Una mucca chiamata Desiderio
Una la chiamerei Emma Bovary, una Simone de Beauvoir, una Rita-Margherita, una Pippi Zampelunghe e una Carla, che è un nome più moderno del tradizionale Carolina e che porta troppo bene!
Ah!…tanto per rendere meno nebulosa la chiacchiera, forse è bene che precisi che sto parlando di mucche. Mucche da latte, per l’esattezza.
Una ricerca scientifica svolta in questi giorni di pieno inverno dall’università di Newcastle, in Inghilterra, ha stabilito senza ombra di dubbio dubbioso che chiamare le mucche per nome aumenta la produzione di latte. Una mucca "battezzata" – sostiene Catherine Douglas, che ha coinvolto nella ricerca 516 allevatori – darebbe 258 litri di latte in più all’anno, perché – essendo trattata come una di famiglia – si sentirebbe più felice e più amata! Per la mucchina in questione, instaurare un rapporto di fiducia e di affetto con il contadino avrebbe insomma una serie di positive conseguenze che vanno dall’aumento delle tette, ops: delle mammelle, alla maggior produzione di latte. E ora che Zaia ha incrementato le quote latte, la notizia casca a taleggio.
Ma figuriamoci se la ricerca andasse oltre. Se stabilisse, ad esempio, che una mucca che si chiama Flauberta desse un latte che riempie la vita di passione solo bevendolo uau; che una mucca che si chiama Obamina desse una svolta democratica alla fattoria degli animali; che una mucca che si chiama Sgarba (che in dialetto veneto vuol dire mammella) producesse un latte pieno di proteine di critica (d’arte)…Non sarebbe meraviglioso?
Be’, per il momento accontentiamoci della scoperta inglese. Ricordiamo di dare un nome alle nostre mucche, di evitare di dire loro che sono stupide o – peggio – pazze!, di trattarle con lo stesso amore che dstribuiamo ai nostri simili. No, non ai simili che arrivano in Italia col gommone. A quelli che arrivano sotto casa col Suv.