FINALMENTE SI PARLA DI DOCENTI!
Finalmente si parla di docenti! E si parla con cognizione di causa e non più come dipendenti pubblici con due mesi di ferie. Ci è voluta una pandemia per capirli, per apprezzare il loro lavoro, un lavoro difficile, complesso, delicato; lo stesso Sigmund Freud lo fa addirittura rientrare tra i mestieri impossibili: psicanalizzare, governare, educare. Le classi-pollaio, come le chiamano, di 28/30 allievi di diversa provenienza, con livelli di cultura non omogenei e non sempre rispettosi della disciplina. Dover insegnare in scuole fatiscenti in cui le segnalazioni relative alla sicurezza rimangono inascoltate oppure in istituti di “frontiera” con allievi di difficile gestione per problemi di contesto sociale. Le carenze di risorse e di personale – tanto che nelle nomine per l’assegnazioni alle classi, gli ultimi docenti vengono chiamati dopo più di un mese e mezzo dall’inizio della scuola –, le grandi responsabilità di fronte alla vita dei propri allievi in classe e fuori, nei corridoi, in palestra, nei laboratori. Infatti se si permette ad uno studente di andare in bagno ci si prende un onere enorme, perché non ci sono sufficienti collaboratori scolastici per vigilare in quanto tutto ciò che accade nell’istituto scolastico, ricade sul professore in orario. Tutte difficoltà che si aggiungono alle criticità del contesto e a quelle intrinseche del mestiere dell’insegnante. Non a caso quella degli insegnanti è diventata la categoria tra le più ad alto rischio di burnout. Ciò che scrivo non vuole essere però un’apologia del docente ma una presa di posizione verso un lavoro che richiede passione, tenacia e determinazione ma soprattutto rispetto. In questo tempo di coronavirus e di isolamento domiciliare, è emersa tutta la forza di volontà e di professionalità del corpo docente che in tempi stretti ha dovuto imparare da solo ad usare le piattaforme digitali indispensabili per fare lezione a distanza. Video chat, lezioni registrate, tutorial da copiare ed incollare, foto inviate via whatsapp, schede fotografate, power point interattivi costruiti di notte, compilazioni di registri elettronici mai utilizzati prima. Ore e ore su internet e piegati sulla scrivania a programmare le videolezioni, a studiare per trovare le soluzioni più opportune e appropriate ai ragazzi: Meet e Classroom, WeSchool e Zoom e Skype e ancora ad aiutare gli studenti a superare l’imbarazzo della webcam, a correggere i compiti via online ed anche a rassicurarli sulla situazione Covid-19 come ragazzi smarriti e preoccupati. Ogni giorno in collegamento, la DaD (Didattica a Distanza) organizzata in collaborazione tra i vari insegnanti per non appesantire le giornate degli allievi. Lo sforzo del docente è quindi notevole e probabilmente lavora più ora che prima, in classe virtuale e non reale. Finalmente le famiglie sono state coinvolte, non più i genitori spettatori esterni sempre pronti a criticare le azioni dei professori ma partecipi degli sforzi per tenere i propri figli attenti di fronte ai computer o agli smartphone. La scuola oggi si fa a casa: genitori che mutano atteggiamento di fronte a questa scuola on line, spronano i loro “pargoli” a seguire, a studiare e studiano con loro considerato che le videolezioni sono seguite anche da madre e padre, non sempre, per affiancarsi e per capire le conoscenze e le competenze richieste. Quando usciremo da questo periodo di chiusura forzata, forse riusciremo ad avere una scuola migliore in cui ci sarà una collaborazione attiva e formativa tra docenti e famiglie alla luce di un futuro positivo per i ragazzi.
A Parigi le scuole si apriranno il 18 maggio. La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, ha detto che ciò è determinante.
Auguro buona fortuna al sindaco di Parigi Anne Hidalgo e agli studenti e ai propri genitori.
