Aggiornamenti sulla salute. Documento integrale.
Integro gli aggiornamenti sulla salute dal congresso di Ssnv e Sinve del 9 giugno, dopo il post sulle prime relazioni. Come nell’articolo precedente, nella sintesi ci sono i miei commenti. Il documento integrale, con tutti gli interventi e le bibliografie, è qui.
Con il dr. Alberto Donzelli si parla di cause di malattia e mortalità:
l’adesione ad una dieta mediterranea vera, con cibi da animali fortemente limitati, non come scusa: riduce la mortalità del 47% e del 73% se accompagnata ad attività fisica scelta liberamente.
Insufficiente consumo di frutta secca oleosa: 24 g al dì di noci, mandorle, pistacchi o nocciole riducono la mortalità del 25%. In Italia si è stimato che un consumo di 20 g al dì (rispetto a quello medio attuale di soli 2 g al dì) risparmierebbe ogni anno quasi 70.000 morti.
Come dire, non abbuffarsi di noci a Natale escludendole poi per tutto l’anno. Le linee guida del PiattoVeg prevedono il settore della frutta secca e dei semi oleaginosi, che invece è ampiamente trascurato nella comune dieta onnivora.
Insufficiente consumo di frutta e verdura: Mortalità totale -30% per consumo di 800 g totali al dì. In Italia si è stimato che un consumo di 500 g al dì (anziché quello attuale) risparmierebbe ogni anno oltre 35.000 morti.
Insufficiente consumo di cereali integrali: mortalità totale -30% per consumo di 230 g totali al dì. Un consumo giornaliero di 100 g sarebbe già in grado di ridurre la mortalità totale del 20%.
Cioè, perché mangiare sempre e solo la metà peggiore di un unico cereale nella pasta da farina 00, conservata in grandi volumi nelle cucine italiane? I cereali integrali biologici sono distribuiti con confezioni più piccole, essendoci molta meno aria, in rapporto sia al peso che ai nutrienti: quindi, oltre che più sani richiedono molta meno plastica. Tornare alla pasta di tanto in tanto potrebbe essere un buon fattore di varietà, piuttosto che rendere monotoni i primi, ferma restando la varietà di ricette sia per la pasta che per i cereali integrali.
Alto consumo di carne rossa e lavorata: mortalità maggiore del 10% in chi mangiava più carne rossa, del 23% per la carne lavorata, del 29% per entrambe. Sono dati confermati anche da altri studi. Come ricorda la Fondazione Allineare Sanità e Salute, pur seguendo i consigli di eliminare le carni lavorate e ridurre il consumo delle altre, dagli attuali 700 g per settimana, sotto i 300 g, non è possibile stabilire una soglia di sicurezza per questi cibi da altri animali cancerogeni per gli animali umani.
Grassi trans: chi ne consuma di più ha una mortalità più alta del 34%. Si trovano nei latticini, nelle carni, nella margarina vegetale e in molti snack dolci e salati.
Con la prof.ssa Nicoletta Pellegrini approfondiamo la posizione della Società Italiana di Nutrizione Umana sulle diete vegetariane.
La Sinu si è specificamente dedicata in seguito all’evidenza del ruolo di queste diete nella prevenzione, arresto e cura delle malattie cronico-degenerative e all’interesse crescente nel mondo per motivi, oltre che di salute, etici, ecologici, filosofici, animalisti e religiosi.
sintesi, raccomandazioni per nutriente
riassunto delle evidenze scientifiche
Sono state esaminate: idoneità per tutte le età; idoneità per lo sport; proteine; vitamina B12 e D; calcio, zinco e ferro; grassi omega 3.
Ha concluso che le diete vegetariane con un’ampia gamma di prodotti vegetali sono idonee per tutte le età e le attività, con le seguenti precauzioni: aumento del 10% dell’introito proteico (1 g per kg di peso corporeo, rispetto a 0,9 g nella dieta onnivora), il che non è difficile, essendoci più che altro il problema opposto di un eccesso di proteine nella dieta onnivora;
nelle diete vegetariane, vegane comprese, bisogna integrare la B12.
Vegetariani e vegani attenti lo fanno, assicurandosi l’assimilazione della vitamina prodotta dai batteri con una piccola compressa sublinguale;
onnivori ingannati, spesso seguiti da medici che non si aggiornano, sono a rischio di carenza, poiché il 10% non è in grado di assimilare l’integratore che è stato dato a poveri animali senzienti gravemente discriminati. Ma nessuno glielo dice.
Per gli omega3 bisogna introdurre noci, semi di lino, di chia e/o relativi olii, riducendo altri grassi come olio d’oliva e di girasole. In particolare, omega3 e 6 sono concorrenti e i secondi si trovano più facilmente, perciò quando si mangiano gli omega 3 è bene non includere anche gli altri.
