Emanuela, la capra. Espiatoria
Poiché il mio blog si intitola Gossip e chiacchiere, qui ho la facoltà di 'parlare' di tutto o niente. Scelgo la seconda opzione. Parlo di me.
Qualche giorno fa, su OggiTreviso, ho pubblicato una storiella. Ho raccontato di come il capro Mariolino, condotto al macello da Gino (il suo padrone), prima di morire abbia rivolto all'uomo un ultimo – e inutile – sguardo di supplica.
Il 'fatto' in sé poteva perdersi tra le pieghe della rete, della quotidianità, delle notizie insignificanti.
Non è stato così. L'articolo ha avuto oltre 4mila condivisioni e una tempesta di commenti. Maligni, denigratori, perfidi. Lanciati all'indirizzo di Gino, e della sottoscritta.
Dalle Alpi al Lago di Garda, dal Mincio al Monte Cucco, mi sono arrivate peste-e-corna. Insolenze a iosa. I detrattori (la maggior parte dei quali non sapevano – comprensibilmente – chi fossi, chi sia) se la sono presa con me come donna, come giornalista, come autrice, come essere (in)umano.
Qualcuno ha cercato il mio profilo su Fb, ha chiosato il suo disappunto sui post sparsi; mi ha bocciato come scrittrice (pur non avendo letto alcuno dei miei libri); mi ha persino accusato di utilizzare James, il coniglio, in modo strumentale (James s'è inviperito, anche se le vipere non gli piacciono).
Fu vera ostilità quella di cui sono stata oggetto?
La domanda me la sono posta. Seriamente. Primo, perché sono una che si mette in discussione. Secondo perché non avevo considerato di poter avere tanti 'haters'. Cioè tanti odiatori.
Chi posta qualcosa sui social va soprattutto alla ricerca di 'followers'. Gli haters pensa abbiano altro da fare. E invece.
Invece ho scoperto intorno a me un mondo di acredine, animosità, rancore. Ho scoperto che la gente è armata. Che ha una faretra di pensieri velenosi. Che urgono per uscire.
Sono stata accusata di 'promuovere la violenza sugli animali' (lo ammetto: qualche volta butto nel water le cimici che trovo dentro i calzini), di non poter scrivere un libro come 'Bulle da morire', Feltrinelli Up, perché sono – vado a memoria – una sofista, carnista, che usa artifici diaboloci parlando del sacrificio di una capra.
Sono stata oggetto di alcuni 'ahahahah' (leggi: onomatopee di scherno) perché, riportando l'andata al macello del capro Mariolino, non ho preso le sue difese, non ho stigmatizzato l'atto, limitandomi a riportare i pensieri e le parole di Gino.
La maggior parte di coloro che mi hanno socialtorturato sono animalisti, vegetariani o vegani. Persone che ammiro per la scelta alimentare; persone talmente buone e sensibili da essere paradossalmente di una ferocia bestiale. Qualcuna di loro ha augurato a Gino, e alla sua progenie tutta, il dolore di una sorte identica a quella della capra.
Quello che mi ha colpito, in tutta la chiamiamola-vicenda, è che chi si arroga il titolo di animalista, pensa di avere il diritto/dovere di assumere verso gli uomini un ruolo da giudice, da Dio giudice, da Dio pantocrator, da boia. Pensa di poter pregare le divinità in cui 'crede' perché condannino con la morte e la malattia chi …mangia bistecche.
Tanto odio verso i responsabili – che so? – della produzione di quelle farine animali che avevano causato il morbo della 'mucca pazza' diffondendolo in buona parte del globo (tra l'altro – lo sapevate? – dopo quel casino, Bruxelles ha di nuovo sdoganato le farine animali per le bestie vegetariane, mah!) io non lo ricordo. I responsabili del morbo della 'mucca pazza' l'hanno passata liscia. Gino no. Io nemmeno.
Avevo scritto che un cacciatore può essere un amante degli animali (lo scriverei ancora, e ancora, e ancora): un'eresia! Per chi ha commentato il mio articolo questa è una stronzata.
E è inutile che io ricordi che Mario Rigoni Stern (per citare un autore emblematico tanto vicino a noi) era un cacciatore convinto. Per gli 'haters' la loro convinzione non può essere messa in discussione. D'altra parte che argomentazione puoi offrire a chi ti ha già condannato (a morte)?
E quindi accetto – ma solo a parol(acc)e – di essere diventata una capra espiatoria. Una specie di Emanuelle Malaussène, che vagola – portando sul goppone la responsabilità degli eccidi del mondo (il cui esito è prezzato sugli scaffali delle macellerie) – nella…rete dell'incomprensione.