Bistecca non al sangue
– Uffa! finisco sempre col parlare di te nel mio blog!
– Già. Pare anche a me.
Prendete per buono il dialogo. Si è svolto un’ora fa. A casa. Tra la lavastoviglie, un lacerto di tovaglia-fantasia-ampezzana e la pattumiera.
Ho detto a mia figlia che avrei confezionato un post sul suo malumore (il post lo state leggendo). E lei ha risposto (vedi sopra, per la risposta).
Il fatto è che io e mia figlia abbiamo una visione antitetica dell’arte culinaria.
Per me pranzo o cena significano: nutrirmi quando ho fame e non a ore fittizie imposte dall’esterno; mangiare in piedi, scaricando la posta dal computer o rispondendo a una telefonata che stress; spiluccare gli acini d’uva non lavati dal sacchetto della Coop o mangiare il pollo arrosto appena partorito dal microonde con le mani e un foglio di Scottex.
Per mia figlia, pranzo e/o cena significano: preparare il tavolo con una tovaglia pulita; metterci sopra tutte le cose del caso (posate, bicchieri, salviette, suppellettili, oliera e saliera e sopratutto un tour de force di peperoncino piccante che lei metterebbe pure sul gelato alla fragola); non abbondare di olio; controllare che calorie, proteine e carboidrati stiano in equilibrio perfetto; fare l’occhiolino al sale ma senza esagerare; fingere di sedurre lo zucchero o il cacao ma poi fare marcia indietro e dire no non ci sto.
Insomma: un’ora fa ho preso una bistecca di puledro che stava in frigorifero. L’ho piazzata su un foglio di alluminio. L’ho messa sulla piastra. L’ho fatta cuocere venti minuti (il tempo di una telefonata a mia cugina che mi doveva raccontare l’we) e po l’ho posizionata su un piatto in attesa di una famelica bocca. D’accordo: la bistecca faceva schifo. L’ho assaggiata e ho pensato che era da vomito, però l’ho lasciata sul piatto perché non-si-sa-mai.
Mia figlia l’ha vista, l’ha assaggiata a sua volta. Ha detto che era un insulto alla cucina e mi ha tirato su una paranoia coi fiocchi sul fatto che io non so cuocere le bistecche, che mi approfitto degli animali, che già consumiamo troppo carne rossa, che già inquiniamo l’ambiente con il nostro fasullo bisogno di proteine e che io non dovrei permettermi di rovinare e mandare al macero della carne solo perché ho la testa altrove. Poi ha preso il piatto con la bistecca immangiabile e l’ha buttata nella pattumiera: Toh! la getto così non la vedo e non ci penso!, ha detto (eticamente) spazientita.
Io, piena di sensi di colpa (un classico, come i fagioli con la cipolla), le ho risposto che su questo suo gesto da primadonna avrei scritto un post.
E ho aggiustato di sale:
– Almodovar ha scritto Tutto su mia mare. Tu, Stefy, dovresti firmare un blog dal titolo Contro mia madre. Anche perché scrivere un blog che raccontasse tutto di me sarebbe impossibile, vero?
(nessuna risposta) La Ste aveva già pascolato fuori dal recinto argomentativo.
Ancora una volta il nostro interloquire era finito con una domanda aperta. La mia.