Le palle viola
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Se le palle sono viola, che facciamo?
Ai miei pochi audaci e temerarissimi lettori offro un post prenatalizio.
Un post che – se dovesse essere categorizzato – finirebbe nella casellina-clessidra del non-sense.
A colpi di non sense, scrivo che non mi piacciono le palle.
Quelle in generale, d'accordo. Ma soprattutto quelle viola.
Quelle che decorano l'abete bianco dei giardini di Vittorio Veneto.
Già l'anno scorso c'erano. Le stesse palle. Viola.
Erano lì ad abbellire i rametti aghiformi come un annuncio di Quaresima fuori stagione.
E quest'anno sono tornate. Non da sole, ovvio (le palle di Natale non rotolano: stanno lì ad aspettare di essere appese).
Comunque, il comune di Vittorio veneto le ha rispolverate. Ha aperto le cassette con su scritto "Decorazioni natalizie", e ha provveduto all'agghindamento. Dell'abete, dei giardini.
E percorrendo il viale della Vittoria io e mia figlia Stefy (a cui – chissà perché – ho trasmesso la sindrome da poesia di Montale (ti resta impressa come un tatuaggio), l'attrazione per Woody Allen e Emily Bronte, per la commedia brillante e il purè, e un'idiosincrasia per le tinte innaturali) le abbiamo notate. E ci siamo guardate (era buio, ma i nostri pensieri brillavano all'unisono).
E. Ancora una preposizione congiuntiva. E ci siamo chieste – ma senza parlare – perché. Perché dobbiamo avere un centro città con le palle viola.
Che – per carità- è un colore onirico, pregno di connotazioni catartiche, ma è sempre un viola.
Un colore che, a Natale, stride come la polenta sul tiramisù.
Tutto qui. Era un post nonsense. Vagamente (ma neanche tanto) viola-palla.