Il virus che silenzia il mondo
Chiusi tra quattro mura. Separati dai nostri cari. Privati delle nostre certezze.
Questa la vita nel mondo ai tempi del coronavirus.
Un nemico antico, invisibile, democratico. Un virus, dal latino virus-i “veleno”, paralizza il mondo e lo costringe al silenzio. Un microrganismo acellulare, parassita che si replica esclusivamente all’interno delle cellule di altri organismi, che può infettare tutte le forme di vita, dagli animali, alle piante, ai microrganismi (compresi i batteri).
Fino a ieri eravamo “la specie che domina il mondo”, oggi siamo la specie soggiogata dal virus.
Cambiano i ruoli. E cambia la prospettiva da cui oggi siamo costretti a guardare il mondo.
Fuori dalle finestre è primavera e nel silenzio assoluto delle nostre città deserte si percepiscono chiaramente i cinguettii degli uccelli. Gli animali, quei pochi che ancora sopravvivono in natura, si stanno riappropriando di giardini e città, di alberi e fiumi.
Per una volta loro liberi, noi in gabbia. Loro in pace, noi in guerra.
Secondo quanto emerge dal recente Report del WWF “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi” esiste un “legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura. Molte delle malattie emergenti come Ebola, AIDS, SARS, influenza aviaria, influenza suina e il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 (COVID19) non sono catastrofi del tutto casuali, ma sono la conseguenza indiretta del nostro impatto sugli ecosistemi naturali”.
Perdita di habitat, distruzione di biodiversità, cambiamento climatico globale. Il commercio di animali selvatici e il diretto contatto con parti di animali attraverso lo scambio di liquidi, ma anche le pratiche zootecniche intensive possono facilitare il salto di specie, il c.d spillover di agenti patogeni, portando a nuove e pericolose zoonosi, ovvero malattie infettive che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo. Inoltre, iI massiccio utilizzo di farmaci nell’allevamento intensivo di bestiame ha portato alla comparsa di ceppi di Salmonella, Campylobacter e di Escherichia coli resistenti agli antibiotici.
E intanto la popolazione mondiale in 50 anni è raddoppiata, raggiungendo quasi i 7,7 miliardi di individui.
E se fossimo noi il veleno che silenzia il mondo?
E se fossimo noi il virus parassita che infetta ogni forma di vita?
Alcuni scienziati sostengono che il virus potrebbe mutare e divenire meno aggressivo perché al virus, per la sua stessa sopravvivenza, conviene “stare in pace con noi”.
Un virus è dunque in grado di capire cosa sia meglio per la sua sopravvivenza e mutare.
E allora noi specie umana forse non siamo un virus.
Noi deforestiamo, riduciamo in schiavitù animali geneticamente modificati che macelliamo senza pietà (per profitto, gola o tradizione), acidifichiamo i mari e inquiniamo i fiumi con antibiotici, lasciamo che per effetto del surriscaldamento globale antichi ghiacciai si sciolgano e da essi si liberino virus letali rimasti a lungo ibernati, indeboliamo gli ecosistemi naturali e rompiamo equilibri millenari facilitando la diffusione dei patogeni. Abbiamo sfigurato il volto e alterato il clima del pianeta che ci ospita, pur sapendo che per la nostra stessa sopravvivenza ci converrebbe vivere in un un ecosistema sano.
Passata la tragica emergenza che stiamo vivendo, saremo in grado di invertire la rotta e agire a tutela del pianeta per garantire la nostra stessa sopravvivenza?
La salute degli esseri umani è strettamente legata alla salute degli animali e dell’ambiente. Gli ecosistemi distrutti, così conclude il Report del WWF, sono “la rete di protezione naturale da epidemie e catastrofi”.
