L’inno di George
Rieccomi!
Vi sono mancata? se la risposta è sì schiacciate il tasto Return sulla tastiera del vostro computer. Non ho la più pallida idea di che cosa possa succedere a questo punto, ma facciamo che sia un modo-tutto-nostro(mo) per interagire. D’accordo?
Per la cronaca blogale sono stata a Parigi, dove ho bevuto dello champagne buonissimo, della birra ottima (vero Annalisa?), della Perrier a 5 euro la bottigli(ett)a. Dove ho riprovato (giuro! anche se in misura minore rispetto alla "prima volta") la sindrome di Stendhal di fronte a un’opera di cui preferisco non rivelare l’identità e dove mi sono resa conto che l’arte produce un’altra malattia socialmente contagiosa: la Pandemia da Nokia. A cui, per fortuna, sono immune. La Pandemia da Nokia consiste (l’ho appurato, stando a guardare) nel posizionarsi davanti a un quadro famoso (che so: La scuola di Danza di Degas, al Museo d’Orsay), nell’estrarre il cellulare, scattare una (pessima, ovvio) foto dell’opera e andarsene a far flash da un’altra parte. Ora io non so che piacere/emozione/vertigine/orgasmico turbamento dell’anima-e-oltre cia sia nello scattare una foto col telefonino a un mirabile capolavoro invece di stare lì a goderselo come se fosse l’indispensabile oggetto del desiderio. O di un amplesso. Ma so per certo che c’è un coagulo di gente che – di fronte all’opera d’arte – tira fuori il telefonino. Come se fosse il meglio di sè. E se la cosa sembra strana a me, figuratevi alla Gioconda che, poreta, sotto vetro com’è, si deve sorbire migliaia di telefoto al giorno. Dicono che un pomeriggio si sia talmente scazzata di stare in posa che abbia fatto l’occhiolino a un turista di Bergamo. Lui non se n’è accorto: ha pensato a un effettico ottico. Seeee.
Comunque tornando a noi. Appena rifugiata tra le pieghe di casa, cioè della posta elettronica, ho trovato alcune segnalazioni che mi hanno un pochetto inquietato. La prima è stata che George a letto è una frana! Pare che una sua ex abbia detto che il figo più figo del globo non valga granché. Ovviamente mi rifiuto di credere a una voce messa in giro da una che sicuramente è stata mollata e ora annaspa nel brodino della ripicca. La seconda diceria (infondata) è che George se la stia spassando con una certa Elisabetta. Ovviamente mi rifiuto di credere che si sia fidanzato, accsato, tanto meno innamorato. Non posso pensare a George-cuore-occupato: un conto è che si porti a letto un maiale, un conto che divida il materasso con una strafiga. La terza notizia è che l’inno di Mameli non piace più. Alcuni vorrebbero sostituirlo col Va’ pensiero, altri con Finché la barca va. Il presidente della provincia di Treviso, Muraro, ha appena mandato fuori un comunicato stampa in cui anela alla Canzone del Piave come Inno della Marca.
Bene: anch’io sento di avere le note in regola per entrare nel dibattito. Io propongo di creare un nuovo inno nazionale che metta d’accordo questi e quelli, cacio e maccheroni, peperonata e uova sode, mamelisti e verdisti, juventini e zapateristi. Propongo un Inno a George che si intitoli "Va’ pensiero a George" e che reciti più o meno: "Fanciulle d’Italia, la voglia s’è desta, del***** di George s’è cinta la testa"….Le parole sono buttate lì, c’è un po’ da lavorarci, ma insomma: il soggetto ci trova – o no – tutte d’accordo?