Per ferro e zinco, i vegetariani dovrebbero leggermente aumentarne l’assunzione e utilizzare cereali e legumi sia ammollati che germinati. Ricordiamo anche che il ferro-eme delle carni è uno dei cancerogeni e che il ferro non-eme, dei vegetali e del 40% delle carni, permette un meccanismo per cui se ne assimila di più quando serve di più e viceversa.
Calcio: i vegani devono includere cibi ricchi di calcio come cavoli, broccoli, acqua, legumi e alcuni tipi di frutta secca e semi.
Il latte delle mucche, che è per i loro figli vitelli, non per umani svezzati che non c’entrano, ha quasi tre volte il calcio dei cavolfiori, ma se ne assorbe un terzo, con tutti i fattori di rischio;
del calcio dei cavolfiori se ne assorbe quasi il 70%, con tutti i fattori di protezione. Negli spinaci il calcio è molto, ma se ne assorbe poco. Concludendo, il calcio è un principio trasversale a molti cibi del regno vegetale, sicché ce ne possiamo nutrire senza violentare nessuno.
Il dr. Daniele Degli Innocenti ci descrive la metabolomica attraverso la risonanza magnetica nucleare
In ambito alimentare permette di controllare l’origine, la qualità degli alimenti, la provenienza e se sono da agricoltura biologica o tradizionale. Il metaboloma degli alimenti modifica quello di chi li assume, per un certo periodo. Il metodo di indagine è facilmente applicabile alla filiera produttiva.
Il morfogramma dello stato nutrizionale con il dr. Paolo De Cristofaro
Si tratta di una procedura ancora poco utilizzata, nonostante l’importanza e la facilità d’uso. Si valutano dieci misure (Altezza, Peso, Collo, Polso, Circ. Braccio, Circ. Avambraccio, Circ. Vita, Circ. Addominale, Circ. Fianchi, Circ. a metà Coscia). Permette di definire il biotipo costituzionale, la massa magra, la massa grassa, dove si trova e il rischio associato, e il metabolismo a riposo. E’ molto utile nel monitoraggio, sia per l’operatore che per l’utente che migliora anche la sua autovalutazione, anche in relazione all’attività fisica. Il metodo è risultato più facilmente standardizzabile e attendibile rispetto alla plicometria, la misura delle pieghe di tessuto adiposo in vari punti.
Il dr. Massimiliano Biondi e la dr.ssa Maria Tosatti si sono dedicati alla celiachia in Italia e al vegetarismo
Le diagnosi di celiachia negli ultimi anni sono triplicate. Si tratta di una patologia diffusa in tutto il mondo, per cui sono in crescita anche le diete senza glutine proposte come salutari anche da personaggi famosi.
Secondo l’Associazione Italiana Celiachia, la dieta vegetariana è migliorativa rispetto a quella onnivora, dalle interviste alle persone affette. Bisogna comunque osservare attenzioni in più viste le due caratteristiche di base interamente o quasi vegetale e senza glutine. Le persone interessate vorrebbero anche essere più informate e che i loro medici di base fossero preparati sulle diete vegetariane. Si auspica, quindi, una maggiore collaborazione tra settore alimentare, università, salute e imprese.
Oltre alla celiachia vera e propria esistono anche sensibilità e vera intolleranza al glutine. L’esclusione del glutine con attenzione alle contaminazioni è l’unica terapia per la celiachia, al momento.
La dieta senza glutine è seguita anche da chi non ne avrebbe bisogno ma la ritiene salutare o dimagrante. In Italia un terzo della spesa complessiva per i cibi senza glutine non deriva dagli alimenti erogati per gli utenti diagnosticati. Per chi non è celiaco l’esclusione del glutine è inutile; inoltre, dopo l’iniziale benessere da questa pratica possono insorgere problemi dovuti all’eccesso di prodotti specifici:
il celiaco stesso, infatti, può passare da una malnutrizione per difetto ad una per eccesso caratterizzata da sovrappeso e obesità, che è stato messo in relazione al maggior consumo di prodotti gluten free facilmente reperibili sul mercato, ma che spesso contengono una considerevole quantità di conservanti, additivi, grassi saturi, zuccheri semplici e sale. In questi soggetti la rigorosa dieta senza glutine potrebbe diventare un fattore di rischio per le patologie cronico degenerative (patologie cardiovascolari, obesità, diabete mellito e neoplasie).
Per il celiaco, quindi, l’esclusione del glutine non esclude a sua volta una buona educazione alimentare: ci sono molti cereali senza glutine ed una dieta interamente vegetale è protettiva per il celiaco come per tutti, così come anche il Ministero della Salute ha riconosciuto la maggiore salubrità delle diete vegane corrette, che aumentano la varietà di fattori protettivi abbattendo la varietà di fattori di rischio, essendo sempre finito il volume di cibo introducibile.
