La Meloni e il merito
Il governo Meloni ha creato il “Ministero dell’Istruzione e del Merito” mentre Papa Francesco insiste sul fatto che la meritocrazia “sta diventando una legittimazione etica della disuguaglianza”.
In via preliminare va fatta una distinzione tra ugualitarismo di stampo socialista, meritocrazia di origini liberiste e pari opportunità di matrice democratica. L’egualitarismo ha dimostrato storicamente, nei Paesi del socialismo reale, di condurre ad un appiattimento verso il basso irresponsabile e sterile. La meritocrazia dimostra di aumentare la forbice della disuguaglianza sociale ed economica polarizzando la ricchezza economica e sociale nelle mani di una élite menefreghista e spregiudicata disposta a tutto pur di aumentare le origini della disuguaglianza. Le pari opportunità di cui l’Italia è dotata del del D. Lgs. 198/2006 così come modificato dalla Legge n. 162/2021 rappresenta l’aspetto più maturo e avanzato della società Occidentale insieme a tutta la normativa sul welfare. E’ ciò che distingue noi società democratica dai regimi integralisti e totalitari.
Sia il D. Lgs. 198/06 che la Legge 162/21 tengono anche conto delle differenze di opportunità uomo-donna ed ora è arrivato il momento storico perché tali normative includano anche una maggiore tutela dell’identità di genere. Il Decreto Zan, nato e cresciuto politicamente male, è stato un tentativo di restituire pari opportunità, ma anche pari dignità nell’ambito dell’identità di genere.
Il merito, cosa diversa dal suo aspetto fanatico costituito dalla “meritocrazia”, è un sistema che ci ha visto crescere fin dalla scuola elementare degli anni ’60 e ’70 dove però trovava la sua valorizzazione nell’ambito di un “contesto” sociale, economico e culturale. Il voto a scuola non era legato semplicemente ai contenuti, ma al contesto personale e famigliare in cui il bambino e il ragazzo si trovavano a vivere. Ciò non ha impedito l’emergere di talenti che ancora oggi occupano ruoli di rilievo nella società. A Roma è nato il “Liceo Morgagni” senza voti, ma non è l’unico Liceo sperimentale senza voti in Italia.
Nel mondo del lavoro, i premi incentivanti e quelli di produzione, una volta distribuiti “a pioggia” hanno invece trovato oggi vie “clientelari”, di simpatia e di fiancheggiamento ai ruoli di potere. Pur nati con l’intenzione di premiare il lavoratore meritevole si sono invece trasformati in strumenti di divisione dei lavoratori e spesso per cifre assai modeste. In un “dividi et impera” che non di rado hanno tagliato fuori le forze sociali per convertirsi in rapporti personali tra lavoratore e datore di lavoro.
Presidente Meloni che il suo sia un Dicastero del merito che vada nella direzione della reale tutela delle differenze, ma sempre nell’ambito di logiche collettive, sociali e di pari opportunità. Che tenda ad unire il già fin troppo sfilacciato tessuto sociale che a creare nuove disuguaglianze.
Egregio, più che imparare “la politica” (cioè a come acchiappar populisticamente voti) servirebbe che gli aspiranti governanti imparassero a far quadrare un bilancio dello Stato, far funzionare sanità-scuola-giustizia, a spianare le disuguaglianze individuali e territoriali, ad abolire le sacche di privilegio parassitismo inefficienza. Servirebbe che capissero qualcosa di geopolitica; che , per esempio, solo dei babbei possono aver messo la nazione così allo scoperto in campo energetico, come palesato dalla crisi ucraina. Non vedo poi il voto come prova di competizione ma come valutazione altrui del lavoro che svolgi come studente. Talora sarà impreciso o falsato, talora no. Capita così anche nella vita, E nella vita pure c’è una buona dose di stress. Allenarsi a questa valutazione ed allo stress forma il carattere, la resilienza. Anche, anzi soprattutto, nelle ingiustizie subite. E dunque può salvare delle vite, di sicuro più che “abolire il Registro”. Stammi bene.
Egr. Mario, premesso che se contasse un po’ la meritocrazia nella selezione della classe politica, l’Italia non avrebbe tutti i guai che ha (a partire dal debito pubblico), in che modo Meloni & Co.ny vogliano declinare questo Ministero del Merito è tutto da verificare. La forma migliore sarebbe quella della applicazione dell’ Art. 34 Costituzione. ” i CAPACI e MERITEVOLI, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Questo principio sacrosanto non solo è ampiamente irrealizzato ma sappiamo quanto peso sbilanciante abbiano in Italia, nel successo formativo, la casta, il censo, le raccomandazioni, il nepotismo, il servilismo, le tessere, le massonerie…
Ps: quella della scuola “senza voti” è una idea balzana, diseducativa. La vita non è forse un continuo sottostare a delle valutazioni proprie ed altrui?
D’Istinto Michele, non sarei così sicuro che la politica si possa imparare perché si hanno dei meriti. E’ un po’ come il sacerdozio, ovvero bisogna avere soprattutto una vocazione ed essere portati. Ricorderai, Distinto amico, che negli anni ’60 e credo sino agli anni ’80 esistevano le “Frattocchie” cioè la scuola di partito per i futuri dirigenti e funzionari del PCI. Venivano mandati i più meritevoli che immagino fossero quelli che facevano più Tessere 🙂
In ogni caso, che vada riconosciuto il merito, è fuori discussione, ma forse mancano i criteri di valutazione che anche a scuola non sempre sono soddisfatti dal voto.
I Licei senza voto sono sperimentali e speriamo che, privando la scolarità dalla competizione e dallo stress del Registro, salvino la vita a molti ragazzi.