Il bidone della Savno
L’altro ieri ho incontrato la mia vicina di casa del piano di sotto.
La mia vicina di casa ha 90 anni tondi. Ha i capelli bianchi e forse porta gli occhiali. Ha dei nipoti, e dei figli, che si vedono poco. Prima di restare vedova aveva un marito: un ometto dallo sguardo e dal sorriso dolcissimo che stava spesso fuori casa. Scendeva dal suo appartamento, attraversava la strada, si metteva seduto su una panchina e sorrideva. A tutti, di più a quelli che conosceva. Aveva un sorriso contagioso che sbocciava dal cuore. Un giorno (parecchi anni fa) si è ammalato ed è morto.
La moglie è rimasta sola.
La signora, la mia vicina di casa del piano di sotto, nonostante gli anni accumulati ha una salute invidiabile e una postura pazzesca. E’ ritta come un fuso e secondo me, anche se fa la spesa con la borsa con le rotelle, ha una gran forza.
Ha anche lei l’abitudine al sorriso. Un sorriso diverso da quello del marito. Un sorriso sempre uguale a se stesso, un sorriso fine a se stesso.
Con la mia vicina abbiamo due cose in comune: l’ascensore e il saluto: Buongiorno, Buonasera. Qualche volta parliamo del tempo. A intervalli non regolari la mia vicina viene a lamentarsi da me per qualcosa: il baccano dei figli, una perdita d’acqua, le biciclette, …
L’altro ieri, incrociandomi, mi ha fatto un gran sorriso. Uno dei suoi. E mi ha chiesto "se le potevo fare un piacerino". Mi si è allargato il cuore. Davvero: lo dico sul serio. L’idea di poter fare un favore a un’anziana di 90 anni che vive sola mi piace. Ho pensato: Forse mi chiede di accompagnarla alla Coop. O di portarla a fare delle analisi. O che so: di andare in posta.
– Signora – mi ha detto la vicina – dovrebbe spostare dal suo pianerottolo il suo bidone delle immondizie. Non sta bene che chi viene a trovarmi, veda il suo bidone. E poi puzza!
Sono rimasta perplessa. Pensavo che il "piacerino" fosse qualcosa di indispensabile. Invece riguardava il mio bidone Savno che davvero non so dove mettere (in salotto vicino allo scaffale dei classici?).
– Il bidone sta lì provvisoriamente – ho detto alla mia vicina.
– Quello che è provvisorio – ha ribattuto, saggia, lei – è definitivo. Lo sposti per favore. E’ questione di decoro. E poi puzza!.
– Che non sia esteticamente gradevole è vero – le ho detto – ma in fondo sta sul mio pianerottolo…e non può puzzare: è vuoto! E’ ancora vergine d’immondizie.
– Mi faccia questo favore. Chi viene a trovarmi cosa può pensare vedendo il suo bidone?
Di fronte al dilemma suggerito dalla mia vicina di casa di sotto ho smarrito ogni argomentazione.
Sposterò quell’ingombrante bidone, ho detto tra me e me.
Ma sono passati due giorni. E il bidone sta ancora lì. Il fatto è che non so dove metterlo. Finirò per riempirlo di libri. Nemmeno quelli so più dove mettere. Solo che quelli sono belli-davvero. Il bidone fa schifo, anche se è nuovo di zecca.
Ma non volevo arrivare a questa pietosa riflessione. Volevo solo dire che il colloquio con la signora di sotto ha inanellato alla base del mio collo strozzato dai sensi di colpa causati da bidone indecoroso, una altrettanto indecorosa considerazione: per alcune persone gli anni passano lambendo la superficie della vita. Voglio dire: in 90 anii tondi la mia vicina ha vissuto una guerra, un secondo dopoguerra, gli anni del boom demografico, del rampantismo, del terrorismo….Ha visto un mezzo africano diventare presidente degli Usa, ha visto asfaltare tutte le strade anche quelle che non portano a niente e i ragazzini aggrapparsi a dei cellulari come se fossero le tette della mamma.
Ha visto il mondo rovesciarsi come un calzino peloso. E quando m’incontra, dopo avermi sorriso, che mi chiede? di spostarle dalla vista il bidone Savno.
Ricordatemi di farle il piacerino.