Steatosi epatica non alcolica e dieta vegetale con il dr. Alberto Fantin
Questa, come altre patologie, sono favorite dalla dieta tipica occidentale con zuccheri semplici, grassi saturi, carne ed eccesso calorico. Non esiste cura farmacologica, ma solo indicazioni sullo stile di vita. In assenza di studi sugli effetti di una dieta interamente vegetale è stato condotto uno studio pilota: la dieta interamente vegetale associata all’incremento di attività fisica ha migliorato gli esami ematochimici epatici anche con calo di peso non significativo. E' significativo che un utente, nonostante la fortuna di partecipare ad un progetto pilota con premesse molto positive poi verificate, per una malattia che non ha cure farmaologiche ma il cui miglior esito è affidato allo stile di vita, ha rinunciato quando il suo medico di base gli ha confermato che la dieta prescritta era vegana: un probabilissimo condizionamento culturale da disinformazione, creazione ed esasperazione di divisioni e conflitti che non hanno ragion d'essere o le hanno per i troll che commentano sui blog dedicati al veganismo.
Abitudini alimentari prima della gravidanza e rischio di Diabete Gestazionale, con la dr.ssa Cinzia Murgia
Il diabete gestazionale è simile a quello di tipo 2 epidemico, cambia il periodo di insorgenza e il neonato tenderà ad ammalarsi più facilmente per più patologie.
“Un nato da madre affetta da Diabete Gestazionale, avrà infatti un aumentato rischio di sindrome metabolica precoce, sarà probabilmente obeso e se di genere femminile avrà probabilmente una Policistosi Ovarica e durante la gravidanza un Diabete Gestazionale, perpetuando un circolo vizioso che alimenta l’epidemia di Diabete di tipo 2.”
La Federazione Internazionale degli Ostetrici e Ginecologi (FIGO) ha rivolto un appello a tutte le professioni sanitarie ma anche alle istituzioni per favorire una migliore nutrizione alle donne già dall’età adolescenziale, attraverso il documento “Think Nutrition First”.
Nonostante le difficoltà nell’isolare le cause, è ormai evidente la relazione con diversi tipi di alimentazione. Sono determinanti sia le quantità che la qualità dei carboidrati assunti con un peggioramento nel caso di prevalenza di zuccheri semplici. Le fibre dei cereali e della frutta sono invece protettive: ogni 10 g di fibra in più al giorno, il rischio scende del 26%. Le fibre della verdura si rivelavano protettive nelle fasce di consumo più alte. I grassi animali sono un evidente fattore di rischio e la loro sostituzione con quelli vegetali sono un fattore di protezione. L’accumulo di colesterolo nel pancreas contribuisce all’intolleranza al glucosio e si ipotizza che questa sia una precondizione per lo sviluppo del diabete. Inoltre, le mutazioni dei geni del metabolismo del colesterolo sono legate al diabete di tipo 2.
Carni rosse e trattate favoriscono il diabete di tipo 2 e gestazionale, mentre legumi e frutta secca sono protettivi per entrambi, non solo per la quota lipidica, ma sembra anche per quella proteica. Anche perché, ma non solo, si è trovata correlazione tra diabete e proteine animali, e non tra diabete e proteine vegetali.
Sebbene siano necessari ulteriori studi, le attuali conoscenze sono significative per concludere che i risultati migliori si ottengono con una dieta il più possibile ricca di cereali integrali, legumi, frutta secca, frutta e verdura (tutti i tipi di fibre) e il più possibile povera di dolci e cibi da animali. Soluzione che una corretta nutrizione interamente vegetale garantisce, tenendo presente il volume di cibo ingeribile finito e non infinito, il che lascia intendere che vantaggi e svantaggi del comportamento alimentare sono doppi, in termini di protezione che prende il posto del rischio o viceversa.
Il dr. Alberto Berto prepara gli chef vegani
E’ significativo che il dr. Berto parli semplicemente di cucina naturale. Giusto, perché l’umanità non è fondamentalmente violenta e perché è dimostrato che mangiare cibi da animali non è naturale, anche se a molti non sembrerà: tuttavia conviviamo con un ritardo di 160 anni, per cui rimando al mio primo “Finalmente umani”.
Forse dice “cucina naturale” perché la disciplina trattata in questi istitui alberghieri è “Tecniche di cucina naturale”, ma ben venga la coincidenza, non così casuale.
