Ho fatto il pieno
– Il pieno?
– Massì, dai.
– Perché non scrivi sul tuo blog il segreto per mantenersi così in forma?
(Se non fosse che il mio benzinaio è molto più giovane di me e che mi tratta sorridendo perché sa che la mia auto è una sua cliente affezionata, penserei che ci sta provando. Con me, non con la mia auto).
– A dire il vero, ho l’impressione che il mio blog ultimamente si sia opacizzato. Abbia messo il broncio. Si sia ingrigito come questo cielo.
– Ma tu sei un’artista. Hai diritto a dei momenti no. Come ogni artista devi attendere l’ispirazione. Sono 51 (euro).
Il dialogo di un venditore di carburante (Marco, il mio benzinaio) e di un passeggere (io) è quasi un’operetta (im)morale. Ha un sentore vagamente leopardiano, un afrore decisamente diesel.
In fondo ogni dialogo quotidiano potrebbe essere letto in funzione "aforismatica" (messa così, la questione pare patologica); o in funzione metaforica. Voglio dire: Marco, il benzinaio, è lì col coso, cioè col pistolone del distributore ficcato dentro l’asola della mia Punto e mentre spruzza il il seme del carburante nell’utero metallico della mia chiocciolina rombante, mi parla d’arte, di ispirazione, di segreti, di forma.
E io, lì per lì (devo ricordare il numero del bancomat che ogni tanto mi viene l’amnesia da codice segreto), non colgo la portata escatologica delle sue parole. E mi limito ad annuire, a sorridere (sono lusingata che ci stia quasi provando: con me, non con la mia auto) e a promettergli che cercherò – tra i meandri della mia recente impermeabilità alle faccende-del-mondo – un puntello di ispirazione che potrebbe anche coincidere con il momento in questione.
Però, se ci pensate, è vero che ogni parola gettata quotidianamente nello stagno della consuetudine esistenziale può generare concentriche riflessioni. La mia, per esempio, scaturita dal dialogo di cui sopra ha una valenza sostanziale: visto che il pieno di benzina mi costa 51 euro alla pacca, che praticamente con l’auto mi muovo solo in città, che sono pigra peggio di un bradipo e flaccida come il soufflè all’arancio tarocco, perché invece di usare l’auto-che-inquina-pure-per-i-miei-modesti spostamenti non vado a piedi?
Su questo interrogativo amletico-come-no, passo e chiudo (devo andare a fare la spesa alla Coop e mica posso tornare a casa a piedi con le borse colme, no? rischierei di tonificare troppo i bicipiti).