Cocaina e idraulici
Il "mio" idraulico ("mio" perché guai a chi me lo scippa o lo prenota prima di me) è una delle persone più miti che conosca.
E’ mite perché quando entra in casa mia con la sua valigetta chirurgica, saluta a mala pena e, a testa bassa, va verso il water, il tubo di scarico della lavatrice, il piatto doccia, tira fuori i suoi attrezzi, monologa a bassa voce tra sè (impossibile tradurre gli sbuffi in frasi di senso compiuto), risolve il caso (cioè: il guasto) e se ne va quasi scusandosi di dover chiedere qualcosa per l’intervento.
Se durante le operazioni idrauliche-anatomiche io mi metto in mezzo ai piedi e cerco di dire la mia, lui – ignorandomi di brutto – continua a fare il suo lavoro come se non ci fossi. Impermeabile a me, alle mie chiacchiere, alla mia diagnosi poco professionale, non vuole neppure i guanti che tento di passargli perché mi fa un po’ specie vederlo lavorare a mani nude.
Ah! e finge pure di non sentire la mia offerta di un caffè.
Perché parlo del mio idraulico?
Perché ho appena letto su diversi media che gli idraulici (insieme a chef, medici, infermieri, piloti, artigiani e muratori) sono tra i maggiori consumatori di cocaina. Una sostanza di cui queste categorie (più di altre) pare abusino per vincere lo stress. Dopo aver letto la notizia, ho pensato che il mio idraulico (ripeto: mio!) non pare per nulla stressato. Ostenta anzi una calma e un’indifferenza (sopratutto nei miei confronti) che dà ai nervi (ma non troppo).
Ho pensato che mi parrebbe davvero strano che il mio idraulico sniffasse qualcosa che non fossero le puzze nauseabonde dei tubi di scolo e di scarico. Ma magari ci sono altri idraulici che per sturare il lavandino devono prima sturarsi il naso. Sforzarsi in qualche modo di vincere quell’avversione (voi non l’avreste?) per tutte quelle incrostazioni che si depositano nel buco nero di un lavello che non è il loro, che loro non userebbero mai.
Mah! I grandi interrogativi della vita spesso svaniscono con uno sciacquone. E mi sa che questo avrà lo stesso destino. Resta il fatto che il consumo di cocaina cresce. Milano – si dice – conta 125 mila consumatori abituali di coca. E – si dice – che un lavoratore su 5 ne faccia uso. Oltre al mio idraulico, io conosco muratori, contadini, insegnanti, avvocati, portalettere, hacker, dirigenti aziendali, neet, disocccupati, registi, attori, taglialegna, scultori, scrittori…Passare in rassegna tutti i professionisti con cui ho la fortuna di avere a che fare e pensare che qualcuno di loro invece del tè alla liquirizia possa sniffare coca (e permettersi di comprarla) è un’impresa improba. Irrisisolvibile. E stupida, probabilmente. Per cui, perché me ne occupo? E’ meglio che faccia subito una telefonata perché l’acqua della mia doccia esce a singhiozzo. Invece di di trotterellare vittoriosa quando apri il rubinetto fa gluc gluc gluc. Un suono che non promette niente di buono. Chissà che reazione avrà il mio idraulico quando glielo racconterò con tutta la dovizia di particolari s’intende.