Gli spinaci e l’immortalità del blog
Gli spinaci di papà Charlie sono una favola e oggi il 20% degli elettori è impegnato nelle elezioni amministrative.
Non dovrei lamentarmi di avere a disposizione un blog in cui posso parlare di tutto. Da quanto avviene dentro le mura di casa (mia figlia Ste ha il raffreddore e la solita nausea; Umbi deve disegnare 18 tipi di occhi diversi per scuola; il water si è rotto e se tiri lo sciacquone l’acqua e quello che ci hai versato dentro torna in superficie anziché raggiungere le profondità del globo), a quanto succede oltre lo zerbino fangoso dell’ingresso.
Voglio dire: ho il mondo come tema di narrazione e non so che pesci, cioè notizie, piagliare.
Ma lancio lo stesso l’amo. L’amo del post. Cercando di capire che affinità ci siano tra gli spinaci che hanno nutrito il mio stomaco, il voto amministrativo italiano (a quanto pare in calo di partecipazione), le politiche in Grecia e la notte della superLuna che secondo il mio amico Ruggero avele la pena di guardare (oltre le nubi).
Il fatto è che avere troppa libertà di parola volte mette in crisi. A volte è utile avere dei paletti, dei confini per parlare (o scrivere) sensatamente. Invece io posso – in questo blog senza tema – passare dalle verdure alle urne, dalla tovaglia al consiglio comunale.
Scelgo la tovaglia al cosmo: a parte gli spinaci biodinamici, a casa mia da qualche giorno stiamo valutando attentamente ciò che mettiamo sotto i denti. Abbiamo scoperto che tantissime delle bevenade e dei cibi che consumiamo contengono Aspartame, ce che l’aspartame è un veleno vero e proprio. Una specie di topicida destinato agli uomini che non avrebbe mai dovuto essere messo in commercio e che invece – per ragioni politiche/economiche – è finito un po’ ovunque: nei biscotti, nelle merendine, nei chewingum, nelle bibite a basso contenuto calorico. Una percentuale ignobile dei prodotti che mastichiamo o ingurgitiamo contiene aspartame. Ed è provato che l’aspartame fa venire la nausea (poco male), gli attacchi di panico (male), il tumore al cervello (molto male). Così io e i mie figli abbiamo buttato nel lavandino (non nel water che è otturato) tutte le coca zero e le aranciate senza zuccheri aggiunti che avevamo in casa. Poiché siamo allegri consumatori di chewingum, abbiamo preso la lente d’ingrandimento (le etichette sono scritte in un corpo grafico indecifrabile) e abbiamo gettato alle ortiche della raccolta multidifferenziata i pacchetti che c’erano in dispensa: tutti contenevano aspartame.
Ieri pomeriggio e la Ste siamo andati a fare un po’ di spesa e, nei pressi della cassa, abbiamo cercato – strizzando gli occhi – di vedere se tra le decine di pacchetti di chewingum ce ne fosse uno senza aspartame. Lo abbiamo individuato (ce n’era solo uno): d’accordo ci mancava lo xilitolo (che forse fa bene ai denti, ma chi se ne frega) e abbiamo messo nel carrello quello.
Accanto a noi c’era una famigliola in tenuta da spesa. Mamma, papà e bimba (sugli otto anni). La bambina stava segliendo un pacchetto di gomme e era incerta se prendere quelle alla menta, alla fragola o alla papaya. Affacciandomi all’intimità del nucleo familiare, ho consigliato a tutti di scegliere le gomme senza aspartame, sintetizzandone i motivi plausibili (e urgenti).
Mamma e papà mi hanno guardata imbarazzati (che vuole questa?) e preoccupati (magari sta dicendo delle cose sensate). La bimba mi ha ascoltato interrogativa.
Ho continuato a far scorrere cavolfiori e cotone e pane alle olive di fronte alla cassa. Ho impacchettato la merce e dato un’ultima occhiata distratta alla famigliola in questione. La bimba aveva scelto le gomme.
Quelle con l’aspartame.
Ecco il dilemma: di che altro dovrei scrivere sul blog se non di quello che succede tra un istinto etico e un registratore di cassa?