Quel gran figo di Gandy. Con la ypsilon
C’era una volta Ghandi. Il mahatma, la "grande anima", a cui dobbiamo un’impagabile lezione di civiltà, umanità, ricchezza vera.
C’è oggi Gandy, supermodello britannico a cui dobbiamo la campagna pubblicitaria di Dolce & Gabbana.
Ieri il centro di Milano è andato in tilt. Una fila serpentinosa di ragazze e ragazzi hanno bloccato il traffico della capitale lombarda perché alla Rinascente era previsto l’arrivo di David Gandy, un figaccione (altezza 1.88, torace 97, girovita 81, piede 44: le misure le ha prese Wikipedia), che ha il potere di attirare le folle vocianti, di imbottigliarle tra via Montenapoleone, e tra la Galleria e la Scala; di spalmarle sulla Piazza del Dom come se fossero un filetto di salmone affumicato.
Su Fb e sul web la presenza di Gandy, l’anima in boxer di Dolce & Gabbana, ha suscitato urletti e passaparola da fanatici allo stadio (estremo). Uh! uh! uh! arriva Gandy ed è subito sbornia. Collettiva.
Ora: nemmeno io, a cui la figaggine maschile patinata interessa come la riproduzione agamica delle amebe, sono rimasta indefferente al tam-tam. Sono andata a vedermi un paio di immagini del supermodello. Che ovviamente non mi ha detto una mazza. D’accordo: è tirato. D’accordo: ha dei pettoralini alla David di Michelangelo. D’accordo: non ha un filo di panza e le braghette dolcette&gabanette che i due stilisti gli hanno messo sopra il pisello sembrano confezionare un dolce pasticcino. D’accordo: sfila sulle passerelle con eleganza moltopiùchemezzanuda anziché girare col toni sporco di grasso dietro una delle catene di montaggio della povera Fiat. D’accordo: ma oltre alle quisquillie di cui sopra, questo Gandy che cosa trasmette?
L’unica, ma proprio l’unica preziosità che ci trovo è l’assonanza tra il suo nome e quello di Ghandi. E parlo del filosofo, del politico, dell’avvocato, del saggio, dell’eroe indiano. Quello che si vestiva di tela fatta in casa, quello che mangiava l’essenziale per rispetto di tutta la natura, quello che esibiva l’anima non il corpo, quello che metteva verità e nonviolenza in cima alla lista dove il successo mediatico non c’azzeccava una mazza. Parlo di quel Ghandi che c’era una volta. Nella Rinascita di un paese grande come l’India, non nella Rinascente di Milano.