Ottimo articolo! La professione dell’insegnante è una professione che richiede autorevolezza in un mondo dove le figure “cacca e distintivo” di cui fanno spesso parte genitori ovviamente non possono comprendere.
Per ottenere autorevolezza oltre all’esperienza c’è bisogno di doti innate di umanità, sensibilità pazienza e naturalmente un buono stato d’animo, merce rara al giorno d’oggi che però è preziosissima per la formazione dei giovani uomini e delle giovani donne.
Lo stato come sempre intralci ciò che sarebbe semplice e complica ciò che sarebbe scontato perché segue logiche di interesse aliene alla vita pubblica non per ultimo l’uso degli strumenti di apprendimento a distanza, auspico un rapido ritorno alla normalità.
Gentile Denisio sono perfettamente d’accordo con lei anche per quanto riguarda quello stato che per troppo tempo si è dimostrato latitante nei confronti della scuola e dell’istruzione. Grazie
Gentile signora condivido il suo articolo in toto. Sulla scuola ci sarebbe tanto da dire e tanto è stato detto.
Mi viene in mente Usando frasi fatte, direi che è lo specchio della nostra società, divisa e in continua ebollizione.Tanti interventi ma mai risolutivi, per un cambiamento ragionato discusso a fondo. Dalla Falcucci, 1977 alla Fedeli quasi 40 anni di cambi o modifiche, passando per Moratti, Berlinguer, Gelmini e Renzi. 80 Associazioni varie e 10/12 sindacati vari. Insomma tutti uniti nella divisione.
Ma il motivo di questo mio post è che si i Docenti, ma anche gli Studenti hanno dato una risposta positiva e responsabile in questa occasione. Buon principio perché diritti e doveri delle due parti dovrebbero essere coniugati più spesso assieme. Non facile. Restano non ultimi i genitori-famiglie che, forse hanno capito che l’impegno educativo è importante, non semplice, formativo e che non si deve picchiare un insegnante per un brutto voto dato al figlio. Ma collaborare stando ognuno al proprio posto.
Ha ragione, gli studenti, magari non tutti sono da apprezzare perchè pur nelle difficoltà si sono dimostrati affidabili e diligenti
Benvenuta, dal blog accanto, da dove non posso che condividere il centro di questo post. Tuttavia un passaggio non può lasciarmi indifferente, né può essere liquidato come dettaglio inutile: le “classi-pollaio”. Non è giusto che ci siano classi-pollaio. Ma nemmeno i pollai sono giusti, essendo opposti all’etologia dei malcapitati. Cosa c’entra? “Non volevo parlare di altri animali”? Il mondo è uno, è questo, e non ci sarebbe questo post senza causa antropocentrica. Perciò non affrontare questo modo di dire, quei simboli che ci rappresentano, è non affrontare il problema, sicché non ci sarà una scuola che evolve, se gira in tondo nell’ideologia. E neanche l’1% dei polli, che ha detenzioni migliori, incontra la bella morte. Quella prematura, violenta, superflua e dannosa per tutti, umani e non, è sempre ingiusta. La zootecnia è parte in causa zoonotica per la distruzione della biodiversità e per la predazione della biodiversità residua ghettizzata. E’ ora in studio il legame tra particolato zootecnico e virus, particolato zootecnico che, covid o no, comunque uccide in Italia 10000 persone, altre 10000 di infezioni, e tanti altri per le malattie tipiche. I morti sono tutti uguali, anche se gli zeri della covid19 sono ora sotto i riflettori. Spero che chi ha studi di filosofia concordi nel voler lasciare l’antropocentrismo tra le abitudini da lasciare al passato, per un futuro che non sia di vecchie indolenze, ma di lezioni apprese. Spero anche vorrai perdonare la decisione di questo commento, ma, credimi, c’è chi sta molto peggio e non so come metterla più gentile, in accordo con le tue sicuramente buone intenzioni.
