Giornata strana
Mai avuto una giornata strana?
Io di giornate strane ne ho a centinaia. Centinaia in un anno, voglio dire. Migliaia in una vita.
Io ho giornate stranissime. Giornate in cui non mi succede niente. Apparentemente. Giornate in cui mi sveglio e non è mattina: giornate in cui magari mi sveglio con un’ora di anticipo perché, ridestata dal sonno, do un’occhiata senza occhiali alla sveglia, presumo che l’alba si appropinqui e mi dico: daI! diamoci una mossa! Mi lavo la faccia, mi vesto e via. Guadagno l’alba…Per verificare – qualche istante dopo – di aver letto l’ora sbagliata. Di essermi alzata alle cinque e mezza anziché alle sei e rotte e di aver iniziato la giornata prima del previsto.
Io ho giornate che sembrano stelle. E giornate costellazioni. E giornate aquiloni. O arcobaleni. Ho giornate che hanno i colori del mondo. Dall’indaco al grigio pulce perisana. Ho giornate in cui penso e peso il mio valore. Ho giornate-bilancia.
Ho giornate fumose. Giornate che passano di corsa. Giornate che sembrano riprese da un cameraman inesperto. Giornate-scia. Giornate sciame. Giornate ronzanti. E che non dicono nulla.
Ho giornate che passano oltre la finestra. E che si fermano proprio qui. Vengono a bere un tè. Ma si defilano presto. Salutano e vanno. Scompaiono. Lasciano la mano. Chiudono il cerchio. Ho giornate servite. Giornate assenti.
Presenti, ma a modo loro.
E ho giornate strane.
Estranee. Non traducibili. Giornate che si fiondano nella mia/ nostra quotidianità e che non chiedono di essere accolte tradotte legittimate classificate. Non chiedono nulla. Ho giornate che bussano. E aspettano. E che magari t’invitano a essere quello che non sei.
Perché, alla fine, chi sei?