Francesca & Hachiko
1° sms. – Cinema alle 17.15?
2° sms. – Sì. Ci vediamo là.
160 caratteri possono bastare, a darsi un appuntamento. Non a gestire una programmazione. E così Francesca (il sms n° 2 era il suo), alle 17, in coda alla cassa del Multisala Verdi, colpita da un dubbio a ciel sereno-si-fa-per-dire, mi manda un nuovo messaggio:
3° sms. – Vediamo Il Riccio, vero?
4° sms. – Nooooooooo!
Segue telefonata (mia), a cui Francesca risponde più o meno (uso il discorso indiretto così faccio prima) che non credeva…ma dai!… che io la volessi portare a vedere Hachiko con Richard Gere. La rassicuro che sì, che era proprio quello che intendevo fare perché avevo una gran voglia di piangere.
Ora, di fronte a un’intenzione così melò, voi come avreste reagito? pensateci su… trenta secondi…il tempo di raccontarvi come ha reagito Francesca.
Francesa ha chiuso la telefonata, si è rimessa in coda alla cassa, ha preso due biglietti per la sala 2 e ha aspettato, paziente (al solito), che io arrivassi all’appuntamento trafelata con i consueti due minuti di ritardo canonici che – se non faceva lei la fila alla cassa – hai voglia che ci vedevamo il film. Poi – in una conversazione che è un manuale di sintesi (in tre minuti al massimo, raggiungendo sala e posti numerati e salutando pure Elisa, ci siamo raccontate cosa abbiamo fatto negli ultimi 15 giorni) – Francesca ha aggiunto:
– Guarda che te l’ho portato.
– Ah! sì…cosa?
– Un pezzo del muro di Berlino. Sai che a Natale ci sono tornata…per la quarta volta…credo. E ti ricordi che quando ti ho detto che sarei partita mi hai chiesto di portarti un pezzetto di muro…be’: io te l’ho portato. Solo che non ce l’ho qui…perché sono uscita di corsa, ma domani te lo faccio avere.
Ora (i trenta secondi sono passati) non so come avreste reagito voi a quella sciocca dichiarazione d’intenti di cui sopra, ma Francesca mi ha portato un pezzetto di muro!
E se un’amica ti porta un pezzo di muro, ti ha portato le fondamenta. Di qualcosa che cresce per forza. E un pezzo di muro, in questo caso, non è qualcosa che divide, delimita, limita. E’ qualcosa che cementa, unisce, calcifica. Un’amicizia. Di quelle vere, di quelle storiche.
Per la cronaca, poi: Hacihiko era davvero un melò strappalacrimecopiose; in sala 2 , oltre alla colonna sonora di pianoforte e archi e singhiozzi (pure e io e Franci abbiamo contribuito, ovvio) c’è stato un gran sventagliare di kleenex; Richard Gere (scopabile al punto giusto, cioè all’infinito) è uscito di scena quando sono finiti i soldi per il suo cachet; la protagonista femminile era meno espressiva e affettuosa e sensuale del cane; la fotografia faceva pietas.
Ma Francesca mi ha dato un’emozione senza millimetri. E io glielo dico qui. Senza sapere nemmeno se mi leggerà.