La “novità” del dr. Berto è anche che, nel panorama di scuole di cucina orfane di scuole di pensiero, quelle che imperversano sui media a tutte l’ore, rimette le cose a posto includendo l’umanità tra gli ingredienti. Il primo passaggio è quello del dirigente che si trova ad accogliere o meno la proposta, poi dei docenti che si fanno carico di realizzarla. Fra una mail che vaga come tante, ad una competenza quattro volte etica per gli studenti, c’è molto lavoro in mezzo. In questo senso, bene le regioni già più sensibili a certi temi come Lombardia, Emilia e Trentino, un po’ meno il Friuli, ancora un po’ meno, purtroppo, il Veneto. Fra le curiosità, nelle realizzazioni, le autoproduzioni di seitan e muscolo di grano e le meringhe ricavate dall’acqua di cottura dei ceci. Fra i fattori di maggior successo del progetto, la condivisione negli assaggi finali e la comprensione di quanto sia facile, possibile e buono in tutti i sensi, al netto dei pregiudizi divulgati dai media. Non mancano battute e scetticismo, ma in generale ci sono comprensione e soddisfazione. Il risultato migliore è forse lo sviluppo autonomo degli studenti, che contattano di nuovo l’insegnante al momento di creare qualcosa per proprio conto all’esame di Stato.
Infine, con la dr.ssa Silvia Goggi si affronta la spesa veg:
tra nuovi alimenti e marketing. Al netto della certificata scarsa libertà di stampa che c’è in diversi paesi, Italia compresa, i vegetariani sono raddoppiati dal 2011 ad oggi. Sui social, che uso quasi esclusivamente per il veganismo, quando il main stream semina la favola del vegano tornato all’ovile della violenza dopo la fuga etica, si fanno delle matte risate: nessuno è mai stato intervistato, ma, svelato il terrorismo sulla pediatria, il tormentone della disinformazione è diventato questo. I prodotti per il segmento “veg” nel 2018 muovono due miliardi di euro e costituiscono il 10% del totale. Non sono acquistati solo da vegetariani e vegani, ma anche da chi ha consapevolezza della necessità di una dieta più sana e rispettosa.
Dato il nuovo interesse, i professionisti della nutrizione devono conoscere anche questi prodotti, cosiddetti sostituti di carni e latticini, per quanto non sia necessaria la bresaola vegana che fa sorridere o anche storcere il naso a chi non ama cibi sofisticati. Errore da evitare: chi vuole aumentare la quota da vegetali, anche se migliora semplicemente usando i sostituti, dovrebbe sostituire i cibi da animali con legumi, frutta secca, frutta e verdura e ancora non sarebbe ottimale.
C’è poi lo svantaggio dell’alto costo di questi prodotti che potrebbe scoraggiare. Tuttavia, i prodotti veg-friendly possono essere utili quando si ha poco tempo o ad esempio, i latti vegetali addizionati di calcio costituiscono una buona fonte di questo minerale, altrimenti trasversale nei gruppi di vegetali ma che per ragioni contingenti può anche essere reperito in questo modo, per esempio durante la crescita o la gravidanza.
Per gli anziani in cui l’appetito cala e le esigenze di proteine aumentano si possono utilizzare i prodotti con più glutine come il seitan. I sostituti del formaggio, per il basso valore nutritivo, possono essere usati per rendere più gradevoli le verdure se non si è abituati. Ci sono invece sostituti del formaggio a base di frutta secca che hanno un alto valore nutritivo. Da notare che essendo questi sostituti realizzati con avanzi di latre lavorazioni, il loro costo dovrebbe essere molto più basso.
Personalmente ritengo che la diffusione dei cibi veg-firendly sia principalmente una scelta di marketing per incontrare e costruire una nuova domanda: se questo può essere positivo, di contro c’è un’esasperazione dell’etichetta “vegan” che crea una divisione che non dovrebbe esistere, perché la maggior parte dei cibi è già interamente vegetale.
Perciò questa offerta non fa che far apparire “strano” ciò che dovrebbe essere normale. Questo è possibile perché la finalità è il lucro e non l’etica: all’impresa interessa diversificare, avere più segmenti di mercato. Trovo questa strategia simile alla produzione di shampo per innumerevoli tipi di capelli, per cui a volte si fatica a trovarne uno per “capelli normali”. Cosa che non risponde ad una effettiva esigenza di specificità, ma solo all’aumento delle vendite offrendo un prodotto personalizzato.
Al mercato non interessano gli ostacoli che può muovere verso l’etica vegana, presentando questa nutrizione, come moda, o “strana” o settoriale o costosa. Non c’è niente di più normale ed economico che nutrirsi su base interamente vegetale.
E’ il bisogno psicologico ed economico indotto e non necessario, che corrisponde ad una domanda di violenza, ad essere un’aggiunta indebita e diffusa dove meno te l’aspetti, anche nel pane che per molti dovrebbe essere un simbolo di bene, ma che è spesso contaminato da esiti di ricatto e violenza come latte e strutto.