Tutta unita!
M piace, mi piace, mi piace.
Mi piace la parola "unità". Mi piace la parola "uniti". Mi piace la parola "unione". Anche perché l’unione fa la forza e alla forza nessuno ci sputa sopra. Grande aforisma.
Cadute di stile a parte, oggi ho il morale tricolore: biancorossoeverdebandiera. Avevo pensato pure a delle unghie-vessillo. Ma il marrone-cacca-di-cammello che ho ora mi piace troppo e quindi mi sa che lo spirito patriottico non inciderà sul mio smalto.
Mi auguro però che incida sullo smalto sbreccato e traslato di questo stato. E’ incredibile che il termine separatismo possa essere masticato così spesso oggi. Ma chi vuole separarsi? e da chi? Io di sicuro non mi voglio separare dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Valle d’Aosta o dalla Basilicata. Io voglio stare appiccicata a tutte le mie regioni: dal Friuli alla Sardegna, dalla Puglia al Lazio. Io voglio essere una.
Voglio essere l’Italia che siamo e siamo stati dal medioevo in poi. Lo storico svizzero, Werner Kaegi, nel 1945 scrisse che "l’Italia anche quando non aveva tradizioni politiche univoche (insieme ad un centro nord con tradizioni comunali e signorili, c’era un mezzogiorno con tradizioni monarchiche fortemente accentrate a Napoli) si basava su una nazione culturale di antiche origini che costituiva un forte elemento unitario in tutto il paese". Scrive che "cinque secoli prima dell’unità l’Italia aveva una effettiva coscienza nazionale anche se priva di forma politica".
Oggi l’Italia ha una forma politica (un po’ sformata d’accordo) e continua ad avere una (in)coscienza nazionale, che per fortuna non coincide con un’emittente televisiva o un partito-tifoseria.
E’ un’Italia variegata, sfaccettata, plisettata, variopinta. A volte un po’ ridicola (suo malgrado), ma generosa. E bella, da Bolzano a Lampedusa.