Quale futuro per l’Europa?
Quale futuro per l’Europa?
VITTORIO VENETO – “L’Europa che verrà” prenderà nuova forma, anche sulla base dei risultati delle elezioni del 26 maggio, che si svolgeranno nei 28 paesi, compresa la Gran Bretagna, nonostante la sua Brexit!
Questo appuntamento, sicuramente storico, torna a quarant’anni dalle prime elezioni a suffragio universale del 1979.
Si tratta di un lungo periodo di tempo, che in qualche modo ha condizionato la storia dell’Europa nel mondo, garantendo innanzitutto la pace. ..
L’Italia negli anni ‘70 giocò un ruolo fondamentale, fu lievito per dare forma a questo progetto, che conserva ancora oggi l’alone del sogno, come molti giovani continuano a mettere in evidenza.
Se per dissodare il terreno del dramma del dopoguerra Alcide De Gasperi giocò un ruolo importante, senza dubbio l’eredità degasperiana fu lievitata da Aldo Moro.
Il suo penultimo discorso alla Camera dei Deputati, il 15 febbraio 1977, diede il via al disegno di legge di approvazione del cosiddetto “Atto 1976”, che introduceva la elezione a suffragio universale diretto del Parlamento Europeo.
Moro sin dalle prime battute volle rilevare “la sollecitudine con la quale il Parlamento procede a questa ratifica, e dall’altro questa larghissima manifestazione di consensi.
Questo certamente è un fatto politico: tutti insieme abbiamo voluto rapidamente aprire la strada alla ratifica anche in altri paesi”.
Su questo argomento, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sabato 18 maggio, in occasione del 75° anniversario della battaglia di Montecassino, ha sottolineato:
“Coloro che qui combatterono e caddero, lo fecero per liberare l’Italia dal nazifascismo, e per rendere possibile la nascita di una nuova Europa, i cui popoli, abbattute le ultime barriere che troppo a lungo hanno diviso il nostro Continente, potessero sentirsi uniti. Come oggi possono dirsi, in un’Europa finalmente libera dal giogo della dittatura e del conflitto. Un’Europa della libertà contrapposta a quell’Europa della prevaricazione e degli orrori …
I tre quarti di secolo trascorsi da allora – ha aggiunto Mattarella – non hanno intaccato il senso di profonda riconoscenza degli italiani nei confronti di quanti hanno combattuto.
Un sentimento che è anche un monito per le generazioni che si susseguono. Un monito a non cadere più negli errori della guerra, a rispondere alle sfide del nostro tempo rilanciando il progetto di cooperazione europea, rinsaldando il legame fra i nostri popoli e i nostri Paesi, unico antidoto al ripetersi di conflitti fratricidi… Un’Europa ancora in cammino, che non deve mai rinunciare a divenire più inclusiva e giusta, ma anche un’Europa che è e rimane – come il Presidente Duda e io, insieme ad altri 19 Capi di Stato dell’Unione, abbiamo recentemente ricordato, invitando i cittadini europei a partecipare al voto – “la migliore idea che abbiamo mai avuto”.
Montecassino, e tutti i luoghi nei quali si è combattuto per la libertà, sono memoria e riferimento presente e futuro per la pace e la prosperità di domani”.
Alla luce di queste considerazioni, ecco questa intervista/riflessione con il prof. Pasquale Di Nunno, già docente di Storia e Filosofia al Liceo “Flaminio” di Vittorio Veneto e attualmente preside in quiescenza.
Perché dobbiamo sostenere la cittadinanza europea?
In questi ultimi tempi, tra le parole che sono sembrate annunciare una rigenerazione messianica del Continente europeo, una in particolare ha affascinato e, forse, illuso: la parola “sovranismo”. Cosa significhi non è facile spiegarlo. Ma c’è una formula che tutti usano e declinano a proprio uso e consumo e che, attraverso la sua declinazione, svela la menzogna che vi si cela: “Prima gli Italiani”. Perché non dirci d’accordo? Il guaio è che questa formula conosce infinite repliche, del tipo “Prima i Francesi”, “Prima gli Ungheresi”, “Prima gli Austriaci” … per finire (o forse iniziare?) con un certo Trump che aveva detto “America first”.
Voglio dire che mi è capitato spesso di chiedermi in questo anno quanti di questi “messia”, che addebitano la povertà, la disoccupazione ai vincoli e alla burocrazia dell’UE, che avrebbero inceppato lo sviluppo e il progresso, quanti di questi signori abbiano letto gli articoli del Trattato di Roma del 25 marzo 1957, che istituì la Comunità Economica Europea. Non inganni l’aggettivo “economico”, perché i ben 248 articoli spiegavano modalità, passaggi, percorsi per un’integrazione che andava ben al di là dell’economia.
