Profuga anch’io
Non fa di noi una grande città.
Non fa di Vittorio Veneto una grande città, medaglia d'argento eccetera, quello che sta accadendo nelle ultime ore.
A Serravalle, dove ha sede il Ceis, da qualche settimana soggiornano alcuni profughi. A loro abbiamo dedicato un po' di spazio sia su OggiTreviso che sul Quindicinale.
I ragazzi (di ragazzi immigrati si tratta) hanno raccontato la loro storia. Hanno raccontato di come siano fuggiti dalla guerra, dalla violenza, dalla povertà spietata attraversando un braccio di mare infernale. I ragazzi hanno spiegato che sono arrivati qui, a Vittorio Veneto, per caso e per fortuna. Ma che da qualche tempo, in virtù di una burocrazia che li incatena in un limbo di non-identità (non riescono a ottenere facilmente i documenti di cui hanno bisogno), non sanno (più) dove andare, o cosa fare.
Dopo le tragedie e le peripezie subite si trovano parcheggiati in un luogo che ha aperto loro le porte, ma che gli offre solo una sopravvivenza provvisoria.
Qualche giorno fa, hanno pertanto deciso di far sentire la propria voce, o meglio: la propria presenza, bloccando una strada (come avevano fatto i Forconi: vi ricordate?). Ma l'azione ha prodotto un esito sfavorevole.
I profughi, i ragazzi senza patria, sono diventati oggetto (non soggetto, perché nessuno si è premurato di conoscerli meglio) di reazioni xenofobe, di odio, di intolleranza medioevale.
Facendo forza su un malcontento che non ha nulla a che fare coi profughi (quanti li hanno incontrati?), alcuni vittoriesi hanno gridato all'invasione. Poco male: erano pochi e sciocchi e inneggiavano a degli slogan demagogici che persino il signor Ferrero avrebbe trombato sul nascere.
Eppure qualcuno ha preso sul serio la tosse xenofoba.
Ieri sera a Serravalle il sindaco Tonon ha incontrato i cittadini per parlare di profughi (a proposito: erano stati invitati?) e alcuni esponenti di Forza Nuova, presenti all'incontro, hanno detto che il sindaco "era in confusione su vari temi sollevati dai cittadini, dimostrandosi ancora una volta un corpo estraneo rispetto ai veri problemi della città e dei suoi abitanti."
Forza Nuova, promotrice dell'incontro, (si legge in un comunicato stampa) ha chiesto la chiusura immediata del CEIS e l'espulsione dei clandestini. E, a qaunto si legge dalle cronache, pare che la domanda di Forza Nuova sia stata ammessa.
Le domande, a questo punto, sono: è plausibile che un sindaco del Pd organizzi un incontro promosso da Forza Nuova (che col Pd c'entra come la mazzancolle con le meringhe?) E' possibile che un sindaco molto cattolico (che ispira quindi la sua azione di vita ai precetti della Chiesa) decida di non dare asilo/ascolto/rifugio a dei fratelli sfortunati? E' legittimo che il Ceis, che è un organismo che non riceve sussidi comunali o statali, abdichi alla sua azione propositiva sul territorio in virtù di un diktat che proviene da una frangia estremistica e sfilacciata della popolazione? E' possibile che con un traforo sulla testa di Sant'Augusta, il comune si preoccupi di mandare fuori dalle balle un centinaio di ventenni scampati alla morte? E' possibile che io debba perdere del tempo per indignarmi?
L'unica risposta (possibile) è che devo aver capito male. Che mi dev'essere sfuggita una parte importante della questione. Che non è vero che la città di Vittorio Veneto abbia pensato nemmeno per un nanosecondo di ostracizzare dei ventenni alla fame. Che si è trattato di un equivoco. Che noi siamo persone belle. Che siamo disponibili ad aiutare chi ha bisogno di noi. Che accogliamo chi viene da fuori anche (e soprattutto) se non ha soldi o scarpe o patria. Che capiamo e sappiamo cosa vuol dire essere profughi o emigranti perché ciascuno di noi, in famiglia, ha uno zio o un nonno o un papà che ha passato la frontiera. Che il sorriso è una ricchezza e il sospetto è una tristezza. Che se Vittorio mi chiude il Ceis fa una mossa penosa. E che non solo non merita (più) una medaglia d'argento per la Resistenza, ma nemmeno un gettone per la giostra di quel luna park che è l'intolleranza.