Ana de Lemos, direttrice esecutiva di MSF in Brasile, il paese più colpito ha affermato lo scorso maggio:“L’America Latina sarà probabilmente il nuovo centro della pandemia, dato qui che i casi stanno aumentando a un ritmo molto rapido”, Brasile Perù, Ecuador, Cile o Messico sono altri paesi con un numero preoccupante di contagi, ha affermato De Lemos, che ha aggiunto che sebbene la pandemia abbia mostrato che nessun paese all’interno o all’esterno del continente era preparato a rispondere a questa emergenza sanitaria, governi come l’Argentina sono riusciti a controllarlo in una certa misura. Il principale responsabile della ONG in Messico, Loïc Jaeger, ha aggiunto che la principale preoccupazione dell’organizzazione nella regione è la situazione delle comunità vulnerabili come i migranti, gli indigeni o le persone che precedentemente vivevano per strada e non possono conformarsi alle normative di confinamento. “Abbiamo l’impressione che molti paesi non stiano servendo queste popolazioni, o peggio, che stiano continuando le deportazioni, e quindi ad esempio in paesi come El Salvador o Guatemala molti dei pazienti infetti sono migranti deportati dagli Stati Uniti”, ha denunciato. Jaeger.
Egr.Tedeschi, in sintesi e in concreto: siamo troppi sul pianeta. Più gente c’è e più essa consuma e rovina. La soluzione? magari il covid 19 voleva provarci….
Epidemie e catastrofi naturali, incluse estinzioni di massa, ci son sempre state nella storia della Terra; anche quando gli ecosistemi eran apparentemente integri ed in equilibrio ed anche quando l’ uomo non c’era e non mangiava bistecche d’allevamento. Di certo i sapiens han immesso nel sistema elementi di grave disturbo, tra i quali il fatto stesso di essere così numerosi. Che siamo in grado di rimediare ai danni da noi provocati é pura illusione ma il non fingere di crederlo porterebbe alla perdita della speranza, cioé al caos.
Epidemie e catastrofi naturali ci sono sempre state, é vero. Ma molte delle cd zoonosi emergenti compaiono ad un ritmo che non ha precedenti nella storia umana e sono la conseguenza del nostro impatto sugli ecosistemi. L’uomo, con le proprie attività ha alterato in maniera significativa i tre quarti delle terre emerse e i due terzi degli oceani, modificando a tal punto il pianeta da determinare la nascita di una nuova epoca, “Antropocene”. I cambiamenti di uso del suolo e la distruzione degli habitat naturali sono considerati responsabili di circa la metà delle zoonosi emergenti. La globalizzazione con i crescenti spostamenti di persone e merci agevola poi la diffusione dei virus. Oltre alla fauna selvatica preoccupano gli allevamenti intensivi, dove animali geneticamente modificati vivono ammassati in condizioni igieniche precarie e imbottiti di antibiotici, possono pertanto fungere da facile serbatoio per i virus. Le stesse Nazioni Unite hanno affermato che “tutti noi dipendiamo da ecosistemi sani per il cibo e l’energia, l’acqua e la biodiversità. Il loro continuo degrado contribuisce al cambiamento climatico e aumenta il rischio di gravi disastri ecologici… E’tempo di ricostruire ciò che é andato perduto”. La vera sfida sarà, per tutti noi, passare dalle parole ai fatti.
Il mondo, la vita sociale la politica, come la s’intendono e si articolano da millenni e attualmente, non possono essere “serie” Treccani. Serio: Che ha o rivela impegno, ponderatezza, attenta considerazione, pacata gravità, comunque un atteggiamento opposto o lontano da qualunque scherzo e ilarità e opportunismo. … vale per tutte le parti e per tutti quelli che ne discutono, si dipana, si manifesta nell’inesorabilità del “più dell’essere, vale il parere”. Giusto. Nel solo intrinseco essere non potremo sopravvivere.
La narrazione circa il coronavirus, dall’inizio dell’emergenza fino ad oggi, è stata carratterizzata dal solito eurocentrismo, che ora porta molti ad affermare che la pandemia starebbe scomparendo, mentre nel mondo si registra il record di contagi.