Medici abortisti discriminati
Le donne in Italia continuano a incontrare “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi d’interruzione di gravidanza, nonostante quanto previsto dalla legge 194 sull’aborto. L’Italia viola quindi il loro diritto alla salute. Lo ha affermato il Consiglio d’Europa, pronunciandosi su un ricorso presentato dalla Cgil. L’Italia discrimina medici e personale medico che praticano l’aborto.
Il ricorso è stato presentato dalla CGIL la quale sostiene che questi sanitari sono vittime di svantaggi lavorativi in termini di mole di lavoro, distribuzione degli incarichi, opportunità di carriera, ferie, congedi parentali e maternità. Il Governo di fronte al Consiglio d’Europa non ha saputo dare nessuna spiegazione.
A rendere impraticabile l’interruzione di gravidanza c’è anche da una significativa diminuzione sul territorio nazionale del numero di strutture dove si può abortire, dalla mancata sostituzione di medici non obiettori quando sono assenti per malattia, ferie o pensione. Le strutture non hanno ancora adotattato tutte le misure previste dalla 194 per garantire il servizio di interruzione volontaria laddove esistono medici obiettori di coscienza.
Eppure, in Italia, c’è chi vuole ridurre i diritti della legge 194 rendendo ancora più difficile una maternità consapevole.
In altri Paesi non si è nemmeno legiferato e dove lo si è fatto i movimenti anti-abortisti vogliono promuovere un referendum per l’abrogazione della legge.
Il Vaticano continua ad essere contro la legge, ma anche contro la contraccezione.
Dopo 42 anni, non sono ancora pronti, ma ci stanno lavorando!!!!!
Buffoni.
Credo che lo stato non sia così laico come dovrebbe…la chiesa ha un’ influenza ancora fortissima in molti settori, non ultimo la medicina purtroppo.
La discriminazione di cui parla è accettata e ricercata negli ambienti della nostra sanità, siamo in lenta evoluzione…troppo lenta secondo me.
Mi auguro che si riesca ad evolvere verso uno stato più laico e di più ampie vedute rispetto alle libertà di scelta che vengono costantemente limitate per ideali vecchi e ad oggi scaduti.
Radici ancora profonde di chiesa cattolica che non fanno bene alla sanità.
Speriamo di liberarcene al più presto.
La capacità di separare la religione dalla politica è a mio modo di vedere essenziale e non ancora raggiunta.
E’ vero, Tomaso, il raggiungimento di uno Stato laico è molto lontano e la medicina, come molti altri settori, ne subisce le conseguenze. L’autonomia tra Chiesa e Stato sembra ormai irragiungibile. Ma oltre all’interruzione di gravidanza sulla cultura cattolica pesa anche il mondo gay e l’eutanasia legale. La discussione sull’eutanasia legale è stata derubricata in Parlamento, se non mi sbaglio, 9 volte.
E perché mai il pensiero bimillenario della Chiesa (e di tutte le chiese) non dovrebbe avere diritto di cittadinanza mentre il suo anticlericalismo a prescindere, Egr. Vendramelli, dovrebbe averlo? La nostra Costituzione non consente ghettizzazioni in tal senso. E se ci sono cosí tanti medici antiabortisti, magari è perché sanno che un aborto è comunque soppressione di una vita in formazione. O secondo lei (facile fare il censore della coscienza altrui) questo non è vero?
Michele mi pare che la 194 garantisca appieno il mondo cattolico il quale come dici tu ha il diritto di affermare la propria identità. Quella che non è garantita è la tradizione laica.
La natalità zero e l’ottemperanza di una legge dello Stato sono due cose diverse. Ma il problema che sollevi non è certo marginale.
Vero, o Mario, sono due cose diverse ma tessono lo stesso ordito. In entrambi i casi prevale il pensiero che induce a non procreare. I motivi di questa scelta sono anche moltissimo differenti ma, astenendoci da qualsiasi giudizio su tali motivi, il risultato non cambia: si nega la propagazione della vita. E allora il problema più grande è che non ci siano medici abortisti o che diffusamente si ritiene la vita non degna di essere perpetuata?
Non credo si tratti di una vita non degna da essere perpetuata. E’ mancata una politica seria a favore della famiglia e avere dei figli oggi, con la precarietà dei tempi, significa poterli avere in un’età troppo avanzata; lavoro stabile, matrimonio, casa. Un figlio all’Università costa sui 2000/3000 euro l’anno. E finita l’Università entra nel grande mondo, se tutto va bene, del precariato.
Certo, o Mario…anche l’inverno demografico, i bambini che non nascon più… è un problema mica da poco…