Vacanze-mancanze
Siete in vacanza?
Mi auguro di no. Cioè mi auguro che stiate riposando, che stiate facendo una scorpaccia di film in programmazione televisivo-pomeridiana, che stiate leggendo molto più del solito, che abbiate rallentato la corsa affannosa della quotidianità per guardare fuori dal finestrino, che vi gustiate il silenzio (e la musica), che abbiate scordato di mettere la sveglia e che non vi preoccupiate del dormiveglia della vostra mente. Mi auguro questo, ma no che siate in vacanza.
La parola vacanza è bruttissima.. Dà l’idea della sospensione. Vacanza rima con mancanza. Pure nel significato. Vacanza deriva da vacans, che è il participio presente del verbo latino vacare che significa esser vacuo e sgombro, e – vabbè – anche libero. Libero temporaneamente. Le connotazioni della parola vacanza sono tristi, come la maionese senza i cetriolini (grande paragone).
Che vuol dire essere in vacanza? che si è chiuso un momento l’ufficio e sulla vetrina si è appiccicato il biglietto con la scritta Torno subito. Si manca, per un po’. Per il tempo di una pipì e di un caffè. Di una pausa (altra parola che – sarà per via dello iato – mette ansia da attesa).
Comunque d’estate la parola vacanza è tassativa, come l’Ici di ritorno sulla prima casa. Come il panettone a Natale (io preferisco il pandoro), come i fiori di pesco a primavera. Non andare in vacanza d’estate è un po’ come essere affetto da stipsi. Ci sono condizioni, anche stagionali, che richiedono evacuazione.
Siete arrivati a leggere fin qui?
Bene, allora avrete capito che io potrei anche non mettere fuori il bigliettino con la scritta Torno subito. Potrei stare in ufficio a oltranza. Ma sarebbe come se fossi assente pur essendo presente.
Quindi appiccicherò sulla vetrina del blog una delle mie espressioni preferite: A dopo.