronte all'evidenza. O quelli così veniali, che no, non vale la pena prenderli in considerazione.
Due giorni fa, una ragazzina cinese, scrivendo una bella lettera alla Terra (il 22 aprile era Giornata dedicata al nostro pianeta), ha ricordato che la Terra è splendida in ogni stagione e in ogni latitudine. Che è bello il prato a primavera, il mare d'estate e la montagna, soprattutto quando arriva in cima alla tetta.
L'errore era veniale, perché spesso i bravissimi ragazzini cinesi residenti in Italia pasticciano coi generi, trasfomando il maschile in femminile e viceversa. La parola "tetta", riferita alla cima della montagna ricordava per assonanza, nel significante, la parola vetta, ma anche il tetto del mondo e quindi era accettabile. E involontariamente divertente.
Divertentissimo (e per quanto mi riguarda accettabilissimo) è stato anche l'errore che un deputato della destra farncese (Henri Guaino) ha commesso ieri durante la votazione a favore del matrimonio gay.
Guaino era talmente incazzato per l'eventualità che la Francia approvasse il matrimonio tra omosessuali che, quando è stato il momento di promuovere o bocciare la legge, non ci ha visto più: ha schiacciato il pulsante sbagliato e ha votato a favore dell'unione che tanto osteggiava. Stesso errore, a quanto pare, hanno commesso altri tre parlamentari di destra: Luc Chatel, Alain Chretien e Marianne Duboi.
E poi, tanto per non tirarla per le l'unghe (come scriverebbe qualche studente italiano), anche Letta, appena accucciatosi sulla poltrona di cui si diceva, ha commesso un errore: ha detto che di aver ricevuto l'incarico di presidente del consiglio dal…presidente del consiglio.
Della serie: errare politicum est.