L’abbazia di Follina veglia da secoli sulla Sana-Vallis e sui suoi abitanti
Parlare di Sana-Vallis in questi giorni di coronavirus può sembrare un’eresia, ma c’è un luogo nella gioiosa Marca Trevigiana nel quale secoli fa dei laboriosi monaci costruirono un’abbazia chiamandola con il nome di Sana–Vallis (Sana Valle), per evidenziare la fertilità di un territorio che loro stessi contribuirono a rendere ancor più accogliente.
Visitando l’area che avendo come epicentro Follina, si sviluppa ad est verso Vittorio Veneto e ad ovest verso Valdobbiadene, risulta difficile dare torto ai monaci, che rimasero letteralmente incantati da un luogo con il quale il Padre Eterno è stato molto generoso nell’elargire bellezze di ogni genere. Montagne, colline, fiumi, laghi che nei secoli hanno formato un tutt’uno con castelli, palazzi, chiese, monumenti e case.
La storia della Sana–Vallis è legata indissolubilmente alla storia dell’abbazia di Santa Maria di Follina, il monumento simbolo che ha vegliato e continua a vegliare da secoli su questo lembo di Veneto e sui suoi abitanti. Edificata su una precedente struttura benedettina del XII secolo, è una basilica a croce latina, con la facciata rivolta a ponente e l’abside a levante: in questo modo il pellegrino varcando l’ingresso, si incammina verso la luce del sole che sorge, simbolo della resurrezione di Gesù Cristo. Furono proprio i frati cistercensi, sfruttando la ricchezza d’acqua e la laboriosità della gente ad introdurre la lavorazione della lana, facendo di Follina un vero “distretto tessile” con realtà come il Lanificio Paoletti, giunte fino ai nostri giorni.
Rimanere indifferenti al fascino dell’Abbazia di Santa Maria è impossibile. Si tratta di un vero e proprio scrigno che ospita opere d’arte dal valore inestimabile, a cominciare dalla statua in arenaria della Madonna, che venne incoronata nel 1921 con rito solenne. Venerata da prima dell’arrivo dei cistercensi per aver compiuto dei “prodigi”, la sua datazione è antecedente all’anno mille. Durante la prima Guerra Mondiale, nel giugno 1918, caddero ben 264 granate su Follina, senza causare vittime e la devozione popolare attribuisce alla mano protettrice della Madonna di Follina questa grazia.
Da solo merita una visita il meraviglioso chiostro, che nel 2018 ha compiuto 750 anni. Portato a termine nel 1268, è disposto a quadrato e ospita al centro la tradizionale fontana. Ma sono le colonne, con la loro simbologia, con i capitelli e i fregi a farne uno dei più bei chiostri d’Italia. Dal 1915 sono i Servi di Maria i custodi di questo luogo sacro. Parlando dei Servi di Maria, non si può non ricordare Padre Anacleto Milani, che tra il 1917 e il 1918 da parroco e sindaco, divenne un riferimento per Follina e per le zone limitrofe durante la cruenta invasione austroungarica.
Paladino della sua gente, con coraggio lottò contro i soprusi e le razzie patiti dalla popolazione locale durante l’anno d’occupazione divenuto tristemente famoso come “l’anno della fame”. Infine una suggestione: Dante Alighieri potrebbe aver trovato tra le volte dell’abbazia l’ispirazione per il finale del suo immortale poema: la Divina Commedia. Il passaggio del sommo poeta nella marca trevigiana proprio negli anni in cui ideò il suo capolavoro è provato. La scena finale del XXXIII canto del Paradiso, l’ultimo, ha come protagonisti oltre a Dante, la Vergine Maria e San Bernardo, esattamente disposti come nell’abbazia follinese.
Ci piace pensare che Dante possa aver trovato proprio nella Sana Vallis, tra le volte dell’abbazia di Santa Maria, l’ispirazione per il finale di quel capolavoro inimitabile conosciuto in tutto il mondo con il nome di Divina Commedia.
Sempre molto interessanti i tuoi approfondimenti per riscoprire le meraviglie del nostro territorio.
Ottimo articolo. Va ricordato che Follina è zona simica, a rischio quindi.