La violenza sulle donne riguarda tutte e tutti noi: cosa possiamo fare per contrastarla?
Per tutte le spine del mondo
i chiodi piantati nel cuore
questo è il mio sangue, questo è il mio corpo
Li porto via amore
Due anni fa uscì questo singolo di Levante, giovane cantautrice per la sua irriverente Alfonso. Un pezzo, a mio avviso, che racconta la dimensione della violenza all’interno delle coppie, e della volontà della donna, ad un certo punto, di uscire dalla relazione che di amore ha solo l’illusione, liberandosi dalla spirale della violenza e ritornare padrona della propria vita.
Di quale violenza stiamo parlando?
Innanzitutto pensa a chi sono i protagonisti. Solitamente, nelle narrazioni, si riscontrano donne vittime di violenza da parte di partner maschili o ex partner. Infatti, dai dati risulta che, spesso, le violenze sono da ricondursi tra le mura domestiche (per questo si parla spesso di violenza domestica), o comunque tra persone che hanno avuto una relazione d’amore, o che la volevano.
Da qui, si può dare una prima indicazione dei tipi di violenza. La più conosciuta, anche per le immagini che sono diffuse, riguarda la violenza fisica, che si può sostanziare nelle percosse di varia natura, che possono lasciare lividi, cicatrici, ossa rotte. Altra forma riguarda la violenza sessuale, come avere un rapporto sessuale non consensuale, il rifiuto di metodi contraccettivi o del preservativo da parte del partner, come anche baci e carezze non desiderate in quel momento. Una terza forma è la violenza psicologica e verbale: tutto ciò che porta alla svalorizzazione, alla colpevolizzazione, alle minacce, all’intimidazione, all’isolamento, al controllo del tuo comportamento. E ciò può essere svolto per mezzo di urla, controllando i profili social e il telefono della propria partner, alle richieste, sempre più violente, di come la propria partner deve vestirsi, atteggiarsi, chi può o non può frequentare. L’ultima forma, ma non per questo meno importante, è la violenza economica, vale a dire l’incapacità della partner di poter disporre del denaro in maniera libera. Nella pratica può significare che la partner deve chiedere i soldi al proprio compagno, avere una limitazione nell’accesso dei beni primari, dover giustificare ogni spesa. O anche il dover lasciare il lavoro su sua insistenza, anche tramite continue prevaricazioni quali telefonate insistenti durante l’orario di lavoro o la richiesta continua di ferie e permessi, dover chiudere il proprio conto in banca per averne solo uno condiviso, la sua continua verifica del tuo conto, far sentire il peso costante della disparità di salario percepito.
La violenza, però, non si conclude con questa prima lista: pensiamo alle figlie e ai figli delle coppie. In molti casi assistono alla violenza che si attua in famiglia e, spesso, non hanno gli strumenti e le capacità per comprendere, per proteggersi, per chiedere aiuto. Altre volte sono essi stessi vittime della violenza: in alcuni casi, per ripicca verso la partner, può accadere che siano loro i primi a morire, che anche loro possano essere bersaglio di violenza fisica o psicologica, o che possano diventare orfani dei genitori, per la morte della madre causata dal padre che può finire in carcere.
Un altro dato importante riguarda la violenza nelle coppie adolescenti. Come per le persone adulte, anche loro possono essere protagonisti di relazioni tossiche e prevaricanti. Accade che ci sia violenza verbale, anche in pubblico, il controllo da parte del partner del tipo di abbigliamento o delle frequentazioni, il controllo dei social (magari anche perché si scambiano le rispettive credenziali, in fiducia) o dello smartphone. Fino ad arrivare a ricatti, spesso di natura sessuale, come il revenge porn (condivisione senza consenso di immagini o video di natura sessuale) o il body shaming.
Infine, non si può parlare solo di violenza, si deve parlare anche dei femminicidi. Un termine che, per alcune persone, può risultare fastidioso: infatti c’è chi lo critica in quanto comunque sono omicidi. Dal mio punto di vista, dato che parole creano la realtà, è fondamentale dare a questo fenomeno il corretto termine.
Come per la violenza sulle donne, anche il femminicidio, l’uccisione di donne per mano di uomini, ha una connotazione culturale molto precisa. Si tratta di violenza di un genere verso un altro genere, di uomini verso le donne, proprio perché sono donne. Donne che non vogliono stare in relazioni tossiche con uomini che calpestano la loro dignità, donne che vogliono essere libere e autodeterminate di scegliere per sé e per la propria vita. Donne che non sono più disponibili a seguire una narrazione di asservimento. Donne che, di fatto, vogliono decostruire il sistema culturale di tipo patriarcale, per proporre un sistema di parità, non solo formale, ma anche sostanziale tra i generi.
Cos’è la spirale della violenza?
