La solidarietà secondo Scottà
C’era una volta la fame nel mondo. C’era una volta la sete nel mondo. C’erano una volta tanti di quei poveri cristi puzzolenti e pieni di rughe e coi capelli mosci, che quando li vedevi pensavi Poveri cristi, come sono conciati male.
Tranquillizzatevi, rilassatevi, allontanate da voi ogni tristo pensiero.
Ora – o d’ora in avanti – quei poveracci potrebbero non essere più così poveracci.
Potrebbero non avere più fame, né sete. Né (anche l’occhio vuole la sua porzione) il capello fuori posto.
Semplice, ma geniale come l’Uovo di Colombo, è infatti la pensata (seguita da interrogazione europarlamentare) – dell’onorevole leghista Giancarlo Scottà a Bruxelles.
Il deputato trevigiano, facendo ormai da quattro anni la spola aerea tra Silea e Charleroi, ha notato (ci vuole spirito d’osservazione, è indubbio) che agli imbarchi degli aeroporti vengono cestinati un sacco di prodotti: bottigliette d’acqua minerale, mezze cocacole sgasate e sbavate, shampoo, dopobarba, craphen con la crema…
Nuvolaglie di passeggeri distratti dimenticano infatti che – a causa delle ferree regole aeroportuali – liquidi che superino i 100 ml. o cibi semisolidi non possono superare i controlli.
E allora?
Allora shampoo, lozioni epilatorie, deodoranti, panzerotti alla mozzarella e flebo di tisane vengono gettati nei rifiuti.
Pensa un po’ – si è detto allora l’onorevole Scottà – che cosa si potrebbe fare se tutto quel ben di Dio anziché finire in discarica finisse là dove ce n’è bisogno: sulle parche mense o nelle toilette dei meno abbienti!
Anche i poveri – deve aver realizzato il deputato – potrebbero finalmente avere qualcosa per cui gioire: un po’ d’acqua, un cornetto al cioccolato, una lacca glitterata con paiuzze dorate. Per i porecagni (poveretti, in italiano), i prodotti che non superano i controlli sarebbero una manna dal cielo (dal cielo delle rotte aeree, se non altro).
E così Scottà ha chiesto la parola a Bruxelles. Dal suo scranno sulla curva destra dell’emiciclo comunitario ha detto: “La Commissione europea armonizzi i sistemi di gestione dei prodotti e degli oggetti ritirati ai passeggeri negli aeroporti che, una volta sequestrati, nella maggior parte dei casi, finiscono per essere gettati nella spazzatura ancora integri: essi potrebbero essere destinati ad associazioni di carità per un fine decisamente più nobile.
Ė avvilente – ha tuonato Scottà- che vengano cestinati prodotti utilizzabili, tra cui bevande, cibi semisolidi, prodotti cosmetici e tanti altri ancora, quando vi sono milioni di persone disagiate e meno abbienti che ne avrebbero bisogno e alle quali potrebbero essere donati attraverso degli accordi, regolati dalla Ue, tra gli aeroporti e gli organismi di volontariato››.
Non è un pensiero illuminante? Che rincuora e culla l’animo come se si fosse già a Natale?
Pensare che quel panino con provola che avevamo nello zaino prima di imbarcarci anziché nelle scoazze impersonali di un qualunque aeroporto europeo possa finire in bocca a chi ha davvero fame, ci restituisce, come dire?, il vero spirito della solidarietà.
Perché, che cos’è – in fondo – l’amore per il prossimo? La consapevolezza che la lattina di Fanta che non ha passato i controlli sta per placare la sete di chi ha sete e le tasche vuote.
Per quanto mi riguarda, sono sollevata (pure prima del decollo). Al pensiero che il mio costosissimo (10,50 euro per una non onorevole sono una cifra) voluminizzante per capelli sottili anziché finire nel cestino del non riciclabile servirà a rendere più bella la chioma di una Meno Abbiente mi fa sentire in pace col modo, o comunque con la UE.
E – perdonate il campanilismo – sono orgogliosa che un’idea del genere sia maturata nella mente di chi, come me, è nato all’ombra dello scodinzolante leone di San Marco.
Perché – altro che mone! – anche in tempi di crisi globale noi veneti siamo sempre serenissimi.
E dunque facciamo ridere.