Se l’imam parla come Goldoni
Le cose stanno così. Almeno credo. Almeno questo è quello che ho capito leggendo le news dell’ultima happy hour.
Pare che Fini – che è emigrato, per motivi istituzionali in quella parte carina del mondo dove tutti vorremmo fiondarci in vacanza – abbia detto che i vari imam d’Italia, cioè le guide spirituali che predicano il Corano dentro i confini garibaldini-savoiardi, quando declamano i versetti della bibbia di Maometto debbano usare l’italiano e non l’arabo.
E pare pure che il principe bin Zayed, che ha ospitato il nostro, gli abbia dato ragione. Dunque.
Duanque, la notizia, fin qui, intriga quanto una porzione di cipolle in agrodolce (non sappiamo se assaporarla o lasciarla in eredità al commensale più affamato di noi) ma ci stuzzica una considerazione.
Visto che qui, al Nordest, anzi: nel Veneto, il ministro Luca Zaia insiste perché si parli veneto piuttosto che italiano, non è il caso di tarare il pensiero di Fini? non è il caso che i nostri due ministri dicano: "Bon, dai: metemose d’acordo. Xè inutile che i vari Imam i parle un italiano che par molti italiani ormai xe come arabo. Xe mejo che i vari Imam i parle la lengua del luogo dove svetta el minareto. Se el minareto dove l’imam o el muzaidin al recita el Corano el sorge in laguna, facciamo in modo che l’imam o il muzaidin declamino il Corano in veneziano." E così tagliamo la testa al toro. O al leone di San Marco.
In fondo Goldoni lo avrebbe apprezzato. Un versetto coranico in chiozzotto potrebbe pure avere un valore letterario vernacolare e non solo spirituale.
Dai che è carina una notizia così: "Dal minareto se declama (al Corano) in diaeto."