Ciao Tiger (Woods)
Ciao Tiger.
Prima saluto gli amici, poi scrivo.
Tiger (cognome: Woods; segni particolari: strafigo e nero di pelle (sia mai che uso i sinonimi di un certo Papi), nonché il più pagato giocatore di golf della storia del golf) mi guarda. E lo devo salutare per forza. No (mi rivolgo in particolare a Monica, Serena, Paola, Wanda, Claudia, Debora etc): non è che Tiger si sia preso la cianfrusaglia di venire a trovarmi a casa (ho il sospetto che nessuno l’abbia informato della mia presenza sulla traballante crosticina terrestre)…è che mi guarda dalla copertina di un vecchio Vanity Fair che non sono ancora riuscita a buttare…E così, quando lo vedo, lo saluto. Penso gli faccia piacere. Mi pare che abbozzi persino un sorriso, o una specie di bacio. Cough cough (la solita tosse).
Sì: probabilmente sto dando di botto. Ma il motivo (al solito) c’è.
Siamo a sabato? sono le sette della sera? il cielo si è oscurato quel tanto che basta a essere tempestato dalle luci artificiali delle case dei lampioni dei fari delle auto? abbiamo esaurito tutte le energie residue con cui ci eravamo parzialmente ricaricati lo scorso weekend quando siamo stati solo al corso di arabo, al cinema, all’inaugurazione della mostra fotografica, a salutare mamma, a telefonare a Fiorenza che è caduta dalla sedia e si è rotta il femore? abbiamo incontrato una ventina di persone, abbozzato progetti per i prossimi due mesi, letto le ultime strapessime notizie, messo lo smalto rinforzante alle unghie delle mani senza togliere le cuticole che chi se ne frega se ci sono e acceso gli incensi all’assenzio? abbiamo risposto a 200 mail e letto pure i commenti di willly? abbiamo spiegato a nostro figlio che il bicchiere che ha appena rotto è frutto della sua imbranitudine maldestra e non del fatto che – come asserisce lui – noi l’abbiamo poggiato sul bordo del tavolo?
Ecco: siamo in questo frangente di flutti esistenziale? abbiamo qualcosa di più fondamentale di un "uffa che stress" da trasmettere al mondo d’intorno? no. E allora! chiudiamo questo post. Pettiniamoci un po’ che sembriamo la Medusa con una serpe per capello e andiamo a letto a stratacannarci Philip Roth, pur sapendo che il suo romanzo L’inganno (letto oltre la linea di demarcazione della metà pagine) è una palla mostruosa e che avrebbe dovuto essere cestinato all’origine.
Ciao Tiger. E non guardarmi con quella faccia.