Buongiorno vicino, il confronto è il modo più corretto di dialogare anche se per scritto. E’ vero, il termine classe-pollaio è duro e si presta alla tua dissertazione zootecnica ma purtroppo è un termine coniato ad hoc per classi di 28/30 alunni in cui è molto difficile far lezione e soprattutto imparare. Il confronto con la situazione terribile di pollai da sfruttare in modo intensivo può essere “valida” se si intende come abuso della natura dell’essere vivente ma ritengo che l’antropocentrismo come causa di mancanza di evoluzione non sia proprio esatto…. Ecco, l’ideologia è più consona come causa considerato che la formazione delle classi non spetta alle scuole ma al Provveditorato che a sua volta risponde a problematiche finanziarie, a tagli di spesa. Il problema diventa così grave: accogliere tutti gli studenti, fare selezioni al momento dell’iscrizione’ Non è giusto, quindi capita che ci siano classi sovraffollate con tutte le difficoltà consequenziali. Quante richieste, quante firme per risolvere il problema ma lo sai anche tu nel tuo settore, se una situazione non rientra nelle priorità del sistema per motivi squisitamente economici, si lasciano stare le cose come stanno. Giuste o non ingiuste
Già, in effetti il termine è di uso corrente, ahimé, e proprio e anche su questo dovremmo riflettere. Ho citato l’antropocentrismo è per restare nell’ambito più generale della cause ideologiche, senza particolareggiare con specismo e carnismo (Melanie Joy). In questo caso non lo attribuivo all’elevato numero di studenti per classe, ma alla zoonosi, che è sicuramente causata dall’antropocentrismo, anche se non è l’unico effetto di questa generale causa di distorsione della realtà. Quanto all’evoluzione ostacolata da questa ideologia, anche questo è ovvio. Le scoperte pubblicate nel 1859 hanno prodotto l’effetto opposto, cioè hanno incattivito chi si è sentito spostato dal centro dell’universo, con tutte le conseguenze che paghiamo ancora oggi. Potremmo azzardare e dire che se oggi parliamo di zoonosi è perché il Leopardi intero è stato distorto in chiave antropocentrica, e il non aver considerato la sua parte più empatica ha distorto i nostri rapporti con la biosfera, toppo vicini di violenza e ora murati e troppo lontani per le ferite che abbiamo inferto.
Visione eccessivamente edulcorata dell’ accaduto. Vista la emergenza e la sua unicità si è fatto certo il meglio che si poteva. Chapeau a quei docenti (non certo tutti…) che si son dati da fare evitando la deriva completa degli studenti ma la “scuola non si fa” e non si può fare ordinariamente a casa, tranne che per iniziative di contorno. La scuola si fa a viso aperto, in luogo e modalità pubblica ed accessibile con parità di possibilità di apprendimento per tutti.
Signor Bastanzetti, “edulcorata” è un termine che va bene per le favole e la situazione dei docenti non è una favola. Lo stile di un articolo fa parte della persona che scrive e può piacere oppure no, non è un problema ma sono dati reali, concreti quelli che ho citato nei confronti dei quali i docenti ( fisiologico il non tutti come per ogni categoria) hanno dimostrato senso del dovere e di professionalità impedendo una catastrofe scolastica di cui a livello del sistema, c’erano tutte le premesse. Lei scrive che la “scuola non si fa” e non si può fare ordinariamente a casa, nessuno mai ha detto il contrario, tanto meno io l’ho sostenuto. Ho 42 anni di insegnamento amato e le lezioni le ho svolte sempre frontali con tanta passione per i ragazzi e per ciò che veniva loro insegnato, infatti auspico una collaborazione attiva e formativa per il futuro. Quello che ho scritto era solo riferito al contesto (l’importanza del contesto quando si parla) in cui la scuola si trova e all’importanza della famiglia che da casa ha finalmente capito che la scuola è un affare serio fatta da persone serie e attaccate al proprio lavoro