Ripristiniamo il Tribunale dell’Inquisizione
"Io Galileo, inginocchiato davanti a voi Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali (…) giuro che credo ho sempre creduto e sempre crederò quello che predica e insegna la S. Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma (…) dopo essermi stato con precetto intimato che dovessi lasciar la falsa opinione che il Sole sia centro del mondo e che non si muova e che la Terra non sia centro del mondo e che si muova (…) e dopo essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura (…) con fede sincera e fede non finta abiuro, maledico e detesto li suddetti errori ed eresie (…). Roma nel convento della Minerva, 22 giugno 1633.
Allora: siamo a Roma. L’età è quella della Controriforma (a voler essere precisi la Controriforma è inziata quasi un secolo prima, col Concilio di Trento, anzi all’indomani dell’affissione delle 95 tesi di Lutero sul portale della cattedrale di Wittenberg) e Galileo (qui non vi sto a riferire la biografia di quello stragfigo un po’misogeno che ha fatto da padre alla scienza moderna: leggetevela magari nella "Vita di Galieli" di Bertolt Brecht) e Galieo – dicevo – pur avendo la prova/le provae col dittongo che la teoria eliocentrica regge e che quel polacco di Copernico qualcosa di buono pur diceva è costretto ad abiurare, a rinnegare la verità.
Ora: ogni volta che penso a Galileo (coi so difieti, par carità), ogni volta che penso a Brecht (Kopieren, Einfügen), mi viene un nodino alla gola che è difficile da sciogliere. Ogni volta penso che quel Tribunale dell’Inquisizione, quel Sant’Offizio, quella Congreda dell’indice e compagnia bella l’hanno combinata bella. Hanno voluto cancellare il progresso e poi, alla lunga, l’hanno pagata. Penso che sono stati miopi e stupidi e…insomma…penso un po’ tutto quello che ha poi detto Giovanni Paolo II. Ma.
Ma da qualche giorno mi succede una cosa strana. Mi succede di pensare che quel Tribunale molto poco laico io lo vorrei ripristinare. Non per accusare e condannare un Galilei (che l’ultimo che avevamo se n’è andato per sempre e qui non ci arriva più casomai emigra all’estero che c’ha più fortuna) ma per mettere al confino una teoria di personaggini, di figurine bidimensionali che stanno davvero riscrivendo il sistema solare.
Tra i personaggini in questione mi è capitato di scoprire (attraverso il docufilm Videocracy, che pure mi è piaciuto nulla) che un certo Fabrizio Corona, un papàPaparazzi, un protagonista della Notre Dame di Hugo, uno che fotografa i vip-si-fa-per-parodiare e poi li contatta per far girare il circo mediatico, bene lui si fa pagare 20 mila euro a sera per entrare in una discoteca o in un locale qualunque, farsi fotografare, faccia monoespressiva scazzata barba lunga, e poi anadrsene col cash.
Mi sarei scordata del Corona (Fabrizio) nel tempo record della cottura della pasta barilla se non avessi riconosciuto la sua faccia (vedi monoespressione eccetera) in una pubblicazione pubblicitaria locale, diffusa nella provincia di Treviso. Lì, sulla carta patinata e colorata ‘sto Fabrizio appare scazzato tra alcuni ospiti che di volta in volta lo affiancano per un flash, in un copione triste come le lumache sulle foglie di lattuga-nana dopo la pioggia insistente.
E, a quel punto, triste pure io, per aver riconosciuto la bava mediatica sull’orto di casa, ho pensato che un tribunale ecclesisatico che condannasse la stupidità e l’ostentazione becera e inutile del nulla dovrebbe essere ripristinato.
Sì. Persino Innocenzo III mi benedirebbe. Non che vada cercando questo, per carità. Quello che non cerco proprio, sia chiaro a corollario, è una fotografia con Corona (Fabrizio) o con qualcuno dei tanti, troppi, vuoti a perdere che gli somigliano.