L’isola dei fumosi
Mio figlio Umbi, 16 anni, è in quella fase della vita (una delle tante, a dire il vero) in cui è uno, uno qualunque, uno tra i tanti, tanto di tanti o nessuno.
Lui e i suoi amici (io li chiamo "la tribù") passano osservati/inosservati sotto lo sguardo impermeabile della maggior parte della gente.
Lui (d’ora in poi: la tribù) si fa notare per una frazione infinitesimale del tempo che gli "adulti" dedicano ai ragazzi che non conoscono.
La tribù si muove, meglio: si snoda, in città come un serpentino arlecchino. La tribù ha colori accesi (vagamente giamaicani, decisamente jesolesi), ha chiodini d’acciaio infilati tra la pelle e il mondo; ha lunghe frange o ciuffi a coprire sguardi già sfuggenti. Ha passi ciondolanti e lenti, moti ondosi. Ha sorrisi inavvertiti, parole inspiegabili, sospiri-eco. La tribù di Umbi e dei suoi amici è maschile-femminile-neutro. E’ singolare e plurale, nello stesso tempo. E’ di genere diverso, ma simile. E’ una e multipla, come la macchina della Fiat.
Quando vedo la tribù vagolare per le strade cerco di distinguere tra le pieghe reptilarie i Ragazzi o le Ragazze Che Conosco di più. Non sempre ci riesco. A volte fatico persino a distinguere Umbi.
La tribù fa colore nei parcheggi grigi della città. Ma passa in fretta, tra la retina e il respiro. E’ come una piccola alluvione che diventa troppo presto una piccola pozzanghera.
A me la tribù piace. Piace perché è isolata dal resto della società. Ma perché, come un’isola appunto, emerge sulla superficie piatta di questo mondo artificiale e spento.
Ieri non ho notato la tribù, ma una delle sue scaglie più apparentemente appariscenti. Ho visto un amico di Umbi ciondolare con una ragazza (aspetto bon ton, viso carino, niente piercing ma occhiali da vista su occhi attenti). Lui teneva in mano un cartone di Tavernello. Il vino dei barboni, diciamocelo.
Erano le cinque del pomeriggio e l’immagine mi ha squagliato. Ho fermato l’auto e ho chiesto a Quei Due che ci facessero col cartone di vino dozzinale in mano.
Risposta: L’abbiamo preso alla Coopca.
Come dire: Non abbiamo nulla da nascondere. Non c’è significato diverso nel nostro gesto. Abbiamo in mano Quello Che Si Vede. Punto.
Devo aver fatto una faccia. Una di quelle deluse, oppure non so. Mi sono limitata a dirgli che Li tengo d’occhio. Pure Lei anche se non l’avevo mai vista prima.
Il fatto è che la tribù è una e multipla e è difficile distinguerne i soggetti. O le parti. Che parte fa (nel mondo, non nella tribù) una ragazzino di 17 anni con in mano un cartone di Tavernello alle cinque della sera?