Mal d’amore
Si dice che quando, nel 1774, Goethe pubblicò I dolori del giovane Werther (se non l’avete ancora letto, fatelo per favoreeee), il romanzo provocò una sequela di suicidi. Molti dei lettori romantici, emulando il protagonista del libro di Goethe, vollero mettere fine alla loro vita e alla passione devastante e inappagata che provavano per l’amata/o.
Quando Stefano Benni, nel 1981, pubblicò la raccolta di poesie "Prima o poi l’amore arriva" (se non l’avete ancora letta, provvedete), il volume – probabilmente – provocò (o evocò) un sorriso. "Scusami,/ho usato/ la nostra canzone/ per una nuova/ relazione" verseggia Benni nella "lirica" L’amore passa, composizione nella quale (al bando l’ipocrisia) tutti ci siamo specchiati, una volta o l’altra.
Ma se l’amore – dicono i sessuologi – è oggi inevitabilmente destinato a passare, a durare 2 o 3 anni al massimo; se l’amore è "una questione di cellule" ("Quando la freccia di Cupido colpisce al cuore si libera l’ossitocina, un’endorfina, che ha un meccanismo d’azione simile alle sostanze oppiacee e che condiziona le sensazioni regolando piacere e dolore) come spieghiamo un suicidio per amore, come quello che – purtoppo – oggi apre l’home page di OggiTreviso?
Non ce lo spieghiamo. E non perché lo troviamo inconcepibile (tutt’altro). Non ce lo spieghiamo perché sfugge ad ogni analisi psicologica, sessuologica, filosofica, relazionale, razionale. Non ce lo spieghiamo perché non è un teorema. Una dimostrazione. Non ce lo spieghiamo perché sarebbe inutile e inutilmente doloroso. Dobbiamo solo ricordare che una scelta così difficile rientra, da sempre, nei meccanismi dell’amore. Eros e Thanatos (amore e morte) per i greci (e per Freud) erano congiunti. Reciprocamente legati, come due amanti.
Se ci crediamo, capiamo perché il giovane Werther di Goethe si punta la pistola alla tempia; se ci crediamo, capiamo il gesto disperato che ancora oggi qualcuno compie per amore; se ci crediamo prendiamo a braccetto Benni e la sua amara ironia, giriamo la testa da un’altra parte (dalla parte dove l’oggetto del nostro passato amore non transiterà) e cerchiamo di ficcarci in testa (non nel cuore, no: quello è blindato) che "durante l’innamoramento il cervello rilascia la feniletilamina, simile all’amfetamina, e che quando questa sostanza diminuisce (a causa dell’abbandono, per esempio) si ha una specie di crisi di astinenza."
Non è romantica, in fondo in fondo, pure la chimica?