Il cambio dell’armadio
Poiché non si dica che annoio i mie due (fighissimi) lettori con notizie di politica, oggi punterò i riflettori (leggi: l’alogena surriscaldata del comdodino) sul mio armadio.
Il mio armadio (tanto per mettere in fuga i dubbi) non ha nulla di diverso dagli altri armadi. E’ un contenitore di legno (sicuramente impiallacciato, sicuramente niente affatto massiccio) chiuso da alcune ante a doghe (assomiglia un po’ agli spogliatoi da spiaggia) che contiene di tutto e di più (più del necessario). Contiene, in maniera caotica (sono un’incorreggibile e disperata disordinata), maglie, camicie, golfini, braghe, gonne, cinture, foulard, saponi e flaconcini profumati, pelucchi di polvere, cimici spiaccicate (e senza permesso di soggiorno, ovvio), calzini, accessori sportivi mai usati (manubri-rassoda-tette e pesi da un chilo di color rosa fucsia) più un’altra quantotà di oggetti di cui sarebbe arduo, e inutile, fare il censimento.
Il mio armadio, dotato dell’anima sudescritta, a ogni inizio e fine di stagione (le stagioni sono due – inverno e estate – e finamola di raccontarci che sono quattro perché queste sono pure balle a cui non crediamo neppure noi), mi chiama. Non so se lo faccia anche il vostro il vostro. Ma il mio armadio mi chiama davvero. Senza dire niente, senza alzare la voce (il leggero assestamento delle doghe di legno impiallacciato è quasi una costante), il mio armadio mi suggerisce di dargli la mia attenzione: di togliere di mezzo il copricostume rosso (comprato ai saldi e mai indossato), il due-pezzi blu (messo una volta?), i capri di seta gialla (e chi se li ricordava?), le cannotte a costine (sì: usate tutta l’estate) e di rifornirlo di qualcosa di adatto alla sottotemperatura esterna.
Il mio armadio non ripete le cose. Le dice una sola volta e poi se ne sta lì a guardare. E probabilmente se la ride sotto gli scaffali quando – cercando di trovare un golf che non abbia le maniche corte e il filato di cotone leggero, io – in reggitette e slip – rabbrividisco e spero (seee: par vera) di trovare tra il casino guardarobesco quel golf di lana che ricordavo – vagamente – di aver indossato lo scorso inverno quando c’era stato pure un sospiro di nevischio.
Il mio armadio – se fosse un uomo – sarebbe un uomo con le palle. "Non trovi il golf? peggio per te. La prossima volta fai il cambio del guardaroba per tempo. Intanto, ti rimetti la cannotta e l’incrociatino di viscosa, batti i denti, ti pigli un’infreddatura e poi stai a letto influenzata così non occorre che ti preoccupi del vestiario". Il mio armadio ha un eloquio molto efficace. Ma non può nulla contro la fantasia e il glorioso spirito di adattabilità femminile.
In reggitette e slip, ho indossato due golf di cotone, un paio di jeans ultraleggeri e le scarpette con la punta aperta (che quest’anno vanno di moda anche sottozero). Ho lasciato l’armadio con la bocca, la pancia, insomma: le ante aperte, e sono corsa a fare shopping!
Ho comperato un paio di maglie di lana, una gonna a costine che non tiene per nulla caldo ma è trendy tra la trama e l’l’ordito e degli stivali a prova di perturbazione atlantica. Una volta a casa, ho infilato il bottino a casaccio nell’armadio (che stava ancora lì, con l’aria sarcastica) e per sottrarmi al suo sguardo indignato sono corsa qui ad aggiornare il mio blog. Bella mossa, no? peccato che io senta ancora un po’ freddo, e che mi senta ancora inadeguata. Nei confronti del mio armadio, non (solo) dell’inverno.
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