Proposta da Lenore E. Walker, psicologa statunitense, è una rappresentazione del ciclo dell’abuso all’interno della violenza domestica. Inizia con l’attivazione della tensione: ci sono comportamenti, da parte dell’abusante, di tipo intimidatorio, di svalorizzazione e di isolamento della partner dalle sue relazioni, in una escalation fino ad arrivare alla seconda fase, quella dell’abuso. Qui, si può manifestare in modo più incisivo la violenza psicologica e verbale, come la violenza fisica, o altre forme. La terza fase è quella del pentimento, della “luna di miele”. In questo caso l’abusante vuole riappacificarsi, anche attraverso regali e promesse. L’ultima fase è quella della latenza, dove sembra ci sia una calma che, però, è solo il preludio di un nuovo ciclo di abuso, peggiore del precedente. In questa ultima fase l’abusante può cercare all’esterno le cause che gli hanno indotto il suo comportamento. In tutto questo la persona abusata può passare da un aumento della paura, fino alla paura della morte (fase 2) alla volontà di credere al pentimento del partner (fase 3) pensando di essere salva da eventuali altri episodi, fino anche a interiorizzare che sia stata colpa sua l’aver istigato il partner a comportarsi in quel modo nei suoi confronti.
I numeri della violenza.
I media riportano, quasi ogni giorno, un fatto di cronaca riguardante la morte di una donna per mano maschile. Dall’ultimo report dell’Istat, muore una donna ogni 72 ore. La Polizia di Stato ha pubblicato un proprio report in cui si possono trovare, oltre ai dati che hanno raccolto relativi alla violenza, anche le proposte attuate dalle stesse Forze dell’Ordine per contrastare e prevenire il fenomeno. Riguardo la violenza assistita dalle bambine e dai bambini, si può leggere il documento di Save the Children.
Queste statistiche rivelano un quadro esistente e complesso: possiamo toccare con mano gli effetti di questo fenomeno così presente e quotidiano.
Quali sono le possibili traiettorie?
Proprio come nella canzone di Levante, è fondamentale dare l’opportunità alle donne di uscire dalla spirale di violenza e dalle forme di prevaricazione. Da un punto di vista legislativo, ad agosto è entrato in vigore il Codice Rosso, una legge che va a modificare le norme circa la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Accanto a questo, in Italia abbiamo i centri antiviolenza e le case rifugio, per dare alle donne sostegno, protezione e tutela, per quanto siano in difficoltà e alcune siano anche state chiuse. Dal 2009 è stato istituito anche il numero verde 1522. A volte, però, la denuncia da sola non basta: non sempre le donne riescono a compiere questo passo, a volte non sono ascoltate e/o credute, a volte anche se denunciano non sono sufficientemente tutelate e muoiono ammazzate, o continuano a vivere in una situazione di violenza e prevaricazione.
Ma tutto questo non basta. Come avevo accennato riguardo i femminicidi, è fondamentale incidere sul tessuto culturale. E’ di vitale importanza diffondere la cultura della non violenza e della parità di genere, attraverso percorsi per decostruire stereotipi e pregiudizi di matrice patriarcale, promuovere nuove narrazioni per donne e uomini, a partire dalle bambine e dai bambini. E’ inutile, dal mio punto di vista, una educazione solo per le donne, è tempo che anche gli uomini siano al loro fianco, a partire dall’infanzia. Anche perché, questo è il quadro che Istat riporta riguardo gli stereotipi di genere dove ancora, ad esempio, persiste il pregiudizio che la donna che ha subito uno stupro sia in qualche modo colpevole. Qui entra in gioco la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, forse più conosciuta come Convenzione di Istanbul, adottata dal Consiglio d’Europa nel 2011 e ratificata in Italia nel 2013. Questo dispositivo finalmente chiarisce alcuni termini e mette al centro la necessità di un cambiamento culturale e sociale, proprio traguardando una parità di genere che, dal mio punto di vista, può essere ottenuto solo se tutti gli attori e le attrici in campo si rendono protagonisti di questo cambiamento. Infatti questo documento, oltre a promuovere l’attuazione di sistemi di presa in carico, di supporto, di assistenza, e alla indicazione di ciò che riguarda la materia penale circa i reati, pone l’accento sulla prevenzione, attraverso la formazione delle e dei professionisti, alla educazione nelle scuole, alla sensibilizzazione con campagne mirate (capitolo III – prevenzione).
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Onu nel 1999. La data è stata scelta per ricordare l’uccisione delle tre sorelle Mirabal, morte, dopo essere state tortutate, per mano del servizio segreto militare. Le tre sorelle, che hanno combattuto la dittatura di Trujllo, nella Repubblica Dominicana, stavano facendo ritorno dalla visita in carcere dei mariti di due di esse.
Un giorno per ricordare, per riflettere, per manifestare, per dare voce alle donne che sono morte o sono vittime di violenza da parte degli uomini. E anche per dare sostanza a tutte quelle forme di tutela per le vittime, e per promuovere progetti dove donne e uomini siano affianco, le une con gli altri, per attuare un cambiamento sociale e culturale che promuova una parità sostanziale e concreta. Un giorno che deve essere ogni giorno.
Se vuoi approfondire il tema, suggerisco un paio di libri:
Romito P. (2005), Un silenzio assordante. La violenza occultata su donne e minori, Franco Angeli
Bonura M.L. (2016), Che genere di violenza. Conoscere e affrontare la violenza contro le donne, Erickson
Dott.ssa Elena Toffolo
(Photo by Tim Marshall on Unsplash)