L’importanza di avere un coniglio nano
Si chiama James.
Lo so che è un nome un po’ altisonante per un coniglio nano.
Ma è bianco e grigio e ha un’aria sufficientemente obbediente e altezzosa da ricordare James, il maggiordomo di Lord Goring ne Il marito ideale di Oscar Wilde.
James abita a casa nostra da due giorni. Ci è arrivato per caso, dopo essere passato per la sala-prove. Chiarisco: dopo che mio figlio Umby ha adottato il coniglio, gli amici gliel’hanno momentanemante scippato; l’hanno affiliato alla combriccola e se lo sono portati a suonare rock, punk e non so cos’altro.
A Umby, è venuto il dubbio che chitarre e batterie forse non offrivano musica per le orecchie del coniglio. Ma gli amici, si sa, sanno come essere rassicuranti.
Comunque, dopo l’esperienza rock, il coniglio-nano James è arrivato a casa. Sul cestino della bici di mia figlia Stefy.
Poiché l’amico veterinazio Renzo Piccin mi ha detto che il coniglio- tra i tanti pregi, per carità – ha il difetto di lasciare ovunque caccole simili a mentine Saila, ho pensato di mettere il peloso inquilino una cesta di vimini. Piuttosto alta.
James l’ha rintenuta invalicabile per qualche ora. Poi ha spiccato il salto. E ha preso a ispezionare l’appartamento,
Ora viene il bello. Ma non so quanto bello.
Stamattina ho fatto entrare in casa mamma Margherita. Mamma Margherita, per quanto sia una persona sensibile e cara eccetera, ha un’avversione insuperabile per gli animali. Di qualunque genere. Lei non ha mai creduto alla convivenza serena tra uomini e bestie. "Faticano a capirsi tra loro gli esseri viventi dotati di parola – ripete – figuriamoci se è possibile comunicare con chi la parola non ce l’ha."
Mamma Margheira, quando ha visto James, è diventata un riccio. Ha messo fuori gli aculei, si è acciambellata su una sedia della cucina e ha detto bellicosa: "O lui, o io. Se vi ostinate a dare ospitalità a un coniglio io non metterò più piede a casa vostra".
A questo punto (cioè dopo aver aspettao che Umby si alzasse a mezzogiorno per la colazione) gli ho riferito l’aut aut della nonna.
Ho fatto presente a mio figlio che forse avremmo dovuto tenere conto della delicatezza relazioni familiari, rinunciando a vedere un gomitolo peloso saltare (il coniglio nano salta!) dal tappeto alla play station.
Umbi ha risposto: Uhm.
Il che mi ha fatto ricordare che la tesi di mamma Margherita sul fatto che tutti gli uomini sono dotati di parola con mio figlio Umby vacilla.
Ho insistito.
Umby ha risposto alle mie argomentazioni riesumando dall’archivio mimico la stessa espressione che aveva in prima elementare, quando voleva portare a scuola a tutti i costi il suo peluche (poi sequestrato dalla maestra). Ha detto che il coniglio nano è un suo amico e che lui non vuole separarsene e che se gli tolgo questo affetto il suo animo reso più sensibile dal guado adolescenziale che sta attraversando potrebbe risentirne.
Uhm (lle "parole" sono mie).
Il fatto è che non so che fare. Mi chiedo perché spetti a me una decisione tanto ardua: tenere il coniglio nano e far felice Umby o mandare in esilio il peloso inquilino e riavere mamma Margherita in versione non-riccio appianando le ostilità bestie-umani?