Che mi frega?
Tanto per riprendere il discorso, mia figlia pare abbia rinunciato al digiuno totale.
Ha mangiato la foglia (di insalata) e è andata a Bari. Buon segno, no? Dal sud si può solo risalire, quindi ho deciso di prendere il momento per il verso (leggi: la direzione) giusto.
E ho pure deciso di occuparmi del mondo che sta fuori dalle pareti domestiche. Anche perché questo confino/confine tra privato e pubblico mi pare così invisibile e assurdo: la vita, se vogliamo parlare di questo picciolo argomento, scorre ineluttabilmente dentro e fuori di me, o di noi; e oltrepassa disinvolta balconi, cancellate, recinti umorali.
Ho ascoltato le intercettazioni di Papi, l’ex presidente del Consiglio. Lo avete fatto anche voi? Sono linkabli sui principali quotidiani nazionali, quindi la ricerca è facile come bere un bicchier d’acqua e bicarbonato. Il difficile è digerire lo scambio di parole tra il premier (l’ex premier) e delle ragazzine dai nomi esotici (e autentici) come Marysthel o Aris che chiamano Berlusconi al cellulare per dirgli "Ciao amore! ho fatto il casting! Sai come sono stata brava? Mi fai lavorare in televisione? Mi fai fare recitazione?". E amarissimo (dev’essere il residuo del bicarbonato) è sentire il premier (quand’era ancora premier) rispondere, con una voce scazzata, triste, abbacchiata, prona: "Sì, ti faccio fare questo e quello. Ma sai…vivo un periodo politicamente difficile…questa settimana ho fatto quattro discorsi in parlamento…". E sentire le ragazzine che, prima che lui finisica la frase, gli urlettano: "Sì, sì, amore: ho sentito. Ma chiami tu la tivù? perché io ho fatto anche danza, sai?". E lui, il premier, l’uomo di stato, di fronte a tanta filosofia, rispondere: "Sì, chiamo io" o "Approfitterò delle tue dolci labbra".
Ora, io non so se mia figlia, al sud, abbia ancora la nausea, il male di vivere la quotidianità, o quella patologia lì. So che di fronte ai "colloqui" intercettati di Papi la nausea mi pare l’unica reazione sana e il vero male di vivere la quotidianità mi pare l’indifferenza, il fare spallucce al disarmo della dignità.