Testimoniare per loro, contro la discriminazione. Immane
Il termine vegan è sfortunato, perché nell'attuale contesto di disinformazione e di competizione esasperate, purtroppo, divide. Ci si concentra sulle persone in conflitto (!?) e si perde di vista l'oggetto del discorso. La generalizzazione delle persone vegane è, quindi, facile, ma spesso antipatica.
Ogni generalizzazione toglie particolarità agli elementi compresi e attribuisce altre caratteristiche, le stesse, a tutti. Pensate quant'è grande il rischio di errore, o di approssimazione. Perciò, generalizzazioni andrebbero fatte con prudenza. Questa la premessa.
Intransigenza: troppo spesso si confonde il semplice fare un'affermazione vera, col volerla imporre. Riflettere, invece di agitarsi.
Giudizio morale? Distruggere una vita complessa, per sé, con coscienza, valore intrinseco, amore per il gioco, pensiero, memoria, senso della famiglia, amore anche per altre specie, anche fino all'ultimo secondo, a tradimento palese. Distruggerla inutilmente, e facendo enormi danni terzi. Tutto questo pone un problema morale enorme.
In chi sa, e usa il vizio di chiedere violenza al mercato, non c'è nessun saggio compromesso, ma solo torpore da carnismo, sull'empatia e sui neuroni specchio.
Giudicare significa solo fare attribuzioni, e si cerca di farle nel senso del vero. Il rispetto alle persone rimanga, non quello per la violenza, e i fatti sono testardi per definizione.
Ma che dire di chi, nonostante tutto, quando giunge l'avviso di qualcosa che non va, anziché riflettere, si prodiga in inquisizione, controriformismo, sofismo, ostentazione di violenza? Il cambiamento per il diritto naturale non è necessariamente violento, la reazione contro di esso, sì.
Io lo testimonio e invito ognuno a fare altrettanto, guardando certi occhi, ascoltando certe voci, e poi agendo con la propria umanità, se vuole compierla anziché restare fermo.
Se si resta fermi, il tempo va avanti, sicché, in realtà, si va indietro.
Go Vegan!