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[ 30/05/2012 di Emanuela Da Ros 0 Commenti ]

Scrivere senza dire niente

Scrivere senza dire niente.

E’ quello che intendo fare ora.

Un buon intento, no?

Un buon inizio/indizio se non altro, così vi evito di leggere il seguito.

C’è una battuta di Oscar Wilde (nella commedia Il marito ideale) che dice, più o meno, "una donna è sorpendente quando parla più di tutte senza dire niente". Wilde si riferiva alla Londra-per-bene del 1895. Ma tutto il mondo è paese e i tempi, i tempi non mutano nella loro essenza. Oppure mutano fin troppo. Forse oggi sarebbe sorprendente parlare o scrivere dicendo qualcosa.

Ma io non intendo sorprendere nessuno.

Continuerò a scrivere senza dire nulla.

E non perché sor-prendere, cioè prendere di sorpresa, non sia una delle mie ambizioni. E’ solo che questa non è un’ambizione che mi prende (di sorpresa).

Oggi guardavo il mondo da un oblò. Cioè dal finestrino della mia Punto blu. Ero ferma al semaforo vicino a una gelateria e guardavo. Guardavo la gente che mangiava il gelato. C’era una coppia su una panchina, delle ragazze con lo zainetto Eastpack che mangiavano e ridevano, una mamma con due bambine che le assomigliavano moltissimo e un’anziana su una sedia a rotelle con accanto una donna dai capelli molto rossi. Ho riconosciuto la donna, sulla sedia a rotelle. Era una donna che conoscevo e che non vedevo da molti anni. Dieci anni o forse di più. Era una donna garbata, che curava la casa, i figli, il giardino (magari non in quest’ordine). Una donna gentile e sempre un po’ mesta, che aprendo la porta ti sorrideva, ti cheideva cosa poteva offrirti e si scusava per il disordine che non c’era. Era una donna-di-casa, come si diceva una volta (senza dire quasi niente). Una donna che aveva passato la vita a curare la casa, i figli e il giardino.

Oggi era su una sedia a rotella, fuori da una gelateria, con un’altra donna accanto dai capelli molto rossi. Ho pensato che la donna che le stava accanto fosse una badante. L’ho pensato perché non l’avevo mai vista, perché calzava ciabatte un po’ sformate; aveva le caviglie gonfe e i vestiti un po’ così: una maglia e un paio di bermuda che si mettono tanto per avere qualcosa addosso.

L’anziana che conoscevo non le parlava e la donna coi capelli molto rossi non parlava all’anziana. Ciascuna di loro mangiava il gelato e guardava le auto ferme al semaforo. O forse nemmeno queste. Entrambe probabilmente guardavano qualcosa che non passava fuori dalla loro mente. Dalla loro vita. Da quell’istante.

Sì: è stato solo un istante. Poi il semaforo è diventato verde e io lasciato l’immagine a imprimersi oltre l’incrocio.

C’è sempre un incrocio e una direzione da prendere quando si è in auto. E persino quando si scrive senza aver niente da dire.

Moccia sindaco!
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Emanuela Da Ros

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