Brutte facce
Una volta venivano chiamati "brutti ceffi" quei tizi "troppo poco raccomandabili", di cui – se ti fosse capitato di incontrarli di notte, per strada – dovevi avere almeno una "paura boia".
Oggi tutte queste espressioni virgolettate non si usano (quasi) più. "Brutti ceffi"- detto oggi – fa venire in mente i "malandrini" della favola di Pinocchio, mentre la locuzione "poco raccomandabile" rimanda a una caratteristica morale diffusa, veniale, moderatamente negativa. "Paura boia" resiste di più, ma solo nel lessico familiare, negli scambi di battute molto colloquiali.
Insomma, tergiversando sulla spuma del lessico attuale, mi chiedevo quale espressione, circonlocuzione, immagine o vocabolo potesse designare in maniera adeguata i quattro bestiali individui, gli aguzzini di Musano, che oggi hanno riempito con le loro brutte facce l’home page di OggiTreviso, e di altri quotidiani.
Be’: l’unica parola che io butterei lì, sulla crapa degli scriteriati, è "mostri". Un "termine" che li esclude dal regno umano e animale. Per relegarli, si spera, in un recinto posto in qualche angolo buio della nostra società.
A proposito di buio, persino i miei occhi oggi si sono rifiutati di osservare troppo a lungo quelle brutte facce. A un certo punto, non ci ho visto (quasi) più. Confondevo musi, lettere, parole…e così ho deciso di allontanarmi dal monitor luminoso per fare una pausa rinfrancate e una bella doccia. La pausa goduriosa è consistita nell’innaffiare le piante del terrazzo che, poverette, erano già gonfie d’acqua, mentre per rendere carezzevole la doccia ho usato un profumatissimo docciaschiuma al frangipane (plumeria acutifolia, in botanica): una pianta dai fiori carnosi con morbidi petali arrotondati.
A dire il vero, il pofumo del docciaschiuma mi ha convinto, meno l’effetto schiumogeno visto che, a contatto con l’acqua, non sono riuscita a vedere prodursi nemmeno una bollicina. Dopo la doccia ho deciso di utilizzare la crema-corpo al frangipane. Ne ho usata una quantità decorosa prima di rendermi conto che il profumo mi convinceva, ma che quelle bollicine e quella schiuma che si produceva a contatto con la pelle umida avevano qualcosa che non andava.
Insomma mi sono decisa a infilare gli occhiali. E a rifare una doccia veloce. Fuori, intanto, ricominciava a piovere sulle piante appena annaffiate e c’era di nuovo, di nuovo (anche davanti agli occhi) un tempo da lupi.