2012, odissea nella casseruola
Smack! thwok! tsk! tic tic tic!
Le chiamiamo onomatopee, e già basterebbero a comunicare. Basterebbero a stappare l’anno nuovo e a farlo gocciolare fuori. Il fatto è che noi vogliamo le didascalie. Mica ci accontentiamo dei suoni per riprodurre eventi, emozioni, sensazioni, fasi e stasi, accelerate e frenate della nostra vita. Noi vogliamo che i commenti sbrodolino la sostanza, diluiscano l’essenza.
Smack! Vi siete baciati all’alba del 2012? Certo che sì: sono sicura che avete sfiorato con la guancia altre guance mentre il calendario girava pagina. Be’: porgere la guancia non è esattamente baciarsi, ma – insomma – facciamo che in tempi-da-copertina- sia buono anche il gesto.
Thwok! Poi avete sbattuto il calice (o il bicchiere di plastica, nel mio caso) contro un altro calice o bicchiere di plastica, schizzando un po’ di liquido nell’aria. E a terra. Tsk! Bella roba: la forza di gravità mica conosce diagrammi temporali: se ne sta lì – sul cuor della Terra – il 3 maggio cme il 31 dicembre e se ne fa un baffo dei nostri brindisi…all’aria.
Per cui, alla fine della festa, tic tic tic, eccomi di nuovo qui a battere pensieri e parole (commenti e idiozie nella fattispecie) sulla mia tastiera.
Prima di aprire un nuovo post, ho curiosato nei post degli altri. Ho dato un’occhiata a un mazzetto di blog. Si intitolavano tutti "Propositi per il 2012". Ero tentata di copiare. Solo che poi (il poi è durato venti secondi) ho realizzato che non avevo dei propositi per il 2012. Sapete: le feste, il panettone, la visita di quell’amico che vedi solo una volta all’anno…, insomma: non ho avuto tempo per stendere un piano-particolareggiato di buoni propositi e così. Così: ho cucinato il minestrone.
Non ho comperato cipolle, carote, aglio, fagioli, cime di rapa, sedano. No: ho aperto una busta di minestrone da cuocere e l’ho messo in una casseruola. L’etichetta sulla busta diceva: tempo di cottura: 60 minuti.
Ci ho creduto. Se anche l’etichetta del minestrone imbroglia – ho pensato – siamo alla frutta. Che non è proprio un minestrone.
Bene: per farvela (più) breve (del tempo di cottura): anche l’etchetta del minestrone imbroglia.
Dopo due ore di sobollio (ho il timore che la parola non esista: fatene un neologismo), il minestrone ai legumi e farro era ancora crudo. Crudo al punto che mia figlia Stefy ha travasato l’intruglio in una pentola a pressione e ha riacceso il gas.
– Così si fa, mamma.
Le parole non le ha proprio pronunziate, ma il suo sguardo era fortemente onomatopeico, quindi fidatevi.
La pentola ha emesso i suoi gas, il suo vaporacqueo. Il minestrone ha bollito e sobollito alla grande. E quando finalmente il coperchio della pentola a pressione è stato tolto ho pensato che il minestrone fosse stracotto.
Errore.
Era ancora duretto/immangiabile o giù di lì.
Ora. Ora io non se se il tempo di cottura del minestrone possa avere un qualche valore metaforico, non so se sto invadendo un campo che ha poco a che fare con i legumi. So solo che il minestrone d’inizio anno è ancora alla ricerca del suo grado ideale di cottura. So che un’ora fa ia Stefy e Umby abbiamo mangiato pane e salame (cottura: zero) e una terrina/cruditè di valeriana e radicchio trevigiano.
Che i buoni propositi richiedano un tempo di cottura indeterminato – a questo punto – è certo. Ed è anche certo che l’indeterminatezza non riempie la pancia. Perciò godiamoci quello che abbiamo. Saziamoci e via.
Buon anno a tutti!