Accidenti: le acciughe
Tonf Tonf Boink Sbam Ahhhhh!
A corto di onomotopeee?
Vi do il mio indirizzo.
A casa mia le onomatopee si sprecano. Come le acciughe.
Non più di dieci minuti fa (io ero al computer a cercare di scrivere qualcosa che bissasse il successo di Galileo Galiei sui massimi sistemi), mi è arrivato all’orecchio un concerto di suoni+rumori+voci strazianti.
Per 30 secondi (mettetevi nei miei panni…stavo bissando il successo di …vedi sopra) sono stata incerta se ignorare il sonoro che proveniva dalla cucina o – ebbene sì – fare la mamma e chiedere: Che è successo Ste? (in cucina, che risultasse a me, c’era mia figlia Stefania).
Ho fatto la mamma.
– Che è successo Ste?
La risposta, non replicabile integralmente, a causa della scarsa traducibilità in parole di senso compiuto, è stata (più o meno):
– Uff! Maaaadddaiiiii! noooooooo! Nooon è possibile!
Convinta di non dover perdere l’aplomb acquisito con anni e anni di esperienza-da-mamma ho sollecitato un risposta commestibile:
– E’ successo QUALCOSA?
Risposta.
– Sì (segue fila di i lunga come le ciglia al mascara Rubinstein di mia figlia). E’ successo che ho aperto la porta del frigorifero, ne è uscito un vasetto di alici o di acciughe-non-so-bene-la-differenza che non era nemmeno chiuso bene e ora alici e acciughe sono sparse sul pavimento della cucina e sulle mie babucce di velluto. Aaaaargh!
Di fronte all’urlo (non alla descrizione dei fatti, verosimile, non tragica), mi sono decisa ad alzarmi dalla sedia e fare una capatima sul luogo del disastro-didascalia.
Mia figlia Ste (chiome bionde sciolte su golfino grigio perla) era illumininata dalla luce del frigorifero (mica aveva chiuso la porta dopo il sinistro) e stava saltellando su una pozzanghera di olio alle alici/acciughe.
– Ma Ste! – ho urlato in preda a parossismo di comprensibile reazione – quelle che indossi non sono le tue babucce! sono le mie!
– Ah! già! meno male…Allora saranno le tue a puzzare di acciughe!
Il bello di avere in cucina una figlia con un talento drammaturgico è che, a volte, il lime (leggi: confine, non scorzetta di agrume esotico) tra la realtà e la fiction è… scivoloso. E un po’ unto.