Chiarisci meglio l’idea di cosa voleva essere la Comunità Europea…
E’ sufficiente leggere qualche frase degli articoli 2 e 3, dove si chiariva che
La Comunità ha il compito di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della Comunità, un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano.
Quali erano e sono gli strumenti che dovevano essere adottati? Elencane alcuni…
c) l’eliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali,
d) l’instaurazione di una politica comune nel settore dell’agricoltura,
e) l’instaurazione di una politica comune nel settore dei trasporti,
f) la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune,
g) l’applicazione di procedure che permettano di coordinare le politiche economiche degli Stati membri e di ovviare agli squilibri nelle loro bilance dei pagamenti, …
i) la creazione di un Fondo sociale europeo, allo scopo di migliorare le possibilità di occupazione dei lavoratori e di contribuire al miglioramento del loro tenore di vita,
j) l’istituzione di una Banca europea per gli investimenti, destinata a facilitare l’espansione economica della Comunità mediante la creazione di nuove risorse …
Perché hai ritenuto necessario citare, in parte, due soli articoli?
Anzitutto, per rendere evidente la superficialità, se non l’ignoranza di chi addebita i mali della società europea all’Unione Europea.
In secondo luogo, per sottolineare che la sempre più complessa struttura organizzativa dell’Unione europea ha, purtroppo, spesso tradito i valori fondanti dell’europeismo.
In terzo luogo, tentare di spiegare nella stagione del globalismo, nella quale per di più a decidere dell’economia, delle aree di povertà e di sviluppo, degli squilibri nella distribuzione della ricchezza sono soggetti “potenti”, del tipo Stati Uniti, Cina o organismi multinazionali o sovranazionali, che controllano lo sfruttamento delle materie prime e della finanziarizzazione della ricchezza. Pensare che il governo di Vienna o di Roma o di Parigi o di Budapest possa in maniera efficace decidere delle grandi scelte economico – politiche, tutto questa è una pia illusione, che oggi viene spacciata come “il rinnovamento”.
Concludiamo con qualche esempio?
Piaccia o no, la storia dell’umanità, di cui siamo parte, è stata caratterizzata da enormi incontenibili flussi migratori, che hanno modificato radicalmente l’assetto di amplissime regioni.
Come il fenomeno migratorio può essere governato? Attraverso una gestione che renda tutti gli Stati dell’Unione Europea “corresponsabili”: se questa corresponsabilità si è arenata a Dublino, è perché è prevalsa la logica “nazionale”!
L’istituzione della Banca Europea era stata pensata per sostenere investimenti, per creare nuove risorse, per garantire stabilità alle strutture monetarie attraverso un controllo del debito. Se questo non ha funzionato, chiediamoci il perché e decidiamo nuovi strumenti. Ma pensare che la Grecia, l’Italia, l’Austria … che ciascuno di questi pensi agli affari della propria casa e dire, come si è fatto in questi giorni, “noi sforeremo il 3%” oppure “noi non pagheremo i debiti dell’Italia”, ebbene questa logica impazzita del porta alla distruzione del benessere che – a qualcuno sta sfuggendo – è un interesse comune, è una risorsa comune, è un percorso di sviluppo comune.
Un’ultima considerazione. Forse tra quelli che oggi non hanno alcun dubbio sulla necessità di un’Europa sempre più unita ci sono i giovani della generazione “Erasmus”, quelli che per acquisire competenze e professionalità varcano i confini nazionali, anzi non credono che esistano confini e vogliono una scuola, dove le certificazioni delle competenze siano ovunque riconosciute e non esitano a cercare uno sviluppo di maggiore qualità, andando a lavorare in un Ospedale di Monaco di Baviera piuttosto che in qualche regione italiana.
Non ho alcuna pretesa di avere in mano la formula che risolva tutti i problemi.
Voglio solo rivolgere un invito. Se riflettiamo con intelligenza, capiamo che oggi abbiamo bisogno di un’Europa più unità, più coesa, più forte.
L’alternativa? Un’Europa di stati e staterelli, politicamente ed economicamente irrilevanti rispetto ai colossi politici e ai potentati economici. Decideranno altri per noi!
Ecco perché ci auguriamo che venga presto il giorno in cui si possa dire “io sono un cittadino europeo”! Sarà, certo, un cammino arduo, ma per problemi complessi non ci sono soluzioni semplicistiche.
pietro.panzarino@oggitreviso
Se riflettiamo con intelligenza, capiamo che oggi abbiamo bisogno di uscire al più presto da quest’europa despota e criminale che con le sue leggi capestro sta mettendo in ginocchi l’Italia.
Dobbiamo riottenere la nostra sovranità monetaria e smetterla di chiedere in prestito denaro ad una banca privata (BCE).
Sin da prima della nascita dell’euro, Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia nel 2008 , ha manifestato la sua contrarietà all’euro dicendo nel 1999 “Adottando l’Euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”.
Ottima e chiara riflessione